di Valerio Berra
«L’Italia non ha mai deluso chi ha riposto fiducia in lei». Sono parole importanti quelle pronunciate a Milano il 12 ottobre 2012 dal premier Mario Monti al secondo International Participants Meeting, dove erano presenti tutti i delegati dei Paesi che hanno aderito ad Expo 2015. Parole che vogliono sottolineare l’impegno dell’Italia a terminare tutti i lavori per l’esposizione in tempo, a operare nella trasparenza, a garantire il rispetto delle regole. Parole che a distanza di qualche mese si tingeranno di una sfumatura ironica, quasi beffarda.
Due su due
Nel gergo del gioco d’azzardo la “doppia scommessa” è una scommessa multipla, che si può vincere solo quando vengono azzeccati almeno due risultati. Anche Expo ha vinto la sua “doppia”. Dopo l’avvio dell’inchiesta in merito al primo grande appalto per la rimozione delle interferenze, anche il secondo cantiere, quello della piastra, finisce nel mirino della magistratura. Negli stessi giorni in cui Mario Monti elogiava al mondo l’affidabilità dell’Italia, gli agenti della Guardia di Finanza entravano negli uffici milanesi di Infrastrutture Lombarde, la società controllata dalla regione che aveva assegnato il secondo appalto di Expo alla cordata di aziende capitanata dalla E. Mantovani spa. Il copione sembra lo stesso della prima inchiesta. A muovere le fiamme gialle sono stati infatti i pm del pool specializzato in reati contro la pubblica amministrazione Antonio D’Alessio e Paola Pirotta. Anche il reato ipotizzato riguarda lo stesso ambito: turbata libertà di scelta del contraente. L’appalto sarebbe cioè stato confezionato su misura per l’azienda che poi effettivamente lo ha ottenuto. Nell’ambito di questa operazione finisce nel registro degli indagati lo stesso direttore generale di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni. Alla lista dei grandi appalti di Expo indagati dalla magistratura manca ora l’ultimo, ma ad oggi non è stato ancora assegnato.
Entrino signori entrino!
I cantieri di Expo dovrebbero essere blindati. Nessuno potrebbe entrare o uscire senza un badge, senza un permesso, o senza il controllo da parte di qualche guardia. Invece pare che sia più semplice fare un giro in uno dei più grossi cantieri d’Europa piuttosto che passeggiare in un parco pubblico. Lo dimostra un’inchiesta firmata da Giovanni Tizian e Luigi Politano e pubblicata dal quotidiano on line la Repubblica.it il 29 novembre 2012. Nel video, ancora disponibile sul sito della testata, si vede che i due giornalisti entrano nel cantiere, si avvicinano ai mezzi e scambiano qualche parola con gli operai. Il rappresentante della CGIL Salvatore Lo Balbo arriva pure ad affermare che: «Nei cantieri Expo si entra con allegria, senza che nessuno ti chieda niente». I rischi di questa condotta sono evidenti. Certo, si possono verificare infortuni e furti di macchinari, ma il vero pericolo è ancora più grave. Nulla vieterebbe infatti ad un esponente della criminalità organizzata di entrare, parlare con i capicantiere e imporre con forza e minacce la scelta di un’azienda “amica” per una fornitura. È infatti attraverso queste vie, attraverso le piccole aziende, quelle che sono meno esposte ai riflettori che le mafie riescono ad entrare nei grandi cantieri, sicure di trovarsi di fronte a controlli meno serrati. E sembra purtroppo che abbiano ragione.
Fuori, per davvero
Se l’estromissione dai cantieri della Elios srl si era poi rivelata un falso allarme, il 14 gennaio 2013 la Ventura spa si aggiudica il titolo di prima azienda allontanata in via definitiva dall’esposizione universale. In questa data arriva infatti ai tavoli della direzione di Expo spa un’informativa interdittiva firmata dal prefetto Gianvalerio Lombardi. L’azienda in questione è appunto la Ventura spa, che lavora nel secondo cantiere Expo e si occupa della sistemazione del verde, un subappalto di 6 milioni di euro. Il motivo dell’allontanamento viene indicato nei rapporti che l’azienda avrebbe intrattenuto con la cosca mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, una delle più sanguinarie di tutta la Sicilia. Se in questo caso si può tirare un sospiro di sollievo perché è stata salvaguardata la limpidezza del cantiere, ad osservare le procedure con cui è arrivata l’estromissione, si presenta qualche dubbio. L’accesso ai cantieri Expo da parte delle aziende è regolato dal Protocollo di legalità, la carta firmata nel febbraio 2012 che dovrebbe garantire l’estraneità dei cantieri ai soggetti vicini alla mafia. In base a questo documento la Prefettura ha 45 giorni di tempo per verificare il curriculum delle aziende che si sono aggiudicate l’appalto, prima di decidere se estrometterle o meno. Nel caso della Ventura spa, l’interdizione è arrivata invece sei mesi dopo che l’azienda aveva cominciato a lavorare. A muovere i controlli della Prefettura potrebbe quindi essere stato un articolo del 30 novembre 2012, pubblicato su L’Espresso da Fabrizio Gatti, dove si spiegavano i collegamenti tra l’azienda e la cosca barcellonese. Per gli appassionati di coincidenze numeriche, l’informativa è arrivata esattamente 45 giorni dopo la pubblicazione dell’articolo.