di Giorgia Venturini
Ci sono voluti quattro giorni di negoziati ma alla fine il 16 ottobre i 190 Paesi presenti a Vienna alla riunione plenaria della Convenzione sulla lotta alla criminalità organizzata transnazionale hanno approvato all’unanimità il documento presentato dall’Italia che passerà alla storia come “Risoluzione Falcone”. In questi giorni le 190 delegazioni si sono confrontati su come migliorare e rendere più efficace la Convenzione di Palermo, ovvero il primo accordo globale sulla lolla alla mafia sottoscritto nel capoluogo siciliano nel 2000. L’Italia a questo incontro non si è fatta trovare impreparata: la “squadra” italiana, formata dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, dall’ambasciatore italiano Alessandro Cortese, dal consigliere giuridico Antonio Balsamo e dal primo segretario Luigi Ripamonti, ha presentato la risoluzione agli altri membri focalizzando l’attenzione sul contrasto alla dimensione economica della criminalità e sull’adozione di nuovi strumenti di prevenzione e repressione delle nuove forme di organizzazioni criminali. Riprendendo quanto già anticipato dal giudice Giovanni Falcone. Un passo in avanti, dunque, nell’impegno globale alla lotta alla criminalità per il ministro Bonafede che sul suo profilo Facebook ha commentato così questo nuovo successo: “L’Italia a testa alta nel mondo nella lotta internazionale alle mafie. Giovanni Falcone fu tra i primi a comprendere la necessità di una lotta alla mafia su scala globale” ed ora è stata approvata la risoluzione Falcone. “Il documento riconosce il ruolo precursore del magistrato siciliano e traccia le sfide future di questa lotta senza confini: contrasto alla dimensione economica della mafia e al cybercrime, nuove forme di cooperazione internazionale, tecniche investigative speciali. Quale capo della delegazione italiana, l’approvazione della risoluzione non può che essere per me motivo di grande orgoglio. La lungimirante visione di Falcone ha gettato le basi per questo straordinario risultato: oggi 190 Paesi del mondo hanno unito le forze e combattono insieme, in modo sempre più efficace, le mafie”.
Il metodo Falcone – Il tutto nel nome di Giovanni Falcone: nel documento italiano ci sono le idee e le intuizioni del giudice, così come il suo metodo investigativo e la sua visione della lotta alle mafie. Proprio il giudice Falcone era stato uno dei primi a indicare con forza una dimensione globale della criminalità organizzata, a capire che i vuoti normati da Paese a Paese non potevano che essere un regalo troppo grande per le organizzazioni criminali capaci di gestire il flusso di denaro sporco anche oltre confine. Eppure l’unica Convenzione vincolante a livello internazionale è stata firmata nel 2000 e l’Italia, il Paese che ha ospitato l’evento, fu tra le ultime a firmare l’accordo nel 2006, ovvero 14 anni dopo la strage di Capaci. E ora ci sono voluti altri 14 anni perché il “metodo falcone” venisse riconosciuto ufficialmente dai 190 Stati firmatari della Convenzione di Palermo. Il voto positivo del 16 ottobre, dunque, è un evento storico, se si considera che è la prima volta che in una risoluzione viene valorizzato il contributo di una singola persona. Il documento italiano, infatti, ha fatto proprio il termine “follow the money”: seguire il denaro è la strategia investigativa più efficace per fermare gli affari della criminalità organizzata transnazionale, così come i reati di corruzione, riciclaggio e finanziamento del terrorismo. Come ripeteva il giudice Falcone.
La risoluzione italiana – Non solo “follow the money”. La risoluzione ha invitato gli Stati a servirsi della Convenzione di Palermo come base giuridica su cui basarsi per procedere al sequestro e alla confisca dei beni alla criminalità organizzata, per poi riqualificarli e donarli alla società. E ancora: utilizzare tutte le più moderne tecnologie a disposizione per le indagini e potenziare la collaborazione tra gli Stati e i loro sistemi bancari per contrastare il reato di riciclaggio. I 190 Stati hanno anche deciso di estendere la Convenzione di Palermo a nuove forme di criminalità organizzata come il cybercrime e i reati ambientali ancora non disciplinati da normative universali. A supporto di queste novità durante i quattro giorni di lavori a Vienna sono intervenuti anche il procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho, il procuratore generale di Roma Giovanni Salvi, il capo della Polizia Franco Gabrielli e il viceministro agli Esteri Marina Sereni. Al dibattito hanno partecipato anche organizzazioni non governative italiane, come la Fondazione Giovanni Falcone, il Centro Pio La Torre e Libera.