Di Giulia Guadagni

A Corleone, in via Francesco Crispi n° 56, c’è  una casa che una volta era della famiglia Grizzaffi, nipoti di Totò Riina, poi le è stata confiscata ed ora è nostra. Di tutti i Corleonesi e di tutti noi cittadini italiani. Si chiama “Casa Caponnetto” ed è stata affidata quattro anni fa alla Cooperativa Lavoro e Non Solo, che dal 2000 gestisce un’azienda agricola sui terreni confiscati a Cosa Nostra  nel territorio di Corleone e Monreale. Nel frattempo Casa Caponnetto è cambiata, ogni estate ospita centinaia di volontari e volontarie da tutta Italia che partecipano ai campi di lavoro organizzati dalla Cooperativa e dall’Arci. Il vicino che d’estate passa molto tempo a guardare il via vai di ragazzi, a sentire le chiacchiere e le risa, dice che ha finalmente riacquistato la proprietà del suo balcone, da cui prima della confisca era meglio non affacciarsi per non vedere e non sapere  quello che succedeva nella casa  di fronte.

Uno dei motivi per cui dopo il primo campo sono tornata tante volte a Corleone è proprio la casa; sentire che è anche mia perché insieme ai soci della cooperativa ho dipinto le pareti o sistemato le stanze e come me tutti quelli che ci sono stati, passati e tornati, creando  uno spazio di condivisone e costruzione comune. Questo senso di appartenenza e proprietà collettiva credo sia uno dei significati della legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati.

La Cooperativa Lavoro e Non Solo è una cooperativa sociale di tipo B, cioè parte dei soci lavoratori sono cosiddetti  “soggetti svantaggiati”, che iniziano a lavorare lì attraverso un percorso al Dipartimento di Salute Mentale di Corleone. In  questo modo chi avrebbe ancora più difficoltà a trovare un lavoro libero dalle logiche di sfruttamento e ricatto mafioso riesce invece a creare il proprio lavoro in modo libero e giusto e a trovare posto e sicurezza nella comunità.

Da giugno a ottobre, durante i campi di lavoro (della durata ciascuno di due settimane), le giornate si svolgono così:  la mattina si lavora in campagna, per le raccolte estive di grano, pomodori, melanzane, mandorle, uva;  mentre al pomeriggio i volontari e le volontarie partecipano a incontri, seminari e discussioni con esponenti del mondo dell’antimafia, delle istituzioni locali, delle associazioni,  e ancora con magistrati, forze dell’ordine e  testimoni di avvenimenti storici che hanno segnato quei territori. Di cucinare si occupano ormai da due anni gli instancabili volontari e volontarie dello Spi Cgil, con i quali si crea la preziosa e rara possibilità di uno scambio generazionale forte.

L’esperienza dei campi di lavoro riesce a mettere in contatto realtà locali diverse,  a creare occasioni di scambio e vera conoscenza reciproca (celebrando così l’unità d’Italia in modo autentico, anziché con vuote commemorazioni) ed è una pratica concreta di promozione di una cultura fondata sulla giustizia sociale, sulla legalità democratica e sui diritti che rifiuti quella del privilegio, del ricatto e della delega. L’amministrazione comunale da qualche anno ha scelto di dare a tutti i volontari la cittadinanza onoraria di Corleone, per dire quanto sia importante la loro presenza in paese, paese che ha una lunghissima storia di coraggio e lotta per i diritti contro l’oppressione di Cosa Nostra: da Bernardino Verro, sindaco di Corleone e animatore dei fasci siciliani, alle migliaia di contadini che riunitisi nei fasci si organizzarono per occupare le terre e nel 1906 costruirono la prima cooperativa agricola, a Placido Rizzotto, sindacalista difensore delle lotte contadine. Io vivo a Milano, una città colonizzata dalla ‘Ndrangheta; una città che ha bisogno dell’ associazionismo e a cui un’esperienza come quella dei campi può fare solo bene, perché porta la voglia di darsi da fare per difendere la propria terra dalle ingiustizie.

Fuori da Casa Caponnetto è scritta una frase: “Ragazzi godetevi la vita, innamoratevi, siate felici ma diventate partigiani di questa nuova resistenza, la resistenza dei valori, la resistenza degli ideali. Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare e di agire da uomini liberi e consapevoli” .

 

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