di Beatrice Botticini
Nell’ultimo anno, causa smart-working, conferenze e incontri via web, ci siamo abituati a vedere il nostro volto incasellato insieme a quello di molti altri nei riquadri di piattaforme digitali, in cui ognuno di noi occupa lo spazio di un piccolo rettangolo, un non-luogo dal quale si riesce comunque a comunicare. Immaginiamo ora di prendere questo ritratto virtuale e di riprodurlo in scala ampliata su una superficie estesa, una parete di condominio, ad esempio. Quale impressione ne deriva? Un volto dipinto su un muro di tali dimensioni non lascia indifferenti, bensì cattura lo sguardo dei passanti e modifica il contesto urbano in cui è inserito. Pur non proferendo parola, questi volti lanciano messaggi, suscitano reazioni e aprono discussioni, come il recente dibattito sulla cancellazione dei murales dedicati ai “baby-rapinatori” nei Quartieri Spagnoli.
All’inizio di febbraio, il Comune di Napoli ha provveduto alla rimozione, tra le proteste dei residenti, di un murales rappresentante un giovane ucciso lo scorso ottobre in un conflitto a fuoco mentre tentava una rapina. Nelle settimane successive sono proseguiti gli interventi atti a bonificare gli angoli della città da tutti quei simboli abusivi che rimandano a figure controverse. Rimane aperta la questione per il murales dedicato al quindicenne Ugo Russo, morto in circostanze simili a febbraio 2020: il Tar ha per ora sospeso la cancellazione richiesta dal Comune. Nelle strade della città partenopea si trovano numerosi dipinti e altarini riconducibili alla criminalità organizzata, che tenta di marcare il territorio imponendo rappresentazioni di personaggi legati ai clan camorristici: murales che sfidano le istituzioni e fanno ricadere la street art nell’ambito dell’illegalità da cui si era emancipata a inizio secolo. Se è vero che i graffiti sono il risultato per lo più di azioni vandaliche, la stessa cosa non si può dire per i murales, un’arte legata a valori sociali e alla libertà d’espressione creativa che trova le sue origini nel movimento muralista messicano di inizio ‘900.
Negli ultimi anni, diverse amministrazioni locali hanno promosso modelli di riqualificazione urbana attraverso le opere di street artists di fama internazionale; non solo disegni decorativi, piacevoli alla vista, ma messaggi diretti alla popolazione: mentre la criminalità organizzata omaggia i propri “eroi” raffigurandoli sui muri, artisti autorizzati dal Comune di Napoli ricordano persone che proprio ad essa si sono opposte. Jorit è uno dei muralisti più attivi nella città: i volti da lui rappresentati sono contraddistinti da due linee rosse sul volto; nel 2019 ha realizzato a Giugliano (in un progetto di bonifica di un’ex discarica) un murales dedicato a Giancarlo Siani, cronista de “Il Mattino” ucciso nel 1985.
E ancora: alle porte di Milano, l’associazione Retake Buccinasco promuove la rivalutazione degli spazi pubblici nel Comune oggetto di inchieste sulla ‘ndrangheta (tanto da essere soprannominato “la Platì del Nord”). Al murales dedicato a Peppino Impastato si è aggiunto nell’estate 2020 il dipinto per Giancarlo Siani, proprio accanto alla villa confiscata al boss Antonio Papalia.
Sempre a Siani è dedicato un murales che corre lungo via Romaniello, realizzato nel 2016 dagli Orticanoodles, duo di artisti milanesi: le sfumature di verde ricordano il colore della Citroën Mehari guidata dal giornalista al momento dell’uccisione, mentre il colore grigio rimanda all’inchiostro della sua macchina da scrivere.
Gli Orticanoodles, con stencil e pennelli, hanno ricoperto anche i muri del quartiere Ortica a Milano, da cui prendono il nome. A partire dal 2017, il Comune di Milano ha finanziato il progetto OR.ME., di cui fa parte il Muro della Legalità: un affresco dedicato alle vittime di terrorismo e criminalità organizzata, tra cui spiccano Giorgio Ambrosoli, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa e Lea Garofalo. Studenti di tre istituti della zona hanno contribuito alla realizzazione dell’opera, dopo un approfondimento in classe sul tema: utilizzare un linguaggio moderno come la street art rende immediata la comunicazione del messaggio alle giovani generazioni.
Oltre al famoso murales dedicato ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sulla facciata dell’istituto superiore nautico di Palermo, sono quindi numerosi gli esempi che sottolineano la tendenza positiva a rendere le nostre città delle gallerie a cielo aperto, omaggiando le grandi personalità della storia più recente e promuovendo modelli positivi di lotta alla criminalità organizzata.