“Quel fango di Falcone”. Così, secondo quanto riporta ‘La Repubblica’, il calciatore Fabrizio Miccoli cantava insieme all’amico, il figlio del boss mafioso Antonio Lauricella. Non una sola volta. E questo non fu un episodio isolato. Intercettati nuovamente dagli investigatori, che attraverso il controllo del telefono di Mauro Lauricella cercavano di arrivare al padre latitante (catturato poi nel settembre 2011), il calciatore del Palermo e l’incensurato Lauricella Junior danno un appuntamento ad un amico invitandolo a farsi trovare “davanti all’albero di quel fango di Falcone”. Fabrizio Miccoli ha da poco ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Palermo con l’accusa di estorsione e accesso abusivo ad un sistema informatico. Secondo i magistrati, infatti, il calciatore avrebbe commissionato all’amico Mauro Lauricella il recupero di diverse somme di denaro e, in seguito, avrebbe convinto il gestore di un centro Tim a fornirgli quattro schede telefoniche intestate a suoi clienti; una di queste arrivò proprio nelle mani del figlio del boss Antonio Lauricella.
Ora spetterà alla magistratura far luce sulla vicenda e dimostrare l’accusa nei confronti del ‘Romario del Salento’, come viene chiamato dai suoi tifosi. Ma noi non possiamo aspettare la sentenza. Le intercettazioni parlano chiaro, sono inequivocabili. Non c’è solo la scoperta di frequentazioni e amicizie pericolose, ma c’è di più. Ci sono le canzoni indecenti, ignobili e vergognose contro l’uomo, il magistrato antimafia e l’eroe a cui lo stesso Miccoli dedicava i gol alle partite del cuore. Allora chi è il vero Fabrizio? Il calciatore che scende sempre in campo per ‘dare una mano’ a tutte le cause nobili, che dedica i gol a Falcone e Borsellino? Oppure l’amico di figli e nipoti di boss latitanti, con i quali si presta a esibizioni canore indegne, inneggiando alla strage di Capaci che si portò via per sempre Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani?
La risposta a questi quesiti è semplice e non affrettata. Davanti alle telecamere si possono dire e fare cose non vere, cose non sentite. Nella vita privata, invece, si può fare tutto quello che si vuole. E Miccoli ha fatto la sua scelta: ha deciso di essere amico di Mauro Lauricella e Francesco Guttadauro, nipote del superlatitante Matteo Messina Denaro e figlio di Filippo, colui che consegnava i pizzini tra il boss e Bernardo Provenzano. Ed è una scelta consapevole, viste le sue vergognose e spregevoli affermazioni. Per questo sarebbe bene che la FIGC decidesse per la radiazione a vita di Fabrizio Miccoli. Decisione forte, ma doverosa. La Federazione Italiana deve continuare il processo educativo che ha portato la nazionale di calcio a giocare nei campi confiscati alle organizzazioni criminali, grazie alla spinta energica di Don Luigi Ciotti. Su questa strada tracciata bisogna continuare il percorso. Indietro non si può tornare.
Domani Miccoli terrà una conferenza stampa, nella quale darà la sua versione dei fatti. Ma di fronte a quella voce che canta “quel fango di falcone”, la sua difesa forse avrà poca credibilità. Le bobine nelle mani degli inquirenti e riportate (in alcuni estratti) da ‘La Repubblica’ non possono far altro che rilevare, dal punto di vista morale, l’incompatibilità tra il calciatore e la maglia azzurra, che lui stesso ha indossato in venti occasioni. Non aspettiamo una sentenza processuale. Diciamo con un gesto che a noi la mafia non piace, anche quando il suo mondo coinvolge un beniamino calcistico. E ribadiamo che per noi Falcone è un esempio, da ricordare in eterno.