Giovedì scorso finalmente si sono rivelate le carte. Nell’attuale maggioranza solo cinque o sei consiglieri voterebbero una commissione antimafia mista, ovvero composta sia da consiglieri comunali sia da esperti in materia. Pare che l’idea che sta prevalendo sia quella dichiarata durante il dibattito sull’argomento, organizzato dalle associazioni “Stampo Antimafioso”, “Qui Milano Libera” e “Le Girandole”, dal consigliere del PD David Gentili: una commissione interamente politica, con vicepresidenza al PDL.
Il punto che pare sfuggire ai più è che non si mette in discussione il primato decisionale della politica. La politica è giusto che prenda le decisioni, come è giusto che siano gli esperti a trovare le falle della pubblica amministrazione sulle infiltrazioni mafiose. Poi gli esperti scrivono una relazione e il consiglio comunale decide cosa fare. Così è stato nel ’92 per il comitato Smuraglia, che ottenne ottimi risultati. Oggi la giunta vorrebbe fare tutto da sé, anche le indagini. Con un piccolo particolare: la mancanza di competenza in materia. Il primato di quella strana convinzione che, se si è eletti, si è capaci di fare tutto.
C’è un’aggravante: la materia in discussione è la criminalità organizzata. Questione dannatamente seria in un’area colonizzata dalla ‘ndrangheta. Milano è tra le prime cinque città in Italia per sequestro di beni confiscati alla mafia, qui il ciclo del cemento è monopolizzato dai clan calabresi. I motivi per istituire una commissione mista sono tanti e ben argomentabili.
1) In consiglio comunale, tranne un paio di eccezioni come David Gentili, impegnato da tempo sul tema antimafia, e tranne chi si è visto scrivere il proprio nome nelle carte delle operazioni anti-‘ndrangheta di questi ultimi mesi, di criminalità organizzata si sa poco o nulla. Quindici consiglieri in una commissione antimafia rischiano di fare più danni che altro; come diceva Giovanni Falcone la mafia è un argomento serio che va studiato e compreso per combatterlo. La competenza è necessaria.
2) In una giunta dove parlare di Penati è ancora un tabù, ci sono leciti dubbi che la medesima abitudine al silenzio non venga applicata anche nell’eventualità che nelle indagini della commissione venisse fuori il nome di un consigliere. Con una commissione autorevole con maggioranza di esterni questo non potrebbe accadere. Non è una questione di destra o sinistra, in tutte le commissioni consiliari o parlamentari la verità assoluta è mediata con la verità politica e vista la grave situazione, Milano non può permettersi di correre questo rischio.
3) Una commissione consiliare deve rispecchiare i gruppi consiliari sulla ripartizione proporzionale dei commissari. Ci sono stati negli ultimi anni nomi di consiglieri che, anche se non indagati o condannati, risultano coinvolti nelle operazioni contro la criminalità organizzata. Se questi personaggi verranno nominati dai loro partiti nella commissione, c’è da chiedersi quale commerciante o comitato andrebbe a parlare con i consiglieri. La credibilità è un aspetto fondante di una commissione antimafia, qualità sicuramente mancante se sarà composta in questo modo.
Sfuggono invece le motivazioni a favore di una commissione consiliare. I duecento presenti al dibattito di giovedì si sono sentiti spiegare da David Gentili che non è possibile che “il consiglio comunale voti la sua inadeguatezza politica” e che quindi anche se “non c’è nessun consigliere comunale all’altezza dei primi cento nomi che possiamo fare oggi, il consiglio comunale non si può dichiarare inadeguato a trattare l’argomento”.
Se siamo fortunati è semplice arroganza di saper fare tutto della politica. Se ci va male invece è proprio una commissione indipendente che fa paura. Che esterni possano mettere il naso nell’Expo è un pericolo, vigilare contro la mafia vuol dire anche vigilare contro la corruzione e il caso Penati è ancora un tasto delicato e recente per la politica milanese.
Venerdì i capigruppo consiliari si riuniranno per discutere della commissione. Capiremo dunque se la linea della maggioranza propenderà per una commissione interamente consiliare o, invece, per la proposta di mediazione che il presidente Basilio Rizzo sta perorando. Ma a giudicare dalle reazioni appassionate del pubblico di giovedì sera, risulta chiaro che questa volta la società civile ha gli occhi puntati: le scelte di comodo saranno più difficili.