di Giulia Zuddas

Sono passati quasi 35 anni dalla morte di Giuseppe Fava: l’anniversario del suo omicidio ricorrerà il 5 gennaio prossimo. Ieri sera Pierpaolo Farina, ideatore di Wikimafia e dottorando dell’Università degli Studi di Milano, ha però spiegato l’urgenza di mobilitarsi subito e ricordare l’impegno e l’insegnamento di Pippo Fava, di fronte al recente episodio di minaccia che vede coinvolto il figlio Claudio, presidente della Commissione Antimafia della Regione Sicilia, il quale lo scorso ottobre ha ricevuto una busta contenente un proiettile calibro 7,65.

In un’affollatissima aula dell’Università di Milano, ieri sera, Claudio Fava, Antonio Roccuzzo, caporedattore del TgLa7, Riccardo Orioles, direttore de “I Siciliani Giovani” in collegamento da Milazzo, Nando dalla Chiesa, direttore del Cross, Pierpaolo Farina e Francesca Iussi, studentessa Unimi e attivista di Libera, hanno riflettuto sulla figura dell’intellettuale Giuseppe Fava.

E già, perché Pippo Fava non era solo un giornalista. Come ha ricordato il professore Nando dalla Chiesa, che fu una delle ultime persone a vederlo a Milano, alla fine del dicembre del 1983 dopo la celebre intervista con Enzo Biagi, Fava è stato ucciso per via del suo lavoro di giornalista, ma era, prima di tutto, un intellettuale. Un intellettuale diverso che si dava realmente da fare perché le cose cambiassero, senza sponde a cui aggrapparsi, solo con i suoi carusi. Per lui, continua dalla Chiesa, la Sicilia e in particolare Catania non erano irredimibili. Fu per questa ragione che dopo l’esperienza al “Giornale del Sud”, costellata di continui problemi con gli editori, Fava decise, assieme al nucleo storico composto da suo figlio Claudio, da Riccardo Orioles, Antonio Roccuzzo e da Miki Gambino, di dar vita, nel 1982, alla rivista “I Siciliani”.

Antonio Roccuzzo ricorda quella de I Siciliani come una storia di formazione civile e letteraria: i giovani giornalisti della redazione ebbero la possibilità di imparare da un maestro del giornalismo, il quale insegnò loro a osservare le cose, le persone e gli eventi, prima ancora di parlarne. Quello de I Siciliani era un giornalismo non neutrale. Il giornalismo, spiega Claudio Fava, è infatti una scelta che pretende sentimento e non è mai neutrale: l’autonomia del giornalista è diversa dalla sua neutralità; egli deve infatti distinguere i fatti dalle opinioni, ma questo non significa essere neutrale. Per questo, con il primo numero de “I Siciliani”, fatto di centosessanta pagine di attualità, politica e cultura, non fecero sconti: Giuseppe Fava firmò un lungo articolo intitolato “I quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa”, nel quale pubblicò, per ognuno di loro, fotografie e schede dettagliate. Il numero fece tutto esaurito nel giro di poco tempo.

Dopo la morte di Giuseppe Fava, avvenuta per mano di Cosa Nostra il 5 gennaio del 1984, l’impegno de I Siciliani è continuato. Da giornalista ventenne, Antonio Roccuzzo si chiedeva come rispondere a un gesto così violento, e si rese conto che l’unica soluzione era continuare a utilizzare le parole, arma spuntata ma efficace. Verso la stessa direzione si è spinto l’impegno di Riccardo Orioles, il quale ha da poco riportato in vita il progetto originario: dal 2017 il giornale è tornato in edicola ed è disponibile anche online.

Al termine dell’incontro, Lucilla Andreucci, referente di Libera Milano, ha ricordato l’appuntamento di domani, sabato 24, con “Milano ricorda Lea” in memoria di Lea Garofalo. Alle 11:30, in via Varesina 66 a Milano, verrà intitolato un bene confiscato alla mafia e ora gestito da “Mamme a scuola”; alle 18:30 partirà, dall’Arco della Pace, la fiaccolata che condurrà fino a via Montello 3.

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