Di Beatrice Botticini

Tra le opere selezionate per il progetto Spazi Capaci promosso dalla Fondazione Falcone e curato da Alessandro de Lisi, vi è anche “Branco” di Velasco Vitali. L’artista comasco ha posizionato 54 sculture di cani a grandezza naturale nell’aula bunker dell’Ucciardone (Palermo), in cui si celebrò il Maxiprocesso alla mafia. L’installazione è stata inaugurata il 23 maggio 2021, anniversario della strage di Capaci, alla presenza delle autorità e del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Qual è il suo rapporto con la Sicilia? In che modo ha influenzato la Sua arte?

Il Branco nasce proprio in Sicilia, dal ricordo di un branco di cani che si avvicinò alla mia casa di Ragusa. Non sono siciliano ma sono innamorato di questa regione. È stato un luogo di scoperta che mi ha cambiato la vita, mi ha fatto rivalutare molte delle mie presunte conoscenze. Ho riconsiderato le questioni della vita fuori dai formalismi, oltre quelle concezioni ingessate nelle quali siamo abituati a vivere. La vita più sincera è in altri territori, in altri margini: questo ha sempre alimentato la mia curiosità come uomo e come artista (per me non c’è differenza tra i due).

Il Branco è da qualche anno una costante nella sua estetica. Quello posizionato nell’Aula Bunker assumerà una valenza diversa rispetto agli altri a cui ha lavorato?

La collocazione dell’opera nell’Aula Bunker rappresenta un amplificatore del significato germinale del branco: una metafora della nostra esistenza e delle relazioni sociali tra etnie diverse. Mi sono sempre chiesto in che modo i cani comunicassero tra loro rispettando quell’esigenza primitiva che è la convivenza in gruppo. Noi siamo con certezza degli animali sociali, perciò abbiamo l’assoluta necessità di vivere vicini e di costruire luoghi dove convivere al meglio. In questo senso, l’umanità ha progettato città per poter istituire i propri principi, che dovrebbero essere basati su sentimenti di amore e cura per il prossimo. Ma non sempre si concretizzano in questo modo; ci possono essere derive feroci che sfociano nell’attitudine malavitosa e mafiosa. Un ulteriore aspetto che mi piace sottolineare è il fatto che l’Aula Bunker rappresenta un luogo dove lo Stato ha vinto. Lì il pensiero positivo relativo alla giustizia e al senso democratico si è realizzato. Accostare questo sentimento positivo a un’opera d’arte che non deve per forza parlare di dramma è un fatto per me significativo. Questo senza dimenticare le tragedie e le ombre del passato che si nascondono dietro questo luogo.

Com’è stata strutturata l’opera del 23 maggio?

L’installazione ha assunto una configurazione quasi teatrale, in cui il palcoscenico (l’Aula) ha cambiato di significato inserendo le sculture: 54 cani, di cui uno d’oro che rappresenta la speranza nel futuro e la fiducia nella giustizia, dedicato alla memoria del giudice Falcone. Sono pochi i visitatori che sono effettivamente entrati nell’Aula, non si tratta di una normale esposizione d’arte. Successivamente al 23 maggio, le sculture sono state posizionate nel parcheggio dell’Aula bunker, circondate dal vetro di recinzione antiproiettile. Il Branco è ora visibile per tutta l’estate attraverso questo vetro verdeazzurro: la sensazione è quella di uno spazio surreale, una sorta di acquario astratto il cui fondale è dato dalle mura del carcere dell’Ucciardone.

Il Branco è un’opera di grande impatto visivo e simbolico. Com’è stato lavorare in un luogo così significativo quale l’Aula Bunker?

Posso raccontare un aneddoto, un fatto accaduto durante l’allestimento. Con l’aiuto di una pattuglia di carabinieri, ho collocato il 54esimo cane (quello d’oro) negli archivi del maxiprocesso, tra i faldoni trascritti a mano dallo stesso giudice Falcone. Quando i carabinieri hanno posizionato la scultura tra queste file di faldoni, c’è stato un lungo minuto di silenzio in cui nessuno ha osato muoversi. Eravamo immobili, senza fiato. È stato un momento incredibile. Nel posizionare le sculture dentro la corte, ad esempio sopra le scrivanie dei giudici, si è creata invece un’inquietudine generale, così come nel collocarli nelle celle. È vero, sono cani, ma dipende dal significato che si vuole attribuire a queste figure. L’arte provoca uno spostamento della comune visione, altera il luogo e sdoppia i significati. Il cane viene percepito come l’amico fidato, oppure come un randagio da disprezzare. Può assumere anche un significato positivo di forza. Come li vediamo? Da quali sentimenti siamo animati? Rispetto, timore, paura?

Come possono agire gli artisti per contrastare la criminalità organizzata?

Come tutti i cittadini, possono alzare il livello di attenzione e di sensibilità, di coscienza, di onestà. Le istituzioni rimangono fondamentali. L’arte può spostare il punto di vista e aprire una nuova visione più profonda, in contrasto con gli “sbandieramenti” che durano un solo giorno. Bisogna prestare attenzione a non commettere l’errore di alcuni film che hanno elevato la mafia a un fatto mitico ed eroico; questo non fa altro che creare in noi un sentimento quasi di deferenza nei confronti di un reato che andrebbe perseguito con ostinazione ancora maggiore. È fondamentale stare sempre in guardia e mantenere un’attenzione costante.

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