Venerdì 15 luglio 2011, quinta udienza del processo Infinito a Milano, nell’aula bunker di piazza Filangieri. Oltre agli imputati presenti dietro le sbarre sui due lati dell’aula, in terza fila in mezzo agli avvocati difensori siedono Giuseppe ‘Pino’ Neri, presunto referente della ‘ndrangheta in Lombardia, e Cesare Rossi, uno di capi del locale di Rho, entrambi agli arresti domiciliari.
L’udienza comincia anche questa volta in ritardo e si apre con la lettura, da parte della presidente della corte Maria Luisa Balzarotti, delle decisioni riguardanti le eccezioni presentate dalla difesa e sull’ammissibilità delle varie richieste di parte civile. Nonostante le polemiche mosse inizialmente dagli avvocati difensori, sono ammesse come parte civile nel procedimento tutti coloro che ne hanno fatto richiesta, dal comune di Pavia alla regione Lombardia, dall’associazione SOS Impresa alla regione Calabria, ai comune di Seregno, Bollate e Desio fino alla presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e quello della Difesa. Dato altamente significativo, questo del riconoscimento di parte lesa, specie dopo i tristi risultati ottenuti dalle parti civili nel processo “Bad Boys” e la non ammissione di quelle del processo Lea Garofalo.
Anche l’eccezione riguardante la competenza territoriale della procura di Milano è stata respinta: la Corte ha spiegato che, nonostante l’ultima riunione dei presunti ‘ndranghetisti si sia svolta in provincia di Monza, tutti gli imputati sono accusati di aver fatto parte di un’associazione denominata “Lombardia” ed è irrilevante ai fini giuridici che i “Locali” (organizzazione che comprende più famiglie o ‘ndrine di una stessa zona geografica) possano avere collegamenti con la casa madre calabrese. Il luogo di consumazione del reato associativo, previsto dall’articolo 416 bis del codice penale, in questo caso è riconducibile al territorio di competenza del tribunale di Milano a partire dal febbraio 2008. Vengono in questo modo respinte tutte le eccezioni avanzate dagli avvocati difensori.
Dopo il lungo intervento iniziale, la parola passa al Pubblico ministero Alessandra Dolci che richiede la trascrizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali contenute nell’ordinanza di custodia cautelare e presenta i verbali di perquisizione, sequestro ed arresto, delle notizie di reato relative ad atti di intimidazione e di alcuni documenti fotografici estrapolati dai video prodotti dagli investigatori, e infine la richiesta delle videocassette riguardanti il sequestro Sgarella e le sentenze dei processi “Parco Sud” e “Bad Boys”.
Le parti civili si associano alle richieste del pm e chiedono di ammettere le liste dei testimoni in aula, oltre che alcune documentazioni tra le quali spicca quella relativa al subappalto della ditta Perego Strade per i lavori sulla Strada Statale 38 della Valtellina.
Al termine delle richieste dell’accusa e degli avvocati di parte civile, il tribunale mette a disposizione l’elenco delle produzioni del Pm dando termine fino alle 14,30. Ma a questo punto si scatena l’avvocato della difesa, Raffaele Della Valle, che, con una certa veemenza, accusa la Presidente del collegio giudicante di non concedere il tempo necessario per visionare il materiale. In fondo alla stanza i parenti degli imputati si lasciano andare a commenti quali «ma questa è pazza!», rendendo il giudizio ancora più chiaro tamburellandosi le tempie con un dito. La presidente Balzarotti non si scompone e indica come «pochissimi fogli» quelli che l’avvocato Oliviero Mazza, difensore di Carlo Antonio Chiriaco, ritiene invece «molti faldoni».
La seduta viene sospesa per qualche minuto e alla ripresa la parola passa agli avvocati della difesa, che chiedono l’esame degli imputati e l’ammissione delle liste dei testi.
Tra gli ultimi a prendere la parola, l’avvocato Mazza pone alla corte una questione relativa alla commissione d’inchiesta istituita dal prefetto pavese Ferdinando Buffoni. È a questo punto che compare, vicino alle sbarre della gabbia più vicina al fondo dell’aula, il viso, notevolmente invecchiato e sostenuto da un collare ortopedico, di Carlo Antonio Chiriaco, fino a quel momento nascosto agli occhi del pubblico.
Secondo l’avv. Mazza, il 29 luglio 2010, dopo gli arresti del 13 luglio, la procura di Pavia ha richiesto la trasmissione degli atti relativi alla propria Asl, alla procura di Milano, per istituire una commissione d’inchiesta sull’operato dell’Asl pavese al cui vertice stava proprio Chiriaco. Stando a quanto Mazza riporta, la richiesta della difesa di prendere visione degli atti conclusivi dell’inchiesta è però ostacolata dal fatto che il prefetto Buffoni, al tempo dell’indagine, avrebbe posto il Segreto di Stato, chiedendo contestualmente una conferenza stampa nella quale affermava che «senza poter fare nomi, le conclusioni delle indagini sono rassicuranti; possiamo dirci orgogliosi del nostro sistema Asl di Pavia». E ancora secondo le dichiarazioni del prefetto riportate dall’avvocato Mazza, sono state sentite circa 6000 persone della Commissione ed è quindi gravissimo, per la difesa, che nonostante questi risultati permangano le accuse nei confronti di Chiriaco. Soprattutto, incalza l’avvocato, è gravissimo che vengano nascoste attraverso Segreto di Stato -che ex lege non può essere costituito sui reati relativi all’art. 416 bis- le prove raccolte attraverso la Commissione d’inchiesta. Toccherà al collegio giudicante reputare la richiesta ammissibile o declassarla ad espediente dilatorio.
L’avvocato termina il suo discorso sollecitando la procura di Milano a dirimere la questione, suggerendo un intervento di richiesta al Ministero dell’Interno per la pubblicazione del decreto, della relazione della Commissione e sull’eliminazione del Segreto di Stato.
Il vero Segreto di Stato, però, quello più sconcertante, pare essere il silenzio assordante che il sistema mediatico nazionale sta calando su un processo storico. In aula, oltre al personale giudiziario, solo dodici occhi in più, tra studenti interessati e giornalisti di redazioni provinciali, a fare da testimoni ad uno dei maxi-processi più imponenti della ‘ndrangheta al nord.
Si conclude così la quinta udienza del processo Infinito; il prossimo appuntamento è previsto per martedì 19 luglio alle 9:30 nell’aula bunker numero 2 di via Uccelli di Nemi.