di Vincenzo Raffa
Nel 1997 il collaboratore di giustizia Carmine Schiavone, ex appartenente al clan dei casalesi fu interrogato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti del Parlamento Italiano, in merito ai rifiuti tossici sotterrati in Campania. Solo oggi possiamo leggere quelle dichiarazioni rese pubbliche.
Si parla dei rapporti dei Casalesi con la famiglia Nuvoletta e il gruppo Riina: “(…)noi eravamo i perdenti (della guerra tra le due fazioni del 1984 n.d.r.) mentre a Napoli diventammo i vincenti”. Vengono descritte le modalità di insediamento delle amministrazioni comunali dei 106 comuni della provincia di Caserta in mano al gruppo, e in relazione a ciò Schiavone si lascia scappare un “aneddoto” accaduto nel paese di Villa Literno dove dice di “aver fatto lui” l’amministrazione comunale specificando di aver “fatto eleggere dieci consiglieri(…)La sera li abbiamo riuniti e ne mancava uno(…) mi hanno detto: “ma manca un consigliere per avere la maggioranza”(…) ho detto: “andate a prendere E.F. e lo facciamo diventare democristiano”(…) La sera era comunista e la mattina dopo diventò democristiano”.
Si parla di tangenti e appalti, di percentuali e di opere pubbliche, di massoneria e di soldi, tanti soldi: “(…) Il patto era che gli affari fino a 100 milioni li gestiva il comune, oltre i 100 milioni,(…) ci portavano l’elenco dei lavoratori e noi li assegnavamo. (…) c’era una tariffa: 5% sulle opere di costruzione e 10% sulle opere stradali.”
Si parla di ‘ndrangheta, della cosca dei De Stefano di Reggio Calabria, di Sacra Corona Unita, della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo e dei rifiuti in Puglia, ma anche di rapporti internazionali: gli investimenti in Germania dopo la caduta del muro di Berlino,i rapporti con l’Albania (“(…)In Albania comandavamo noi, mica Hoxha) e l’Europa dell’est.
Ma si parla soprattutto di rifiuti. Di come i casalesi, insieme alle altre organizzazioni, avevano (e a parola di Schiavone, hanno) letteralmente il monopolio sullo smaltimento di rifiuti tossici nello stivale.
Dice: “(…) I profitti erano di almeno 600-700 milioni (di lire n.d.r.) al mese. (…) Sono inoltre al corrente -prosegue- che arrivavano dalla Germania camion che trasportavano fanghi nucleari, che sono stati scaricati poi nelle discariche (…).”
In un passaggio Carmine Schiavone riporta la sua concezione di trattativa Stato – mafia (si riporta qui la trascrizione integrale del passaggio):
Carmine Schiavone: “Questa situazione diventò subito operativa e cominciarono a versare soldi nelle casse dello Stato”
Presidente: “Vuole dire nelle casse del clan?”
Carmine Schiavone: “E’ lo stesso più o meno”
Presidente: “Perché dice che è lo stesso?”
Carmine Schiavone: “Mi confondo. Mi riferivo alle casse del clan: era un clan di stato…”
Presidente: “Il vostro stato!”
Carmine Schiavone: “La mafia e la camorra non potevano esistere se non era lo Stato…Se le istituzioni non avessero voluto l’esistenza del clan, questo avrebbe forse potuto esistere?”
Quello che colpisce di più delle dichiarazioni trascritte è sicuramente il fatto che i casalesi, nella figura di Carmine Schiavone (il reggente del clan era Francesco Schiavone, detto Sandokan), avessero già messo in conto di uccidere, nel lungo periodo, tutte le persone di quei paesi le quali falde acquifere sarebbero state rese tossiche dal sotterramento dei rifiuti: “(…)Gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via avranno forse vent’anni di vita! (…) Si tratta di milioni e milioni di tonnellate. Io penso che per bonificare la zona ci vorrebbero tutti i soldi dello Stato di un anno.”
E’ la realtà, quella descritta, di paesi del sud Italia stretti nella morsa delle organizzazioni mafiose e senza nessun futuro. Forse 20 anni di vita al massimo. Questo era già in conto. Ma quello che conta “è la sostanza”, non la vita di migliaia di persone. Sono i soldi. Ma dove andremo a finire se il fine ultimo è sempre il denaro?
Il posto di sotterramento dei rifiuti è facile da trovare, lo afferma Schiavone in un passaggio: “(…) Alcuni (rifiuti tossici n.d.r.) dovrebbero trovarsi in un terreno sul quale oggi vi sono i bufali e su cui non cresce più erba”.