di Monica Forte

Nei momenti di difficoltà gli italiani hanno sempre dimostrato di essere un popolo generoso. Storicamente ogni qualvolta il nostro Paese ha dovuto affrontare situazioni drammatiche e impreviste, come terremoti, alluvioni o disastri di altra natura, i nostri concittadini hanno messo mano al portafoglio e hanno generosamente donato i loro risparmi per alleviare le sofferenze altrui mostrando così un forte senso di appartenenza alla comunità e anche un senso patriottico che, se mi è consentito, in poche altre rare situazioni emerge. Così è stato anche per la pandemia del 2020. Il Covid ha toccato nel profondo la sensibilità collettiva e ha spinto privati, enti o associazioni a mettere a disposizione delle pubbliche istituzioni soldi e beni per far fronte alle necessità connesse alla crisi sanitaria.


In particolare sul sito di Regione Lombardia si legge, ultimo aggiornamento disponibile al 4 settembre 2020, che le donazioni liberali per il sostegno all’emergenza Covid sul solo conto corrente aperto da Regione ammontano a 53.060.407,52 euro dei quali poco più di 25 milioni destinati all’ospedale in Fiera, mentre le iniziative promosse per lo stesso scopo da Ats, Asst e Irccs hanno raccolto un totale di 131.704.226,75 euro (dato aggiornato al 19 giugno 2020) tra beni e donazioni in denaro.  Sebbene i dati siano decisamente da aggiornare, sono tuttavia sufficienti a fornire un’idea dell’entità delle cifre di cui stiamo parlando e non può non rilevare nell’immediato la necessità di affrontare la questione relativa ai rischi connessi alla gestione di tali ingenti fondi. Lo ha evidenziato bene Orac, l’organismo regionale per le attività di controllo, nella sua relazione annuale laddove ha ritenuto necessario “fornire linee di indirizzo per una corretta e trasparente gestione delle erogazioni liberali destinate all’emergenza”.

Il punto è: i pubblici funzionari chiamati a prendere decisioni sull’utilizzo di tali fondi hanno a loro disposizione “percorsi sicuri cui ancorare il proprio agire”? In altre parole, Regione Lombardia si è dotata di un Regolamento sulle donazioni finanziarie? La risposta è no, nonostante Regione sia destinataria di generose elargizioni sempre, non solo in periodo Covid. La questione non è secondaria né semplicemente burocratica, è prima di tutto etica. E’ necessario, infatti, fornire garanzie certe ai donatori innanzitutto sulla correttezza della raccolta e soprattutto sul buon uso delle somme donate. E’ una questione di rispetto verso la volontà dei donatori. A ciò si aggiunge la priorità per le istituzioni pubbliche di prevenire rischi di mala gestione e di truffa in danno ai donatori e questo lo si fa individuando prima i rimedi e i criteri da approntare per evitare il pericolo che questi atti di liberalità sfuggano al necessario controllo di legalità. Ecco l’importanza di un regolamento che definisca con chiarezza e precisione come gestire le donazioni liberali.


Il paradosso è che mentre la maggior parte delle aziende del servizio sanitario si è dotata di tali regolamenti così non è ad oggi per l’istituzione regionale. Facciamo nostre, quindi, le raccomandazioni di Orac che, tra le altre cose, chiede a Regione Lombardia di emanare quanto prima un Regolamento sulle donazioni finanziarie, di individuare soggetti incaricati di verificare le procedure di movimentazioni delle donazioni e di definire modalità di coordinamento tra gli enti e regione per gli utilizzi delle elargizioni. Trasparenza e correttezza sono le parole chiave della pubblica amministrazione, ma diventano sacri comandamenti quando si tratta di maneggiare il frutto della generosità altrui. Come ha scritto qualcuno “essere generosi è una vostra scelta, essere trasparenti è un nostro dovere”.

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