Piacenza, 11 ottobre 2013

Testimoni in movimentoAlla presentazione del libro “Dove eravamo. Vent’anni dopo Capaci e via d’Amelio”, edito da Caracò, Giulio Cavalli non c’era. Gli organizzatori lo hanno voluto comunque ricordare lasciando il suo nome sul tavolo, accanto a quello degli altri relatori. “Testimoni in movimento, la resistenza dell’antimafia sociale, questo il titolo del dibattito a cui hanno partecipato Salvatore Borsellino, il direttore di Telejato Pino Maniaci, Alessandro Gallo editore per Caracò,  Massimiliano Perna giornalista freelance, Salvo Ognibene giornalista di DIECIeVENTICINQUE, il collaboratore di giustizia Luigi Bonaventura e I. m. d. scrittore e poliziotto della squadra Catturandi di Palermo.

Dalla morte del deputato del Pci, Pio La Torre il 30 aprile 1982, a quella del generale Carlo Alberto dalla Chiesa il 3 settembre 1982, all’attentato del giudice Rocco Chinnici il 29 luglio 1983, il dibattito si è sviluppato ripercorrendo gli eventi significativi della mafia e dell’antimafia tra il 1982 e il 1994; “la seconda repubblica è nata sul sangue e finché non ci sarà la verità, l’Italia non sarà un paese libero”. Dure parole di accusa pronunciate da Salvatore Borsellino davanti al giovane pubblico presente venerdì 11 ottobre all’Auditorium della Fondazione Piacenza e Vigevano che ha ospitato l’evento, ribadite anche da Massimiliano Perna, curatore del libro: “Abbiamo scelto di raccontare testimoni in movimento perché non avere memoria storica significa non avere anticorpi contro la mafia”.

Ed oggi, di anticorpi vi è urgenza; per anni lo si è negato ma le organizzazioni di stampo mafioso, camorra, ‘ndrangheta e cosa nostra sono presenti in tutte le regioni italiane: divorano l’economia, monopolizzano i mercati, scoraggiano la concorrenza ma soprattutto privano i cittadini della propria libertà. Pino Maniaci, l’agguerrito direttore di Telejato, emittente televisiva di Partinico, non ha peli sulla lingua: “Oggi, amici miei belli del Nord, sono molto più cazzi vostri; qui ci sono tutte le mafie, pure quelle straniere e se non vi impegnate a cambiare, si prenderanno tutto”.

Pecunia non olet. Il denaro non ha odore e non solo. Lo ricorda il poliziotto della Catturandi di Palermo: “ Oggi si fa tutto per soldi ma se noi non corrompiamo, se noi rifiutiamo la tangente, se noi impariamo a denunciare, se noi impariamo a cambiare noi stessi, allora anche la politica non utilizzerà questi biechi strumenti”.

La mafia è prima di tutto un fenomeno culturale e sociale; testimoniare impegno, onestà e integrità  in ogni settore della vita quotidiana già di per sé sarebbe una forma di resistenza antimafiosa. E’ questo l’appello conclusivo rivolto ai giovani da Salvatore Borsellino, ragazzi nei quali proprio Paolo Borsellino aveva riposto il suo ottimismo in una lettera scritta prima di morire; “Non ho più lasciato questo lavoro e da quel giorno mi occupo pressoché esclusivamente di criminalità mafiosa. E sono ottimista perché vedo che verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni”.