di Isabella Senatore*
La Corte Costituzionale ha emesso, il 25 Marzo 2013, la sentenza n. 57 che sancisce l’ incostituzionalità dell’articolo 275 comma 3 del codice di procedura penale laddove prevede la custodia cautelare obbligatoria in carcere per il reato di cui all’articolo 416 bis del codice penale. Questa notizia è stata commentata solo da Radio Radicale mentre è passata praticamente inosservata alla maggioranza dell’informazione.
L’analisi
E’ un fatto gravissimo che rischia di mettere a repentaglio indagini importantissime per reati di mafia. Si pensi ad esempio a tutti coloro che vengono indagati per associazione mafiosa: ora il PM non può più decretarne semplicemente l’arresto per custodia cautelare in carcere ma deve motivarlo con esigenze particolari. Nel caso di qualcuno già in carcere ciò vuol dire essere indagato a piede libero per quel reato – di solito si aveva invece una doppia posizione giuridica, per esempio definitivo per spaccio e omicidio e custodia cautelare o appellante per associazione mafiosa – quindi questo vuol dire che una persona condannata per altri reati ma indagata per reati di mafia potrebbe avere una misura alternativa al carcere e continuare così a gestire direttamente da libero l’associazione mafiosa.
E’ probabile che all’origine di questa assurda decisione, assolutamente in controtendenza rispetto a tutto l’ordinamento giuridico italiano che prevede un doppio binario di procedure per i reati comuni e i reati considerati gravissimi come quelli di terrorismo e di mafia, ci sia il problema del sovraffollamento carcerario per il quale l’Italia è sotto il mirino delle Autorità sovranazionali. Infatti con la cd “sentenza Torregiani” la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia al risarcimento dei danni ad alcuni detenuti che hanno subito, a causa del sovraffollamento, un trattamento contrario al senso di umanità in violazione dell’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale. Il problema è che è stato dato all’Italia il tempo massimo di un anno a partire da questa sentenza per porre rimedio a questa situazione e sono già passati parecchi mesi. Anche per questo si sta discutendo in Parlamento di un altro indulto o amnistia… in questi giorni stiamo assistendo ad un incremento della concessione delle misure alternative al carcere probabilmente nella speranza che ciò contribuisca allo sfollamento. Tuttavia, il problema del sovraffollamento carcerario è da individuarsi in primis nella assurda legge 309 del 1990 che sanziona in modo particolare qualsiasi comportamento sia minimamente collegato al traffico di droga. L’art. 73 di questa legge per esempio sanziona anche chi, non essendo uno spacciatore, si trova in circostanze tali da far pensare che possa aver favorito tale attività. Detto in parole povere se tizio va in giro con caio ed è al corrente che caio ha con sé della droga nel momento in cui trovano la droga addosso a caio arrestano anche tizio. In questo modo non solo vanno a finire in carcere persone che sono soltanto consumatori ma anche i loro amici e parenti che con il traffico non c’entrano nulla. Ora, a fronte di una tale rigidità come si colloca questa sentenza che nega l’obbligatorietà dell’arresto per coloro che sono sospettati di far parte di un’associazione mafiosa? E come mai un fatto tanto grave non è stato commentato né da mass media né da associazioni antimafia?
Isabella Senatore ha condotto uno studio sul ruolo del mafioso in carcere, sia rispetto all’organizzazione sia a se stesso e alla sua famiglia. Qui, è possibile leggere la sua tesi di laurea.