di Valerio Berra
Expo 2015. Una grande opera pubblica, un evento mondiale che l’Italia e in particolare Milano si stanno preparando ad ospitare. Per arrivare a capire Expo si possono imboccare due vie, entrambe ancora al loro inizio. La prima è quella ufficiale, fatta di comunicati stampa entusiasti, di incontri formali, di leader in giacca e cravatta che si stringono la mano davanti ai flash dei fotografi. È la strada di chi sta cercando di dare senso al tema di questa esposizione: «Feed the planet, energy for life», «Nutrire il pianeta, energia per la vita». La seconda via sta invece crescendo nell’ombra. Si snoda tra notizie allarmanti, appalti inquinati, fascicoli giudiziari e presidi spontanei. Proprio queste sono le vicende che saranno riassunte nella seguente ricostruzione, che si snoda in quattro ‘puntate’. Capire come funziona Expo 2015 non è però fine a se stesso, serve a capire un sistema, un metodo ricorrente che lega a doppio filo tutte le grandi opere costruite in Italia. Incamminiamoci dunque per la seconda strada di Expo.
Chi ben comincia…
Tutto è partito con le migliori intenzioni. Expo 2015 doveva essere la prova che il sistema Italia era ormai in grado di prendersi carico di una grande opera, rispettando regole e tempi previsti. A testimonianza di questo si possono riportare due documenti. Il primo risale al novembre 2008 ed è l’atto costituivo del Patto per il Nord Ovest, in cui, su iniziativa della Provincia di Milano, 16 comuni della zona attorno al sito di Expo si associano per garantire che venga salvaguardato il loro territorio in vista dell’esposizione universale. Un patto che attesta anche la volontà di questi enti di vigilare sul regolare svolgimento di appalti e cantieri. Il secondo documento è stato invece firmato nel febbraio 2012 quando ormai il primo appalto è già stato assegnato, ed è il Protocollo di legalità. A stilarlo è Expo Spa, la società a partecipazione pubblica che si occuperà della realizzazione, organizzazione e gestione dell’evento. In queste pagine i membri della società e il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri si prendono l’impegno di realizzare i lavori in un quadro di «trasparenza, onestà, correttezza e buona fede». Un inizio davvero impeccabile.
Il primo appalto e il primo passo falso
Il primo maggio 2015, il giorno in cui si apriranno i cancelli di Expo, diventa sempre più vicino. Arriva quindi il momento di trasformare le linee tracciate con l’inchiostro sulle mappe in strade e pareti di cemento. Inizia la gara d’appalto per il primo dei tre cantieri, quello che servirà a «rimuovere le interferenze». Lo scopo è creare nell’area in cui sorgerà Expo le permesse per permettere la costruzione delle infrastrutture, sistemando la viabilità e gli impianti. L’asta per assegnare i lavori viene indetta al massimo ribasso, affidando cioè l’appalto all’azienda che propone il prezzo più conveniente per la sua realizzazione, escludendo però gli oneri per la sicurezza, uguali per tutti. A vincere il 21 ottobre 2011, con un ribasso del 42, 83% sulla base d’asta, è la CMC di Ravenna, per un importo complessivo di 65 milioni di euro. Il criterio con cui viene svolta la gara lascia molti dubbi, soprattutto per gli altissimi ribassi presentati. Giuseppe Sala, amministratore delegato di Expo Spa, è però soddisfatto del risultato, e al quotidiano Il Sole 24 ore dichiara che solo il primo appalto, data la relativa semplicità delle opere da realizzare, verrà assegnato in questo modo. I problemi iniziano a nascere quando l’8 maggio 2012 il politico Marco Cappato pubblica sul sito del Gruppo Radicale la lista delle aziende subappaltatrici che lavoreranno per la CMC di Ravenna. La sorpresa è qui scoprire che tre aziende risultano implicate per indagini che vanno dalla turbativa d’asta al trasporto illegale di rifiuti. Una addirittura, la Engeco Srl, è stata coinvolta in un episodio di corruzione di alcuni funzionari dell’Anas, già condannato nel 2005. Fra le aziende compare anche la Elios Srl, un nome che ora non sembra destare sospetti, ma presto avrà un ruolo importante in questa storia. Certo, alle aziende ancora indagate non si possono attribuire giudizi etici, ma il curriculum di Expo, prima immacolato, inizia inevitabilmente a sporcarsi.