di Beatrice Botticini
Il 24 novembre ricorre il dodicesimo anniversario della scomparsa di Lea Garofalo, testimone di giustizia calabrese uccisa nel 2009 a Milano. Nata a Petilia Policastro (KR) da famiglia ‘ndranghetista, a soli quattordici anni Lea si trasferisce nel capoluogo lombardo con il fidanzato Carlo Cosco, il quale si inserisce fin da subito nel giro di affari illegali delle cosche operanti nel nord Italia. Tre anni più tardi, Lea dà alla luce Denise. Da quel momento, la vita per Lea assume un altro significato: vuole scegliere per sé e per la figlia la possibilità di un futuro lontano dalla violenza e dall’omertà mafiosa.
La storia di Lea e Denise viene raccontata con tagliente poesia nel concerto teatrale “L.E.A. – Lei È Ancora”, scritto e interpretato da Paola Cannizzaro, Alice Salogni e dal musicista Federico Lotta per la regia di Michele Beltrami. Lo spettacolo, in tournée dal 2018, alterna elementi di cronaca a intimi scorci sulla quotidianità delle due donne. “Lea rifiuta l’unico codice che le era stato insegnato ed imposto, quello mafioso, sviluppa una coscienza politica autonoma e intraprende una rivoluzione nella sua vita” racconta Paola Cannizzaro. “Nella fase di scrittura dello spettacolo abbiamo attuato un processo di mediazione della storia, mettendoci nei panni delle protagoniste. A livello di codice, avevamo come riferimento i testi che Lea ha lasciato e le deposizioni di Denise al processo. Abbiamo quindi immaginato possibili dialoghi tra madre e figlia, in questo racconto che abbraccia diversi elementi: ‘ndrangheta, violenza nei confronti delle donne, memoria e destino”.
A seguito dell’arresto di Carlo Cosco e del fratello Floriano Garofalo per spaccio di stupefacenti, Lea lascia il compagno e fugge da Milano con Denise. Nel 2002 trova la propria auto bruciata e decide perciò di rivolgersi ai carabinieri, iniziando a rivelare ciò che conosceva riguardo alle attività illecite della propria famiglia. Madre e figlia vengono quindi inserite nel programma di protezione testimoni, dotate di false generalità e trasferite periodicamente in diverse città italiane.
“In questi continui cambi di residenza e avendo poco con sé, un sostegno importante veniva loro dall’ascolto della radio” spiega l’attrice e co-autrice Alice Salogni. “Raccogliendo testimonianze, siamo venute a conoscenza di pezzi musicali particolarmente amati dalle due donne, e li abbiamo inseriti nello spettacolo come omaggio alla loro memoria.” Le parole -cantate, sussurrate o scagliate- si propagano dai microfoni utilizzati dalle due interpreti, la cui differenza d’età corrisponde proprio ai 17 anni che separavano Lea e Denise. “Vi è una crescita ed acquisizione di consapevolezza da parte della figlia, che inizialmente sembra subisca una scelta adulta, salvo poi raccogliere il testimone e portare avanti la presa di posizione della madre. È una storia straziante, di due donne determinate, ma abbandonate”.
Le informazioni riportate da Lea Garofalo non vengono infatti ritenute sufficientemente attendibili: per questo motivo le verranno revocate le tutele del programma di protezione, a cui riuscirà a riaccedere solo dopo il ricorso al Tar e al Consiglio di Stato. Nel 2009, stremata da anni di trasferimenti e di instabilità economica, Lea stessa rinuncia completamente al programma e si riavvicina al paese d’origine. L’ex compagno la invita quindi a Milano con la scusa di decidere del futuro scolastico della figlia. La notte del 24 novembre, Lea verrà fatta sparire.
“Narrando la sua storia, non puoi non parlare delle sue contraddizioni” proseguono le autrici dello spettacolo. “È un personaggio che può essere frainteso. Talvolta qualche spettatore ci domanda se Lea in fondo non se la sia andata a cercare, interrogativo superficiale che viene spesso sollevato davanti a donne vittime di violenza. È vero, ha finito con il rifiutare la protezione dello Stato e si è opposta agli avvocati che le sconsigliavano il ritorno a Milano, ma era mossa dalla necessità, voleva prendersi quello che le spettava e ottenere una vita migliore per sua figlia”.
Nel 2010, Carlo Cosco viene arrestato insieme a Carmine Venturino (ex fidanzato di Denise) ed altri sospettati per la sparizione di Lea. Il processo, che vede Denise testimoniare contro i presunti assassini della madre, registra una grande partecipazione della società civile: in particolare, coinvolge studentesse dei licei e delle università milanesi che si recano in tribunale per dare sostegno alla loro coetanea. A seguito della sentenza di primo grado emessa nel 2012, Carmine Venturino rilascia delle dichiarazioni che permetteranno di ritrovare in provincia di Monza i resti del corpo di Lea. Nel 2013 vengono celebrati i funerali a Milano, trasmessi in diretta nazionale. Nel 2014 la Cassazione rende definitiva la condanna a 25 anni per Carmine Venturino e l’ergastolo per Carlo Cosco, Vito Cosco, Massimo Sabatino e Rosario Curcio.
A Lea sono intitolati un giardino e una panchina rossa nel nord di Milano, con una targa che nell’ultimo anno è stata più volte vandalizzata e incendiata. “Lea è riuscita a sbriciolare il codice della ‘ndrangheta e incrinarne la struttura. Per questo fa ancora paura a quel sistema mafioso, non sono riusciti a spezzare la forza delle sue idee. Lei è ancora, davvero” concludono Paola e Alice.
“Lea è stata inascoltata. Lea è stata rapita. Lea è stata ammazzata.
Ma Lea è stata coraggiosa. Lea è stata forte. Lea è ancora.”