Intervista a Helena Bastos, psicologa e coordinatrice del Projeto Jovem.

di Chiara Muzzolon

17 agosto 2012
Rocinha, Rio de Janeiro.

Il Projeto Jovem ha sede nella comunità di Rocinha a Rio de Janeiro ed accoglie adolescenti, a volte ragazzi di strada, a volte giovani senza una vera e propria famiglia, dal lunedì al venerdì dalle 14 alle 17. Dal lunedì al giovedì partecipano ad alcuni laboratori: arte, educazione alla salute, teatro, danza, educazione civica, inglese, italiano, ecc; il venerdì la coordinatrice e psicologa Helena Bastos è a disposizione per sedute di terapia psicologica individuale con i ragazzi.
Il progetto è nato nel 2000 senza avere una vera e propria sede. Barbara Olivi (Fondatrice e Presidente de Il Sorriso dei miei Bimbi) si recava in favela e si riuniva con i ragazzi la sera per giocare, guardare film, organizzare gite in città o fare altre attività.
Con il tempo questa iniziativa si ampliò e furono sempre di più i ragazzi che vi parteciparono. Oggi il progetto ha una sua struttura ed organizzazione e ha l’obiettivo di fornire ai giovani non solo un’alternativa alla strada, ma anche degli strumenti concreti per affrontare il mondo a livello personale e professionale.
Scarsa preparazione culturale, autoesclusione, assenza di autostima, emarginazione, mancanza di una struttura famigliare adeguata, assenza di prospettive e di punti di riferimento sono gli elementi che formano il contesto in cui crescono questi ragazzi e sono gli aspetti della loro vita che più vanno compresi per intervenire.
Helena Bastos si è mostrata disponibile a fare un’intervista che servirà a capire meglio come funziona questo progetto e qual è il suo valore per i ragazzi che vi partecipano.

Helena fa parte della classe media Brasiliana, vive nell’”asfalto”, espressione che in Brasile viene usata per indicare chi vive fuori dalle favela. Inizialmente maestra di scuola, si è laureata poi in psicologia. Da San Corrado, quartiere residenziale ai piedi della Rocinha, ha iniziato ad entrare nella favela insieme a suo marito medico per svolgere alcune attività sociali legate alla sua professione di psicologa.

Come sei arrivata alla Rocinha, e da lì al Projeto Jovem?
Insieme a mio marito volevamo occuparci del tema della salute all’interno della comunità della Rocinha. Io della salute mentale, mio marito di quella fisica. E’ un argomento a noi molto caro e del quale molti abitanti hanno purtroppo poca consapevolezza. Inizialmente avevamo un programma alla radio della comunità: mio marito era il Doctor Saude (dottor Salute) io ero Dona Dorinha, un personaggio fittizio, e mi occupavo di fare l’oroscopo della salute, un modo per attirare l’attenzione degli abitanti e dare qualche consiglio su questo argomento.
Mio marito ed io volevamo fondare una ONG, e così facemmo, fondammo Viramundo, che ancora oggi lavora insieme a Il Sorriso dei miei Bimbi e ad Amigos da Vida.
Frequentando spesso la comunità della Rocinha, iniziammo a sentire parlare di Barbara Olivi, così la incontrammo. Lei si stava prendendo cura dei ragazzi di strada, intrattenendoli e cercando di allontanarli da essa. Trovammo subito un’intesa e lei mi propose di essere la coordinatrice di un progetto per i giovani.
Nel 2007, grazie ad alcune importanti donazioni, fu comprato l’appartamento che oggi ospita il Projeto Jovem.

Chi sono i ragazzi che partecipano e come vengono a conoscenza del progetto?
Una parte dei giovani che partecipa frequenta la scuola dell’obbligo, un’altra parte no. Noi accogliamo entrambi.
Quando il progetto fu messo in piedi, facemmo pubblicità nei negozi, per strada, nelle chiese, per invitare i ragazzi a partecipare. Oggi sono gli stessi ragazzi a coinvolgere amici e parenti, semplicemente attraverso il passaparola e portandoli direttamente a partecipare alle lezioni.

C’è un rapporto diretto tra il Projeto Jovem e la scuola dell’obbligo?
Purtroppo al momento non abbiamo le risorse per avere un rapporto strutturato e continuo con le rispettive scuole dei nostri giovani, ma interveniamo dove possiamo parlando direttamente con le famiglie e con i ragazzi. Cerchiamo di capire come vanno a scuola e quali sono le difficoltà che incontrano. Quella dell’assistente sociale sarebbe la figura ideale per svolgere questo tipo di lavoro, collaborando sempre con le famiglie.

Qual è la provenienza familiare di questi ragazzi e, generalmente, qual è la loro storia personale?
Raramente i genitori dei nostri giovani sono coppie stabili. Nella maggior parte dei casi i ragazzi vivono con la propria madre o con la nonna. In Brasile la maggior parte dei padri va via di casa, o perché troppo giovane e senza responsabilità familiare o, ed è così nella maggior parte dei casi, perché ha problemi con la giustizia.
Circa il 40% delle famiglie di questi ragazzi è coinvolto in attività criminali e a volte gli stessi giovani hanno già avuto o stanno avendo problemi di questo genere.
I primi gruppi di adolescenti che hanno partecipato al progetto erano quasi tutti coinvolti in attività illecite e molti di loro ne sono usciti grazie agli strumenti che abbiamo fornito. Adesso più che altro abbiamo ragazzi soli, abbandonati dalle famiglie o poco considerati e seguiti.

Ragazzi della Rocinha dipingono la facciata della palazzina che ospiterà un caffè letterario.

Quali sono le attività e quali gli obiettivi principali del Projeto Jovem?

I laboratori che proponiamo sono un insieme di diverse discipline che, coordinate, possano essere per i ragazzi uno strumento per uscire da una realtà di discriminazione. Creare coscienza, ampliare la mente, emanciparsi, conoscere i propri diritti e doveri all’interno della società, capire e conoscere la propria cultura e la politica del proprio paese sono gli obiettivi fondamentali di questo progetto. La forma del dibattito è quella che preferiamo per capire i ragazzi e per insegnare loro l’importanza del confronto civile con gli altri cittadini.

Helena parlerebbe di questi ragazzi per ore, ma il Projeto Jovem è un piccolo porto di mare dove arrivano studenti vecchi e nuovi, genitori e visitatori vari. Bisogna anche preparare le merende per i ragazzi, così finiamo l’intervista e lasciamo aperti un po’ di quesiti per un’altra chiacchierata.

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