Ha riaperto i battenti, il Samarani Cafè. Le coloratissime bandiere delle nazioni sono nuovamente issate sulla vetrina del locale di piazza Diaz, e i drappi di Francia, Inghilterra e Germania sventolano come se nulla fosse accaduto.
Eppure nei pomeriggi di inizio luglio, davanti al bar, non si vedeva altro che sguardi sconcertati, passanti dall’espressione confusa: “Ma come la mafia, possibile?”. I sigilli posti il primo giovedì del mese sulle vetrine e la porta d’ingresso del bar di piazza Diaz, nel centro di Milano, non lasciavano dubbi: luci spente e banconi vuoti, il Samarani Cafè il 5 luglio è stato sottoposto a sequestro dalla Guardia di Finanza. Ma talvolta Milano ha cattiva memoria, e le domande smette di farsele presto. “Abbiamo riaperto subito, il personale è la stesso ma con qualche cambiamento alle fondamenta”, afferma freddamente il ragazzo che serve un thè alla pesca e rilascia lo scontrino alla cassa. La domanda, effettivamente, è posta in modo troppo diretto: i sigilli sono stati messi pochissimi giorni fa, e avete già ripulito tutto? Il suo sguardo è penetrante, senza dire una parola di più sembra invitare ad uscire.
L’operazione, coordinata dal pm Claudio Gittardi della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha portato alla luce i loschi affari della cosca ragusana dei D’Agosta: arrestati i fratelli 38enni Carmelo e Gianfranco, già condannati in passato con sentenza definitiva per associazione mafiosa e traffico di droga. A loro il gip Anna Maria Zamagni contesta oggi il reato d’intestazione fraudolenta di beni. Secondo le fiamme gialle nell’ultimo quindicennio i fratelli D’Agosta, originari di Vittoria in provincia di Ragusa, avrebbero dichiarato singolarmente redditi nettamente inferiori ai reali: ad esempio, Carmelo 7.800 euro nel 2006 e 4.000 nel 2007, cifre che nemmeno l’ultimo dei cassaintegrati invidierebbe mai. E se sulle carte i fratelli ragusani risultavano essere nullatenenti, nel 2010 prendono in gestione per 500mila euro proprio il Samarani Cafè, pagando anche un affitto di 174 mila euro annui. A capo delle quote della società Gemini srl, costituita da un altro pregiudicato, mettono la madre 72enne con reddito minimo e nessuna competenza nel settore.
Già negli scorsi mesi bastavano pochi minuti per un caffè al ‘bancone degli specchi per capire che qualcosa non andava, che tirava un’aria strana: Carmelo D’Agosta era sempre presente durante l’orario lavorativo, lui e la sua compagna. Per quanto riguarda il fratello
invece, Gianfranco, a lui era affidata la gestione di hotel di lusso in Sardegna e bar nel centro di Olbia. “L’altra parte di piazza Duomo” si legge all’entrata del locale: e infatti.. Da oggi la ‘Milano bene’ che gradisce darsi il buongiorno con la colazione in Piazza Diaz, e terminare nello stesso luogo il turno in ufficio con l’happy hour, dovrà farsi qualche domanda in più: e pensare che già negli anni Novanta il bar Samarani era stato coinvolto in un’indagine per infiltrazione mafiosa.