Carlo Caponcello è Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia. Ha 56 anni, è nato ad Agrigento ma ha vissuto quasi sempre a Catania. In questa intervista ci racconta del suo lavoro tra Roma e L’Aquila, e ci dà anche il suo parere sul nuovo film di Pif.

Carlo CaponcelloQual è stato il suo percorso e qual è il suo ruolo come sostituto procuratore nazionale antimafia?
Il mio percorso inizia nel 1984 come sostituto procuratore a Marsala, ero uno dei sostituti procuratori di Borsellino. Poi, per 15 anni, sono stato sostituto procuratore della Repubblica a Catania e sono stato Giudice per 5 anni.
Dal 2009 lavoro a Roma, inizialmente con collegamento investigativo con la DDA di Reggio Calabria, ora sono collegato alla DDA di Catania. Tutti i sostituti procuratori hanno un collegamento distrettuale perciò si occupano principalmente del territorio dove sono stabili e di quello al quale sono collegati.
Mi occupo anche dei rapporti con l’autorità giudiziaria tedesca.
Da 3 anni insegno alla Scuola ispettori e sovrintendenti della Guardia di Finanza che ha sede a L’Aquila.

Lei lavora a Roma, come si inseriscono le organizzazioni criminali in questo territorio?
Inizialmente si pensava che gli investimenti della ‘Ndrangheta fossero concentrati fuori Roma, per esempio nel mercato agricolo di Fondi, invece sono stati fatti svariati investimenti in città, soprattutto nella ristorazione. In città è molto presente anche Cosa Nostra, ma la ‘Ndrangheta ha grossi investimenti in beni mobili ed immobili.

Parliamo de L’Aquila: sono stati fatti controlli sull’infiltrazione mafiosa nei lavori di ricostruzione?
Nelle gare d’appalto si sono presentate numerosissime imprese, anche quelle legate alla criminalità organizzata. Di qui una vasta serie di controlli e di iniziative da parte della Prefettura per arrivare ad eliminare dal mercato almeno le imprese più compromesse attraverso le interdittive antimafia.
Subito dopo il terremoto  è stato istituito il “Gruppo Interforze per il monitoraggio delle infrastrutture ed insediamenti industriali per la prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa” con lo scopo di verificare ed accertare l’eventuale coinvolgimento di imprese collegate ad organizzazioni criminali negli appalti, sub appalti e nelle altre attività connesse alla ricostruzione. Grazie al gruppo, nel 2011 sono stati eseguiti 9 accessi presso i cantieri di lavoro impegnati nella realizzazione di opere pubbliche, e 34 ispezioni nei cantieri destinati al recupero edilizio di immobili privati.

I ragazzi della Guardia di Finanza ai quali lei insegna si occupano anche di queste problematiche a L’Aquila?
Non mi risulta e d’altra parte esula dai compiti istituzionali

La tecnologia ha fatto enormi passi in avanti, e con lei i sistemi finanziari sono diventati rapidi e sofisticati. La criminalità organizzata è stata al passo coi tempi?
Negli ultimi anni si è passati da un processo ai soggetti all’attacco ai patrimoni. Questo è un elemento nuovo che genera sempre maggiori accertamenti.
Attaccare il patrimonio vuol dire attaccare l’anima dei mafiosi, colpirli al cuore, perché il loro scopo è quello di fare profitti.
C’è stata una trasformazione: con l’incremento dei patrimoni, la confisca dei beni è stato un salto di qualità dal punto di vista investigativo.
Le organizzazioni mafiose sono al passo con le nuove tecnologie: l’uso di internet, di telefonini non intercettabili, di nuovi mezzi di comunicazione non controllabili come per esempio Skype, fino a strumenti finanziari sofisticati. Abbiamo nell’immaginario comune Riina e Provenzano come boss ai quali non daremmo due lire in quanto a cultura, ma dietro le organizzazioni si nascondono consulenti preparatissimi, che possono essere affiliati all’organizzazioni o anche solo contigui.
Il traffico di droga, principale business della ‘Ndrangheta, porta tantissimo denaro che va pulito e investito.

Perché ha scelto questo mestiere? Prova mai paura?
Quando ho deciso di studiare Legge avevo deciso anche che non avrei fatto nulla di diverso dal Magistrato. Di motivazioni ne avrei mille ma non voglio cadere nella retorica.
Questa è un’attività che comporta dei rischi, dei quali si è consapevoli. Sarebbe illogico dire che non si ha paura, ma c’è anche la consapevolezza delle proprie azioni.

Che definizione darebbe di mafia?
La mafia ha subito delle trasformazioni, e così anche il concetto di mafia.
“La mafia è una associazione per delinquere, con fini di illecito arricchimento per i propri associati, che si pone come intermediazione parassitaria, e imposta con mezzi di violenza, tra la proprietà e il lavoro, tra la produzione e il consumo, tra il cittadino e lo Stato.” Cito Sciascia, che per me diede la definizione migliore in un articolo del Corriere della Sera del 1982.
La mafia è un’associazione per delinquere, è un cancro e al contempo antistato. E’ un freno all’economia e allo sviluppo.


Un commento sul film di Pif “La mafia uccide solo d’estate”?
Forse non si può ridere della mafia, ma contro sì. Con  toni scanzonati  e paradossalmente malinconici della  commedia si ripercorrono  vent’anni di sangue  e le storie di veri eroi;  questo tourbillon della memoria mette insieme stragi, eroi dell’antimafia, capi, capi dei capi, personaggi di fantasia e noi siciliani, per lasciarci, alla fine, consapevolmente commossi e tristi. Quanta indifferenza, quanta cecità, quanta volontaria ignoranza albergava nei cittadini.
Mi piace ricordare ciò che dice il protagonista alla fine del film : ”Quando sono diventato padre ho capito due cose: la prima è che avrei dovuto proteggere mio figlio dalla malvagità, la seconda è che avrei dovuto insegnargli a distinguerla.”
Molti oggi lo fanno.