di Osservatorio No Mafie (Libera Biella)
Tra le indagini più significative individuate dall’Osservatorio di Libera Biella e “No mafie” c’è la vicenda che all’inizio degli anni Novanta riguardò Tommaso Biamonte, autore insieme a Marco Neirotti dell’omicidio del tassista Maurizio Tropeano.
LA VICENDA
È la notte tra il 26 e il 27 agosto 1991. Tommaso Biamonte e Angelo Neirotti si trovano in permesso premio durante la detenzione nel carcere di Vercelli, dove condividono la cella. I due sono a Biella. Hanno bisogno di documenti falsi perché intenzionati a sfruttare l’opportunità del permesso per evadere. Per questo si sono rivolti ad Angelo Celli, esponente della malavita locale.
Biamonte e Neirotti arrivano a Biella con una Fiat Uno rubata a Torino e carica di caschi, pistole e caricatori. Parcheggiano in via Quintino Sella e trascorrono la notte con una prostituta, che rapinano.
Durante la loro assenza, una volante della polizia nota l’auto posteggiata: gli agenti riconoscono che ha le targhe contraffatte e decidono di trasferire il mezzo in commissariato.
È mattina molto presto quando Biamonte e Neirotti tornano al posteggio e, non trovando l’auto, si dirigono verso la stazione dei taxi in piazza Vittorio Veneto. L’unico taxi disponibile è il numero 10: al volante c’è Maurizio Tropeano. I due salgono e, poco dopo, incrociano una pattuglia della polizia, che il tassista conosce bene e perciò accenna un saluto facendo i lampeggianti. I due credono sia un segnale della loro presenza sul taxi, obbligano Tropeano a raggiungere un campo nascosto tra Zimone e Viverone e lo uccidono con due colpi di pistola.
Il loro viaggio diventa quindi una fuga: arrivano in Liguria dove, nella zona di Campo Ligure, incendiano l’auto per sbarazzarsi del mezzo e si spostano verso la frontiera francese. Da quel momento inizia la latitanza di Biamonte e Neirotti: durerà circa due mesi, finché i due vengono fermati in Olanda in possesso di armi e droga. Entrambi vengono quindi condannati all’ergastolo.
Nel 2016 si torna a parlare di Biamonte: ancora una volta è evaso durante un permesso premio. Questa volta è dal carcere di Voghera, e si trova insieme ad Alessandro Covelli. I due vengono fermati appena scesi dall’autobus che li aveva condotti a Crotone, paese natio di Covelli, dopo un mese di latitanza.
I PROTAGONISTI
Maurizio Tropeano è un tassista di 38 anni, padre di due figli. La licenza numero 10 era definita “maledetta” perché anche il tassista che la guidava prima di lui era stato assassinato nel 1987. È stata ritirata dopo il suo omicidio.
Tommaso Biamonte, classe 1956, è nato a Catanzaro e poi si è trasferito con la famiglia a Ivrea. È conosciuto come il “bandito gentiluomo” per aver dato un bacio sulla guancia alla cassiera incinta dell’ufficio postale che aveva appena rapinato. La sua storia è ricca di evasioni dal carcere, le prime quando era appena maggiorenne. La sua fama è dovuta a diverse rapine negli uffici postali di Ivrea e del Canavese.
Da giovane era vicino alle Brigate Rosse, poi è fuggito in Olanda dove è stato incarcerato per rapine e per un omicidio. All’età di 23 anni riesce a tornare in Italia con l’aiuto della ’ndrangheta, a cui non fa mancare il suo supporto in occasione di un sequestro di persona.
Diventato poi collaboratore di giustizia, motiva le sue continue fughe con la paura di essere ucciso proprio per questa sua scelta.
Angelo Neirotti, nato nel 1957, è il compagno di rapine di Biamonte.
Alessandro Covelli, detto “Sandrino”, sessantenne, negli anni ‘80 era considerato il capo della cosca Gumari-Covelli di Crotone, una banda che gestiva lo spaccio di droga in un’area compresa tra l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Piemonte e la Calabria. Diventato poi collaboratore di giustizia, viene arrestato nel ‘95 per omicidio. Terminerà di scontare la pena nel 2022.
I fatti qui riportati, significativi nell’evidenziare la presenza della criminalità organizzata nel territorio biellese, mettono in luce la collaborazione tra Biamonte e la ‘ndrangheta, come da lui dichiarato in una lettera inviata al giornale “Il Biellese” nel 1992. Da notare inoltre che, durante l’evasione, Biamonte e Neirotti si rivolgono proprio agli “amici” di Biella, elemento che fa emergere la presenza della ‘ndrangheta nel nostro territorio fin dagli anni ‘90.