di David Gentili e Ilaria Ramoni
Cosa sta accadendo a Milano? Se guardiamo alle indagini degli ultimi anni riusciamo ad avere un quadro mediamente chiaro di come emerge il radicamento della ‘ndrangheta in diverse zone della Lombardia in Brianza, nel Varesotto e nel Comasco. E’ qui che l’opera seduttiva e minacciosa dell’organizzazione mafiosa, più potente in Lombardia, ha avuto particolarmente successo.
Di Milano, invece, dalle indagini e dalle sentenze emerge ben poco, occorre cercare di decifrare e leggere i segnali che ci giungono, per capire cosa sta accadendo in un territorio così ricco e complesso.
Se parliamo di intimidazione e di rapporti con la politica, così come le abbiamo descritte nella prima e seconda puntata di questo articolo, vengono subito in mente i Flachi. A Milano nei quartieri di Bruzzano e Comasina, hanno provato a riprodurre quello schema: droga, politica, sport, pizzo agli autonegozi davanti alle più famose discoteche di Milano. Dopo di loro è complicato immaginare dinamiche simili. Possiamo pensare ai Valle: usura e gioco d’azzardo, matrimoni d’affari, “Amici” nei luoghi di potere e rapporti con la politica direttamente nel Consiglio Comunale di Milano. L’anno successivo, nel 2012, l’arresto di Domenico Zambetti: ex assessore alla Casa della Giunta lombarda Formigoniana condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e corruzione aggravata dal fatto di aver agevolato la ‘ndrangheta. I Di Grillo-Mancuso i protagonisti. Possibile che a Milano non accada nulla da allora? Non è proprio così. Nel 2016 l’arresto di Giorgio Piromalli che entrava, temuto, in Ortomercato. Nel giugno 2020 l’arresto di Giorgio De Stefano, che si vantava di essere socio dell’Oro Restaurant pur non risultando tale dalle carte. Più recentemente l’inchiesta “Petrol Mafie Spa” della DDA di Catanzaro dell’aprile 2021. L’accusa, rivolta anche questa volta al clan Mancuso, affari sul petrolio. L’intermediaria abitava a Milano, in via Settembrini. Tre famiglie di ‘Ndrangheta tra le più potenti. Proviamo ad analizzare anche i segnali che ci giungono dalle misure di prevenzione. Ottima visuale per comprendere come si manifesta il riciclaggio mafioso nella città.
Le segnalazioni di operazioni sospette
I dati da considerare sono diversi. Sia quantitativi che qualitativi. Quelli derivanti dall’applicazione del Comune di Milano della normativa antiriciclaggio e riguardanti le segnalazioni di operazioni sospette possono essere un inizio. Dati abbastanza recenti e abbastanza noti. Dati relativi che ci fanno però indurre a pensare che a Milano si ricicla nell’immobiliare e nella ristorazione. Non è possibile conoscere nel dettaglio chi è stato segnalato e perché. Possiamo comunque ben supporre che se nel primo ambito risulta più complesso farsi delle idee precise, perché nell’immobiliare entra in gioco il grande riciclaggio internazionale, nella ristorazione la faccia ancora da padrone il riciclatore dei camorristi.
Cosa Nostra sembra, invece, non pervenuta. Emerge solamente dall’analisi delle informative antimafia che riportano unicamente alla famiglia dei Fontana dell’Acquasanta-Arenella. Sembrano lontani i tempi dei Fidanzati che investivano nei locali di Milano. Nel maggio 2017 Gaetano Fidanzati Jr, si costituisce. Era diventato intermediario tra gli albanesi e la “piazza”. Per ciò che riguarda i pochi sequestri di attività ristorative a Milano eseguiti negli ultimi quattro anni circa, questi interessano unicamente Camorra e ‘ndrangheta. L’ultimo in Porta Ticinese a usurai napoletani nel 2017.
Le interdittive antimafia
Su sedici informative antimafia applicate nel Commercio dalla Prefettura a Milano, oltre alla gioielleria di via Cavallotti riferita ai Fontana e al noto ristorante di via Gonzaga, undici sono da imputare a tentativi di infiltrazione mafiosa di ‘ndrangheta. Tre alla Camorra.
Analizzando i nomi delle cosche che hanno messo in atto tentativi di infiltrazione nelle attività ristorative, per la ‘ndrangheta si può dire a ragione che la fanno ancora da padroni i Barbaro-Papalia,i Bruzzaniti-Palamara-Morabito, i Piromalli, gli Strangio e le ‘ndrine di San Luca con la farmacia Caiazzo.
Altri elementi, seppur di qualche anno fa, li possiamo trarre da quanto accaduto per Expo e per le grandi opere connesse.
Possiamo dire con certezza che circa il 70% di tutte le interdittive antimafia emesse in quegli anni, fino al 2015, hanno riguardato aziende oggetto di tentativi di infiltrazione da parte della ‘ndrangheta. Tante le cosche interessate a prova che il mercato, allora, non era appannaggio di un’unica ‘ndrina.
Quella che fece più scalpore fu l’interdittiva emessa all’Ausengineering di Pieve Emanuele, che portava ancora agli uomini dei Mancuso di Limbadi. L’azienda aveva vinto l’appalto per il cablaggio della sede della Polizia Locale di Via Drago, centrale operativa nella quale venivano incrociati i dati per l’applicazione del protocollo di legalità.
Il traffico di droga
Non bisogna poi dimenticarsi del traffico di droga a Milano e di chi lo gestisce nelle grandi importazioni ed esportazioni. Due fatti di cronaca recenti, ad indagini chiuse, potrebbero farci capire qualcosa di più. Il tentato omidicio di Enzo Anghinelli del 12 aprile 2019 e l’assassinio di Paolo Salvaggio a Buccinasco dell’11 ottobre 2021. Notizie di stampa (Milosa su Il Fatto), sembrano offrire un movente e un mandante per il primo episodio smentendo quanto prima avevamo detto e riportando l’orologio indietro nel tempo: Cosa Nostra a Milano spara ancora. Duecento chili di hashish rubati da Anghinelli ai fiduciari di trafficanti legati a Cosa nostra il movente.
Dal secondo fatto di sangue emergono altri elementi preziosi per la nostra analisi.
Salvaggio non era un affiliato ma un broker.Trafficava con tutti, in particolare con i Montenegrini.
Se un’organizzazione criminale avesse deciso, qualche anno fa, di eseguire un omicidio a Buccinasco, avrebbe dovuto per forza chiedere il permesso ai Barbaro, ai Sergi, ai Papalia. Se qualcuno in quelle settimane lo ha chiesto è sicuro che avrà ricevuto un secco no. Avere un omicidio in casa, come è noto, non fa bene. Se hanno deciso di procedere ugualmente o di non chiedere alcuna autorizzazione, allora si aprirebbero scenari nuovi ponendo seri dubbi su chi comanda oggi, nel mondo criminale, nel sud ovest e a Milano.
Se si leggono le relazioni della DIA, l’organizzazione criminale più in crescita in Lombardia, prima a Brescia poi nel Varesotto e nel Magentino, è quella di origine albanese. Citata ben 334 volte nella relazione della DIA del primo semestre 2020, nel 2016 veniva citata una sessantina di volte. Il paragrafo a lei dedicato si concludeva in poche righe. A pagina 108 della relazione del secondo semestre 2020, si legge che “Sul territorio lombardo è più che consolidata la presenza di organizzazioni allogene in particolare albanesi che risultano ben strutturate e attive nell’importazione e nella successiva vendita all’ingrosso di droghe”.
Per essere mafia a tutti gli effetti bisogna avere agganci con il capitale sociale, con la politica e con l’imprenditoria. Potrebbero legarsi ai riciclatori delle organizzazioni criminali pugliesi, da non sottovalutare nella Provincia di Milano. Ma, per ora poche, pochissime notizie di indagini. E se ancora la ‘ndrangheta la fa da padrona nell’importazione della cocaina dal sud America, gli albanesi aumentano i loro agganci con la criminalità olandese e intercettando i trasporti di eroina dal sud est asiatico, oltre a produrre direttamente marjuana per i nostri consumatori.
Nel gennaio 2019 l’operazione Ossessione della Guardia di Finanza mette assieme tutti: I Mancuso e i Mazzaferro, gli albanesi e i marocchini, narcos colombiani e venezuelani. L’impressione è che Milano sia una piazza di spaccio in cui molti trovano un posto. L’impressione è che la ‘ndrangheta sia più furba di venti anni fa, più fluida, più istituzionalizzata. Meno summit e “mangiate” e più finanza e chat criptate.