SedrianoSedriano, provincia di Milano. Martedì 15 ottobre, la mezzanotte è passata da pochi minuti. Breve comunicato Ansa: “il Consiglio dei Ministri ha accolto la richiesta del Prefetto di Milano, la Lombardia ha il suo primo comune sciolto per mafia, cittadina con pocopiù di 11mila abitanti nel sud ovest della capitale morale del paese”. Gioia, rabbia, paura. Telefonate, messaggi, scambi di mail. A notte inoltrata i sedrianesi prendono d’assalto i social network, si riuniscono nelle piazze virtuali, facebook e twitter. E scrivono, scrivono messaggi di sconforto, scrivono messaggi di frustrazione.

Scrivono messaggi di sconfitta e di vittoria.

“Lo sapevamo che quello era un delinquente in mano agli ‘ndranghetisti! Finalmente anche a Roma se ne sono accorti!”, “Ecco cosa succede a cedere alla smania di potere, corrotti!”, “E adesso Signor Sindaco dimettiti: vergogna!”. Chi poteva immaginare come sarebbe stato lo scioglimento del primo comune lombardo sciolto per mafia al tempo del web? La notizia fa il giro della rete, valica i confini e raggiunge gli estremi del bel paese dilaniato da malapolitica e malaffare. Nel giro di poche ore tutti sono al corrente, salvo uno: l’indomani mattina, il vicesindaco Adelio Pivetta, estromesso dalla Lega Nord nel settembre 2011, si reca in Municipio tutto sorridente. “Cosa sono quelle facce cupe?”, chiede ai dipendenti comunali. Tutti sapevano ma lui no. Pivetta rimane esterrefatto. “Non capisco, eppure per rispettare la legalità abbiamo tolto tutte le prostitute dalle strade! La ‘ndrangheta l’avete creata voi con i vostri articoli”.  Nel corridoio del palazzo comunale cala il silenzio, l’imbarazzo sul volto dei funzionari degli uffici. “Castano le do lo scoop, sono pronto per dimettermi!”, esclama il consigliere Pdl Vittorio Imbrogno a mo’ di confidenza: e tu vagli a spiegare che è troppo tardi, che il Comune è stato definitivamente sciolto per mafia, che nel giro di poche ore arriveranno tre commissari nominati dal Prefetto e per diciotto mesi saranno loro ad amministrare.

Ecco la classe politica perfetta con cui permettere alla ‘ndrangheta di entrare nei consigli comunali. Eccoli gli anticorpi della Lombardia, l’eccellenza lombarda.

“Ma la manifestazione antimafia prevista per sabato 19 la fate lo stesso?”, chiede il maresciallo dei carabinieri Luca Avitabile agli esponenti della Carovana Antimafia Ovest Milano, unica associazione contro la ‘ndrangheta attivamente presente sulla zona. La manifestazione si fa, eccome se si fa: partecipano trecento persone, associazioni, pacifisti, politici. Da Rifondazione Comunista alla Lega Nord, Articolo21 da Bologna, Movimento Popolare Dignità e Lavoro dalla vicina Magenta. Bandiere no tav e di Pro Lombardia. Trasversale, come trasversale dovrebbe essere la lotta alla mafia. “No perchè pensavamo che visto che ormai il comune è stato sciolto, non ci fosse più questa esigenza..”. Di sedrianesi, in piazza, non più di cinquanta: ma sono molti, molti di più quelli che guardano da dietro le finestre. Sbirciano da dietro le persiane il corteo guidato dalla Carovana che attraversa le vie del paese.

Esattamente un anno fa, ottobre 2012, il sindaco di Sedriano Alfredo Celeste viene arrestato per corruzione all’interno della medesima indagine che portò in carcere l’ex assessore alla Casa di Regione Lombardia Domenico Zambetti.

Nello stesso giorno d’inizio autunno le manette scattano anche per altri due uomini legati all’Amministrazione Comunale di centro destra del piccolo paese milanese: sono Eugenio Costantino e Silvio Marco Scalambra, rispettivamente padre di una giovane consigliera comunale e marito di un’altra consigliera di maggioranza nonchè capogruppo Pdl. Entrambi finiscono in carcere: il primo, imprenditore dell’oro, è ritenuto essere boss della ‘ndrangheta, capofila dell’associazione criminale di stampo mafioso legata alla cupola calabrese che fa affari con la politica e l’economia lombarda; il secondo è un medico chirurgo del pavese, accusato di essere un presunto collettore di voti delle cosche. Secondo l’accusa il sindaco Celeste avrebbe asservito i suoi ruoli di primo cittadino ai voleri di Costantino e Scalambra. Sostegno in occasione delle elezioni comunali e promessa di aiutare il sindaco a realizzare il suo sogno (desiderava un posto al Senato, il prof di religione laureato a Lugano eletto sindaco nel 2009); assegnazione di un locale all’interno del nuovo centro commerciale attraverso via preferenziale; assegnazione di appalti di ristrutturazione previsti nel nuovo piano urbanistico del paese. Questi i presunti beni di scambio, gli oggetti materiali del ‘do ut des’ malavitoso fatto emergere dagli inquirenti e descritto dalla Procura. Ma niente, i tre uomini finiscono agli arresti, e dopo tre mesi di domiciliari il sindaco Celeste torna in carica: non accetta la richiesta di dimissioni presentata a gran voce dai cittadini, pur nel moderatismo dell’opposizione consiliare generalmente preda di un atteggiamento garantista nonostante la situazione sedrianese di reale emergenza. Non solo: per un intero anno, ottobre 2012 – ottobre 2013, nei comunicati stampa del comune risuonano altisonanti le accuse di Celeste contro magistratura, prefettura e stampa. “La magistratura è uno spreco di soldi dei cittadini, la prefettura è mossa da intenti politici e la stampa, certi organi di stampa, espressamente Altomilanese la sua cronista e il suo direttore Ersilio Mattioni, perseguitano accanitamente il signor sindaco Alfredo Celeste”. Ottobre 2013: dopo un’indagine della prefettura durata sei mesi, il comune di Sedriano viene sciolto per mafia.

Ma anche dopo lo scioglimento del comune per mafia la disinformazione degli scribacchini al soldo dei potenti lascia spazio alla manomissione dell’opinione pubblica.

L’ex sindaco Alfredo Celeste in una recente intervista dichiara: “il prefetto chiede lo scioglimento del consiglio comunale perché c’è un rischio potenziale di infiltrazione ancora in essere, è una follia! Allora tutti i comuni della zona devono essere sciolti per questo motivo, basta una potenzialità presunta”. Sbagliato, signor già ex sindaco. In un certo qual senso il decreto del Presidente della Repubblica con il quale si è provveduto allo scioglimento del Consiglio Comunale di Sedriano per la durata di diciotto mesi, con l’annullamento delle prossime elezioni amministrative e la nomina di una commissione provvisoria per la gestione del paese, smonta in toto la linea difensiva di Alfredo Celeste, accusato di corruzione e imputato a piede libero nell’indagine mafia – politica. Punto uno, dalle carte si evince che l’infiltrazione della criminalità organizzata a Sedriano non è solo ‘a potenziale rischio’, ma secondo il Prefetto l’infiltrazione è “evidente” e “già presente e manifesta in elementi certi di compromissione dell’Amministrazione Comunale”. Ne è un esempio il rapporto fra l’ex sindaco Celeste, gli Uffici e Aldo De Lorenzis del vivaio Garden “il quale si è aggiudicato appalti per la manutenzione del verde cittadino, imparentato con la potente e storica famiglia ‘ndranghetista dei Musitano egemone nell’area del confinante comune di Bareggio”. Secondo il Prefetto nel momento dell’affidamento degli appalti pubblici relativi alla gestione, cura e conservazione del verde cittadino ai De Lorenzis sia Alfredo Celeste sia i responsabili degli Uffici Comunali erano “perfettamente consapevoli non solo della natura di quel rapporto, ma anche dell’appartenenza di quella famiglia alla criminalità organizzata calabrese. I responsabili degli uffici del Comune, su precisa indicazione, o meglio sarebbe dire imposizione del sindaco, hanno alterato la regolarità dei procedimenti arrivando a compromettere il buon andamento e, soprattutto, la correttezza e l’imparzialità delle decisioni dell’Amministrazione”. Punto due, se l’avvocato del sindaco Celeste basa la linea difensiva affermando che Sedriano storicamente non è un paese mafioso come possono invece esserlo altri comuni (e cita l’esempio di Trezzano, Corsico, Buccinasco), sulla relazione del Ministro dell’Interno Angelino Alfano al Presidente della Repubblica si legge che “le indagini condotte dai competenti organi investigativi hanno evidenziato le capacità delle organizzazioni criminali di insinuarsi anche in realtà territoriali storicamente non afflitte da fenomeni di stampo mafioso, intessendo legami d’interesse con operatori economici e con pubblici amministratori, i quali, per tornaconto elettorale o comunque personale, offrono disponibilità a concedere favori”.

Gli ispettori, che definiscono “personalistica, imparziale e irregolare” l’attività istituzionale di Alfredo Celeste, hanno riscontrato elementi di continuità tra l’amministrazione di centro destra da lui capitanata ed eletta nel 2009, e la precedente amministrazione di centro sinistra guidata dall’allora sindaco Enrico Rigo a partire dal 2004.

Non una parola di più, non una di meno: elementi di continuità legherebbero le due amministrazioni al medesimo risultato: comune infiltrato dalla mafia, successivo scioglimento. La ‘ndrangheta in Lombardia non coinvolge solo politici: mette mani negli uffici tecnici, scrigno prezioso per gli affari imprenditoriali delle cosche, riesce ad assoggettare al proprio gioco i Segretari Comunali, figure stabili e continue nei Palazzi Comunali che restano oltre alla singola legislatura e al di là del colore politico della maggioranza in carica, e a sottomettere i Presidenti del Consiglio Comunale, responsabili in prima persona dell’andamento dell’Amministrazione. Degli “elementi di continuità” fra le due Giunte presumibilmente si parlerà all’interno delle 300 pagine di relazione del Prefetto in cui il caso è più ampliamente trattato. Non resta che attendere. Certo è che forse questa potrebbe essere la chiave di lettura del moderatismo dell’opposizione consiliare di centro sinistra (ex Giunta Rigo) durante l’ultimo anno di vita politica sedrianese, dall’arresto del sindaco Celeste allo scioglimento del comune per mafia. Se gli scheletri nell’armadio ci sono, verranno presto fuori. Intanto il pm Alessandra Dolci della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano ha chiesto tre anni di sorveglianza speciale per l’ex sindaco Celeste definendolo persona socialmente pericolosa.

“Non avrei mai pensato di poter scrivere questo messaggio: sono libero”. Squilla il telefono, è arrivato un sms. A scriverlo è Silvio Marco Scalambra, accusato di essere collettore di voti, amico dell’ex sindaco Celeste e suo presunto corruttore.

Sabato 26 ottobre, ultimo sabato di clima mite per l’autunno sedrianese: il medico chirurgo Scalambra dopo sei mesi in carcere e altrettanti agli arresti domiciliari torna a piede libero. La prima cosa che fa è mandare un messaggio, uguale, identico, e lo inoltra ad ex assessori della Giunta Celeste, ex consiglieri di centro destra, persino a qualche funzionario comunale. Stesso messaggio uguale per tutti: “Non avrei mai pensato di poter scrivere questo messaggio: sono libero”. Sabato mattina 26 ottobre Scalambra era in giro per il paese: camminava, volto fiero, attraversando piazza Cavour, rendendosi visibile alla cittadinanza nel giorno del mercato. Camminava volto fiero nella piazza del paese che la congiunzione fra malaffare malapolitica e malavita hanno portato ad essere il primo comune lombardo sciolto per mafia. Il medico chirurgo, affidato da Celeste all’assessore all’urbanistica Linda Ghidoli col ruolo di “suggeritore”, è attualmente coinvolto nel processo mafia-politica e il prossimo 3 dicembre dovrà presentarsi davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare Andrea Ghinetti il quale valuterà la richiesta di rinvio a giudizio posta dal Pubblico Ministero. Ogni cittadino in Italia è innocente fino al terzo grado di giudizio: questo principio sancito dal codice giuridico è inviolabile. Però ci sono casi in cui determinate azioni conclamate non possono essere ignorate sin da prima di una sentenza. Rimane il beneficio del dubbio, ma fatti come il rapimento avvenuto a San Pietro all’Olmo a danni di un truffaldino venditore di diamanti falsi attuato, tra l’altri, da il presunto boss Eugenio Costantino, per il numero di persone coinvolte, intercettazioni e dichiarazioni raccolte sembra non lasciare spazio ad ulteriori letture: si tratta di un sequestro di persona, punto. E quando un Marco Tizzoni, candidato a Rho con lista civica, dice che Silvio Marco Scalambra gli ha offerto un pacchetto di voti provenienti dalle “lobby calabresi” e le intercettazioni telefoniche confermano, diventa difficile pensare che il medico chirurgo amico di Alfredo Celeste mandasse casualmente messaggini a candidati alle elezioni, sms in cui inconsapevolmente scriveva di voti disponibili provenienti da un certo tipo di settore. Stava forse sfruttando l’ultima vantaggiosa offerta telefonica? Può darsi. Della sua innocenza è sempre stata convinta la moglie, Silvia Stella Fagnani, consigliera comunale e capogruppo Pdl: dopo l’arresto del marito si era presentata nell’ambulatorio in cui esercita la professione di medico con un cartello al collo: “Mio marito è innocente”. Se voto di scambio c’è stato, se Silvio Marco Scalambra è come dice l’accusa un “collettore di voti della ‘ndrangheta”, sarà la magistratura a stabilirlo. In primo, secondo e terzo grado. Per il momento ci si accontenta di cogliere i segnali che, fra gesti grotteschi e fiere passeggiate, continuano ad arrivare.

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