Per il sociologo, intervistato dall’agenzia Dire, si tratta di un cambio d’epoca nella memoria pubblica
Tra le tracce della prima prova della maturità, nella tipologia riservata al tema di attualità, spunta inaspettata la figura del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, il prefetto dei cento giorni a Palermo, ucciso da Cosa nostra il 3 settembre 1982 insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente della polizia di stato Domenico Russo. Non era mai accaduto. La Dire ha raccolto le impressioni e le emozioni del figlio, Nando dalla Chiesa, docente di sociologia della criminalità organizzata a Milano, che da quel 1982 non ha mai smesso di difendere la memoria del padre, indicando sin da subito i mandanti dell’omicidio nella corrente andreottiana della Democrazia cristiana.
– Cosa ha provato quando ha appreso la notizia?
“Un’emozione fortissima. Ho rivisto di colpo tutta la storia di questi decenni, non è stata una memoria facile da difendere perché è una memoria scomoda. Di colpo mi sono ricordato il maxiprocesso, le insinuazioni continue di Cossiga e anche le dimenticanze, come ad esempio il fatto che sul calendario dell’Arma per i 190 anni non avessero messo il suo nome tra le vittime del terrorismo e della mafia. Questo è il risarcimento più bello e imprevisto, nessuno se lo poteva immaginare”.
– È la prima volta che propongono una traccia di maturità sul generale dalla Chiesa, tra l’altro.
“Sì, appunto perché era una figura che pesava. Questo rappresenta un cambio d’epoca per me. È la lotta per generazioni, dall’oblio fino alla memoria piena”.
– Cosa si aspetta da questi temi?
“Da Palermo mi dicono che lo stanno scegliendo in tanti. Ma già il fatto che sia stato proposto e soprattutto che gli studenti ne possano discutere in questo momento così importante della loro vita è una cosa importante, secondo me”.
– Anche perché il prefetto ha creduto molto nelle nuove generazioni, girava le scuole di Palermo. Crede che la sua eredità abbia ancora molto da insegnare?
“Io credo di sì. Se riprendiamo le cose dette e scritte, il suo testo sulla raccomandazione e sui diritti che la mafia trasforma in favori, io credo che abbia ancora molto da insegnare”.