di Erica Ravarelli
Sono bastati tre giorni di camera di consiglio e pochi secondi di lettura della sentenza per mettere in discussione tredici anni di indagini. Era il 23 settembre quando, nell’aula bunker della corte d’Assise d’Appello di Palermo, il presidente Angelo Pellino ha pronunciato la sentenza di secondo grado relativa al processo sulla cosiddetta Trattativa Stato-Mafia, confermando la condanna solo per Nino Cinà, il medico di Totò Riina, e per il boss Leoluca Bagarella. Sono stati assolti, invece, sia Marcello Dell’Utri, per “non aver commesso il fatto”, sia gli ufficiali Giuseppe De Donno, Mario Mori e Antonio Subranni, perché “il fatto non costituisce reato”. Le accuse nei confronti di Giovanni Brusca, infine, sono state dichiarate prescritte. Per capire fino in fondo la logica che ha spinto i giudici in questa direzione bisognerà aspettare circa 90 giorni, termine entro il quale dovranno essere depositate le motivazioni della sentenza. In attesa di conoscerle, appare interessante interrogarsi sul livello di attenzione che i quotidiani locali, nazionali e internazionali hanno dedicato alla notizia, oltre che sul taglio che hanno conferito ai loro articoli.
Consideriamo, per esempio, il quotidiano La Sicilia. La testata racconta la vicenda in 7 articoli di cronaca, a cui si sommano i 17 pezzi che riportano i commenti di esponenti delle istituzioni, politici, giornalisti, magistrati e parenti di Paolo Borsellino (i fratelli Fiammetta e Salvatore e il genero Fabio Trizzino). Sul sito online del quotidiano c’è spazio sia per chi è d’accordo con la sentenza sia per i più critici, anche se alcuni articoli posizionati nella sezione “cronaca” sembrano riportare più opinioni che fatti. Ad esempio (come del resto fanno molte altre testate, locali e non) quello di primo grado viene definito un verdetto “ribaltato”, mentre sono gli stessi giudici della corte d’Appello a parlare di “parziale riforma della sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Palermo in data 20 aprile 2018”. Si sostiene, inoltre, che “gli investigatori […] agirono a fin di bene”, espressione quanto meno controversa che potrà essere confermata o smentita dalle motivazioni che avremo modo di leggere solo tra qualche giorno.
Per quanto riguarda i quotidiani cartacei nazionali, La Stampa dedica l’apertura del 24 settembre alle parole pronunciate dal premier Draghi durante l’Assemblea generale di Confindustria, mentre alla sentenza Trattativa viene riservata la spalla (cioè l’articolo nella colonna destra della prima pagina). Anche Il Corriere della Sera, Il Messaggero e Il Manifesto aprono con la stessa notizia, insieme ovviamente al Sole 24 ore. La Repubblica, invece, sceglie mettere in apertura l’articolo di cronaca intitolato Stato-mafia, ribaltato il verdetto. “La trattativa non fu reato”. Nel suo pezzo, Salvo Palazzolo spiega i fatti in modo oggettivo e accurato, scrivendo che “un dialogo segreto” ci fu, “ma non è reato”.
Il Fatto Quotidiano titola: Trattare con la mafia si può, con lo Stato no. L’immagine ironica degli ufficiali del Ros e di Dell’Utri rappresentati con l’aureola in testa occupa gran parte della prima pagina del quotidiano, facendo già capire al lettore quale tipo di prospettiva verrà adottato nel riportare la notizia. Una chiave di lettura, quella del Fatto, che si contrappone radicalmente a quella de Il Giornale, che titola: Demoliti i PM. Dell’Utri: 10 anni di fango.
Su Domani, nonostante la sentenza Trattativa non sia in apertura, è possibile leggere un approfondimento di uno dei giornalisti più esperti in tema di mafia, Attilio Bolzoni, il quale ricorda che l’assoluzione degli ufficiali del Ros non cancella le loro colpe, tra cui quella di non aver perquisito il covo di Riina il 15 gennaio 1993. Bolzoni parla di una sentenza “che non restituisce la complessità di quegli anni”, e mette in guardia dall’affidarsi soltanto alle ricostruzioni nelle aule di giustizia per comprendere “le ombre che trent’anni fa si allungavano su Palermo”. Allontanandoci per un attimo dai quotidiani cartacei, è possibile notare che il giornalista di Internazionale Alessandro Calvi condivide l’opinione di Bolzoni. Nel suo pezzo, infatti, Calvi scrive che “le sentenze non costituiscono […] il perimetro dentro il quale la ricostruzione giornalistica e quella storica debbano per forza essere costrette”. Trattandosi di un commento datato 4 ottobre, inoltre, Calvi è in grado di esprimere un giudizio su come giornalisti e politici abbiano affrontato la notizia: l’errore, a suo parere, risiede nell’averne fatto un terreno di scontro, tanto che i veri protagonisti, alla fine, sono diventati i commentatori della notizia piuttosto che la notizia in sé.
Molto netta la presa di posizione del Foglio, che titola: La trattativa: una boiata. Nel suo articolo Giuseppe Sottile confonde l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato con l’assoluzione per non aver commesso il fatto, poiché afferma che “I giudici hanno accertato che i clan si sono mobilitati per esercitare, con le stragi, pressioni sugli organi dello Stato, ma hanno escluso categoricamente che i due mafiosi avessero stabilito un patto scellerato con i rappresentanti delle istituzioni”. Che la si voglia chiamare “trattativa” piuttosto che “dialogo segreto” o “patto scellerato”, tuttavia, la sentenza afferma che un contatto tra pezzi deviati dello stato e mafiosi ci fu, resta da capire per quale motivo – e per questo bisognerà aspettare le motivazioni – tale contatto non costituisca un reato, sebbene sia lo stesso Riina ad affermare che la resa dei rappresentanti delle istituzioni non abbia fatto altro che accelerare e legittimare la strategia stragista.
Chiudiamo, infine, con una breve rassegna dei giornali internazionali. Le principali testate francesi e tedesche non hanno dato spazio alla notizia (interessante notare che Le Monde aveva raccontato la sentenza di primo grado, ma non ha fatto lo stesso con quella di secondo grado), mentre tra le testate inglesi l’unica a riportare il fatto sul proprio sito online è il Daily Mail. Il quotidiano parla di “accuse smantellate” e cita i commenti di Dell’Utri (“il processo è stato mostruoso”) e di Salvini (“questa è l’ennesima prova del fatto che in Italia c’è bisogno di una profonda riforma della giustizia”). Anche tra i quotidiani spagnoli ce n’è uno che ha riportato la notizia: si tratta di ABC, una delle principali testate spagnole insieme a El País ed El Mundo. Nell’articolo, di cui a primo impatto colpisce la scelta della foto che ritrae un Berlusconi sorridente e soddisfatto, si spiega che, secondo la sentenza, “c’è stato un tentativo dei vertici di Cosa Nostra di sottomettere lo Stato con bombe, massacri, omicidi e intimidazioni, ma le istituzioni non si sono arrese, e i Carabinieri del Ros […] non hanno trasmesso ai vertici politici i desideri dei capimafia. Gli unici colpevoli […] sono i mafiosi”. Curioso il finale del pezzo, in cui si paragona la vicenda a quella del processo Andreotti (di cui si ricorda l’assoluzione dall’”infame accusa di aver intrattenuto rapporti con la mafia”, confondendo l’assoluzione con la prescrizione), e in cui si dà ancora una volta spazio al commento di Dell’Utri: “Marcello dell’Utri, dopo aver trascorso diversi anni in carcere e ora assolto, ha dichiarato: “Ecco la risposta per chi semina odio, la giustizia funziona””. Non ci si preoccupa di specificare che quegli anni trascorsi in carcere nulla hanno a che fare con il processo trattativa, bensì dipendono dalla condanna per concorso esterno in associazione mafiosa emessa dalla Cassazione nel 2014.
Al di là delle opinioni e dei punti di vista, insomma, non si può fare a meno di notare che, dal locale all’internazionale, le imprecisioni non mancano, e questo di certo non aiuta il lettore a districarsi nella complessità della vicenda.