di Sara Manisera

19/10/2011

Milano Centrale 20.15/Rosarno 13.20

Un viaggio lungo, interminabile e infinito, 7 valigie, 2 persone e tanti cambi; Milano, Salerno, Buccino e poi in auto da Auletta a Rosarno percorrendo tutta la A3 tra interminabili cantieri e lunghi tratti ad un unico senso. Poi Rosarno, Giuseppe, la mamma e la sua cucina. Una gentilezza indescrivibile e un’ospitalità quasi al limite dell’umano (mi scrivono addirittura tre persone che non ho ancora conosciuto per darmi il benvenuto). Ma il primo giorno a Rosarno è ancora lungo; c’è zio Tonino che ci concede la casa di famiglia a Nicotera, a due passi dal mare. Davanti ad una coloratissima buganville scambiamo due chiacchiere; nessuno come chi ci vive e ci è cresciuto in queste terre può spiegarti così bene le cose.  Zio Tonino ha un piccolo agrumeto ma lo tiene solo per tradizione; a lui guadagnare non interessa, anche perché per un chilo di clementine gli verrebbero dati 25 centesimi. La crisi qui è soprattutto per i piccoli e medi produttori; “gli altri” corrispondono ai grandi distributori italiani, Esselunga e Coop in testa, mentre per i piccoli non resta che lasciare tutti gli agrumi appesi agli alberi anche se la qualità è una delle migliori. La coltivazione di olive e di agrumi era una fonte di reddito fino a pochi anni fa: i contributi europei concessi sulla quantità del prodotto era una condizione facilmente aggirabile; sulla carta le cooperative, travestite da chi qui esercita il controllo del territorio, gonfiavano le produzioni e le cosiddette arance di carta facevano guadagnare un po’ tutti. Poi è arrivata la crisi del comparto, la concorrenza straniera e il cambio di assegnazione dei contributi (non più sulla base della quantità prodotta ma sugli ettari posseduti) che hanno sconvolto drammaticamente quest’economia fasulla e rotto l’equilibrio tra gli abitanti e chi veniva a lavorare. Zio Tonino ce lo spiega chiaramente: “ fino a quando i migranti servivano nella raccolta e nelle campagne, tutto andava relativamente bene perché gli uni erano funzionali agli altri; poi dopo no, loro erano manodopera in eccesso che ‘dava solo fastidio’ e che non serviva più”. La piacevole chiacchierata viene interrotta da Carmine, il corriere che porta alla mia famiglia le produzioni dei  nonni e che ha gentilmente allungato la strada per portare i 18 scatoloni, pieni di vestiti, coperte e prodotti per l’igiene personale, raccolti da me e da Federico tramite passaparola; arriva fra due ore. Ci mettiamo in contatto con il cugino di Giuseppe, Giuseppe, che ha le chiavi di un garage, sequestrato alla famiglia Pesce, che il comune ha dato in gestione all’Osservatorio dei migranti di Rosarno; con lui passeremo tutta la serata ma nell’attesa ci conosciamo meglio davanti ad una birra. Resto meravigliata dalla saggezza di questo giovane ragazzo e dalla sua lucidità; ci racconta della rivolta, della reazione della popolazione, di tutti i luoghi comuni detti e raccontati, della ‘Ndrangheta e delle ‘ndrine a Rosarno, delle cause storiche, economiche, culturali e antropologiche di questa terra spiegando tutto questo in maniera  razionale e logica, senza mai rinnegare la sua terra, le sue origini e il suo paese. Arriva il corriere, aiutiamo a scaricare e portiamo tutto nel garage confiscato (che emozione!)  accanto ai bancali lasciati questa mattina da Medici Senza Frontiere. La giornata non può finire senza una pizza con la ‘nduja calabra suggerita da Giuseppe (a dir poco squisita) e dalla conferma di quanto il nord e il sud Italia siano incredibilmente vicini.