di Filomena De Matteis
A giugno, prima dell’inizio dei mondiali 2014, il Ministero della Sicurezza argentino ha inviato un comunicato al governo brasiliano. Oggetto: i nomi dei 2100 tifosi “indesiderati” ai quali è negato l’ingresso agli stadi. I tifosi in questione compongono le barra bravas, ovvero gruppi di ultras violenti, nati nelle villas miserias (costruzioni simili alle favelas brasiliane) come supporto alle squadre di calcio. Sin dall’inizio le barra bravas hanno potuto godere di svariati privilegi, ad esempio viaggi gratuiti durante le trasferte delle squadre da loro sostenute. Tramite un crescente impiego della violenza questi gruppi hanno ottenuto sempre maggiori benefici, fino ad affermarsi come vere e proprie “piccole mafie” in grado di gestire traffici di droga, riciclaggio di denaro sporco e servizi di protezione ai calciatori, il tutto con la complicità della polizia. In particolare, a causa di quest’ultimo fattore, il fenomeno delle barra bravas si è sviluppato enormemente. Persino le cariche più alte delle associazioni calcistiche sembrano non poter nulla davanti a questo problema.
Ma come si è arrivati a questo punto? Alla base vi è un intreccio di violenza-denaro-potere: i membri delle barra bravas usano la violenza sia contro i tifosi delle squadre avversarie sia contro i calciatori o i vertici dei club calcistici ai quali sono affiliati, per ottenere maggiori vantaggi o per “stimolare” i giocatori a dare il massimo durante le partite; i soldi arrivano, invece, dalla vendita di gadgets e dei biglietti, dall’assegnazione dei parcheggi a pagamento e dalla protezione ai giocatori; il tutto con l’appoggio di agenti e politici corrotti. È, infatti, quest’ultimo fattore a rendere gli ultras argentini diversi da quelli europei: in Argentina i tifosi violenti fanno parte del sistema calcistico, arrivando a decidere persino dell’acquisto o della vendita dei giocatori e fanno capo ai politici corrotti di turno. Ne sono un esempio eclatante i barras della squadra Quilmes Atlético Club, sostenitori della dittatura militare (1976-1983) e in seguito dei governi democraticamente eletti che si fossero dimostrati pronti ad appoggiarli, indipendentemente dall’orientamento politico. Per i membri delle barras contano soltanto i soldi e di conseguenza il sostegno di chi gliene offre di più. I politici, a loro volta, ricorrono all’uso violento degli ultras in quanto vedono questi come una sorta di manodopera tramite la quale poter concludere rapidamente affari illegali. Non è dunque difficile comprendere come i capi delle barra bravas delle squadre più importanti, come ad esempio il River Plate, il Boca Juniors, il Rosario Central ed il Newell’s Old Boys, possano guadagnare cifre che si aggirano attorno agli 11mila Euro mensili. Inevitabilmente tutto ciò rende l’attività della tifoseria violenta appetibile. Il potere e il denaro, inoltre, innescano uno spirito di emulazione che crea ancora più violenza, sempre più difficile da fermare.
È necessario un intervento decisivo delle istituzioni per combattere un fenomeno come questo dove si assiste alla crescente collaborazione fra barras, poliziotti e politici, che gestiscono ingenti somme di denaro agendo nella più totale libertà e impunità. Nello specifico, le istituzioni argentine dovrebbero eliminare il potere che ha consentito agli ultras di affermarsi fino a diventare gruppi criminali organizzati sia all’interno sia all’esterno degli stadi. Purtroppo sino ad oggi le soluzioni a questo grave problema sembrano ancora lontane.