di Chiara Muzzolon
20 agosto 2012
Rocinha, Rio de Janeiro
Al Progetto Giovani oggi guardiamo Tropa de Elite II. L’idea è di trovare degli spunti per il videoclip che i ragazzi dovranno montare con il supporto dell’insegnante di Audiovisual. Il filmato parlerà della vita nella favela, e la musica di sottofondo sarà un brano rap composto da uno dei giovani del progetto.
Tropa de Elite II è uno dei tanti film brasiliani che parla della vita in favela e dei numerosi scontri tra bande di narcotrafficanti e polizia (tra gli altri, Cidade de Deus e Tropa de Elite I). A differenza del primo, che raccontava la storia di alcuni membri della BOPE (nucleo di forze speciali della Polizia Militare di Rio de Janeiro), il secondo si concentra sul tema della corruzione all’interno degli organi politici e di polizia brasiliani. Il film si apre con una sanguinosa rivolta carceraria e prosegue, sempre con la voce narrante del protagonista, il Capitano Nacimento (Wagner Moura), con la sua vicenda personale di scontri con la polizia corrotta e la sua carriera all’interno della BOPE. Lo sfondo è ancora quello delle operazioni speciali all’interno delle favelas di Rio de Janeiro.
La situazione attuale delle favelas è un tema complicato. Ascoltando il dibattito che ha seguito la proiezione del film, e raccogliendo pareri ed impressioni tra gli abitanti di Rio de Janeiro e della Rocinha, si sono evidenziati alcuni aspetti importanti.
La sfiducia da parte dei ragazzi nei confronti della giustizia è quasi totale. Chi è cresciuto in favela lo ha fatto convivendo con le regole del narcotraffico: regole precise che nessuno avrebbe pensato di sgarrare. All’interno della favela c’era un tribunale, e c’era la pena di morte per chi avesse violato queste norme. Per questi ragazzi la giustizia che funziona è quella privata, non quella della legge dello Stato. Apprezzabile lo sforzo di chi segue questi ragazzi nel dire loro che la violenza non è la soluzione, che la giustizia privata non può e non deve risolvere i conflitti tra i cittadini, ma la realtà sembra essere un’altra. Le prigioni non sono luoghi di recupero per chi ha commesso dei reati, sono luoghi che rendono chi esce peggiore di quando è entrato e questa, purtroppo, sembra essere una consapevolezza comune.
La comunità della Rocinha è stata uno dei luoghi di traffico di armi e droghe più importante del Brasile, e da novembre del 2011 è stata pacificata. A Rio de Janeiro ci sono più di 700 favelas, delle quali solo una parte ha visto l’intervento della UPP (Unidade de Policia Pacificadora). Dove ieri c’erano i banchetti di vendita della droga, oggi ci sono poliziotti armati. Il paradosso è che le persone con le quali abbiamo parlato ci hanno detto che si sentivano più al sicuro prima della pacificazione: “ieri c’era un capo che dettava le sue regole, oggi non capiamo più chi detenga il potere. I banditi ci sono ancora, e quindi c’è ancora il traffico anche se è più nascosto, e gli episodi di microcriminalità sono aumentati”. Ascoltando queste testimonianze sembra che il sentimento più comune sia quello dell’insicurezza.
Una delle persone intervistate si lascia trasportare dai racconti. In favela le case sono attaccate una all’altra, da una finestra puoi tranquillamente dare la mano al tuo vicino di casa, e la sua preoccupazione è quella di essere ascoltata e di trovarsi quindi in difficoltà, o addirittura in pericolo. Sembra che la paura principale sia che la favela venga occupata da quella che viene chiamata Milizia: un’organizzazione militare o paramilitare composta da cittadini comuni, armati o con potere di polizia. Le milizie possono essere organizzazioni ufficiali o private, la maggior parte delle volte di dubbia legalità. A Rio de Janeiro il termine ‘Milizia’ è stato associato a pratiche illegali di gruppi composti da poliziotti, agenti penitenziari o militari, il più delle volte corrotti, che vogliono prendere il controllo della favela.
Se con i banditi che avevano il controllo del narcotraffico all’interno della favela i progetti sociali e culturali generalmente non hanno avuto grandi problemi, nel caso in cui le Milizie dovessero prendere il potere, allora grandi strumenti come la cultura e la coscienza civile potrebbero essere messi in pericolo da questi gruppi che, a differenza della maggior parte delle bande di narcotrafficanti, sono intellettualizzati e capiscono a pieno quale sia il pericolo di avere di fronte cittadini consapevoli.