San Pellegrino Terme. Il Palasport, situato nel parco del Grand Hotel, richiama una folla da tutta la Val Brembana e non solo. È il decimo anno della “Festa della Pace”, organizzata dalla “Tavola della Pace valle brembana” e circolo “Don Andrea Gallo e Peppino Impastato” della valle, in collaborazione con Il Fatto Quotidiano. Una giornata di cultura, dibattiti, festa e memoria. Il tutto accompagnato dai banchetti delle varie associazioni che supportano l’evento, da Libera ad Emergency, da Amnesty International all’A.N.P.I., insieme a molte altre, e condito dai profumi e dagli aromi della cucina tipica bergamasca.
La giornata di domenica 21 settembre è strutturata in modo da toccare una vastità di tematiche con una serie di incontri in sequenza; senza però mai perdere il senso d’insieme, tanto che gli oratori presenti a ciascun dibattito potrebbero tranquillamente intervenire in molti altri. Fil rouge è la lotta per la pace e la legalità.
Si è cominciato poco dopo le 9 con un toccante confronto fra il pubblico, due partigiani, Pierina Vitali e Giuseppe Giupponi (detto “Fuì”), ed Adelmo Cervi, figlio di Aldo (uno dei sette fratelli Cervi, martiri della Resistenza), che ha ricondotto il pensiero agli orrori della guerra e agli albori della Repubblica; il tutto reso fluido dal giornalista de “il Fatto” Giampiero Calapà, in qualità di moderatore. Perché non si torni “mai più sulle montagne”.Sono poi seguiti gli altri incontri. Uno sulla “forza delle donne” e le violenze in carcere, moderato dalla giornalista Silvia d’Onghia, in cui si sono ripercorse le tragiche vicende di Stefano Cucchi e Rashid Assarag, grazie alla preziosa e toccante testimonianza di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e Domenica Ferrulli, moglie di Rashid, e grazie all’esperienza dell’avvocato Fabio Anselmo. Uno, moderato dal giornalista Loris Mazzetti, in ricordo di Don Andrea Gallo, grande amico della “Tavola della Pace”, con Giuliano Giuliani, padre di Carlo e due rappresentanti della comunità di San Benedetto al Porto di Genova, la storica amica di don Gallo Liliana “Lilli” Zaccarelli ed una ragazza, giovane membro della comunità. Un altro sul tema della pace e della forza della nonviolenza; con don Albino Bizzotto, fondatore dei Beati Costruttori di Pace e partecipante alla “marcia dei 500” a Sarajevo nel 1992, Egidia Beretta, madre di Vittorio Arrigoni, ed Amico Dolci, figlio di Danilo Dolci. Infine, prima dell’omaggio a Fabrizio De André a cura del gruppo musicale degli “Ottocento”, c’è stato un dibattito con Antonio Padellaro de Il Fatto Quotidiano sull’informazione oggi.
All’interno di questa giornata vi è stato però anche un importante incontro sui temi della criminalità organizzata, intitolato “Peppino è vivo e lotta insieme a noi”. Ospiti erano il Saverio Masi, caposcorta del giudice Di Matteo e maresciallo dei carabinieri, e Giovanni Impastato, fratello di Peppino. Moderatore d’eccezione era Nando dalla Chiesa, professore all’Università Statale di Milano, scrittore e presidente onorario di Libera, qui in veste di giornalista de “Il Fatto”. Avrebbe dovuto esserci anche Salvatore Borsellino, ma causa problemi familiari non ha potuto partecipare all’evento. Vi erano però i membri del “suo” Movimento delle Agende Rosse, sempre presenti nel supportare coloro che sono servitori dello stato nella lotta alle organizzazioni criminali.
In apertura Masi ha letto un suo comunicato, in quanto impossibilitato a rispondere a domande dirette per via della sua posizione di testimone d’accusa nel processo sulla Trattativa tra lo stato e la Mafia. Il suo intervento ha inizialmente richiamato l’attenzione sul fatto che cresce tra i giovani l’impegno per la legalità e la lotta alla mafia e che inoltre essi hanno <risposto con la cultura dell’informazione a chi voleva negar loro l’evidenza di una verità ormai sotto gli occhi di tutti> , interrompendo <un meccanismo perverso messo in atto negli ultimi decenni da compromessi e logiche massoniche>. Giovani che, insieme con la “parte migliore” dei cittadini, cercano di fare breccia e far crollare il muro di isolamento cui ancora oggi, come vent’anni fa, sono costretti i magistrati del Pool che si occupa delle collusioni fra politica e mafia. <Un silenzio ed un isolamento che mai avrebbe potuto avere inizio se fossero ancora in vita i nostri Peppino Impastato, Giuseppe Fava, Mauro Rostagno e tanti altri>. Quindi ha riportato le menti del pubblico ai fatti dell’attualità, come la minaccia recapitata a Roberto Scarpinato nel suo ufficio della Procura di Palermo, in cui appare più che legittimo pensareche dietro questa lunghissima scia di minacce ci sia qualcun altro rispetto ai mafiosi, che non avrebbero nulla da guadagnarci. <Qualcuno che teme fortemente che altre indicibili verità vengano a galla e che quello che Falcone definì “il gioco grande del potere” venga alla fine completamente scoperto>; e le persone comuni, i cittadini, non possono rimanere indifferenti di fronte a ciò che sta accadendo, <perché la nostra indifferenza ha ucciso insieme al tritolo>. Infine si è fatto portavoce di un appello lanciato dai giovani delle scuole: “I politici non facciano finta di non capire che la lotta alla mafia ed alla corruzione politica sono due facce della stessa medaglia”.
Il dibattito è poi continuato collegando i depistaggi e le insidie di oggi con quelle di ieri; richiamando, in un confronto fra il professor dalla Chiesa e Giovanni Impastato, il caso di Peppino e le difficoltà della sua famiglia e dei suoi amici per arrivare alla verità. Si è quindi passato a parlare di quel ragazzo di Cinisi ucciso nel 1978 che combatteva la mafia con determinazione ed ironia e della grande figura che è stata la madre Felicia Bartolotta, donna che ha deciso di ribellarsi con coraggio ai dettami dell’omertà e all’imposizione del silenzio cui la sua cultura e il marito la volevano obbligare, appoggiando il figlio come meglio poté (un invito a tutti di visitare Casa Memoria a Cinisi).
In questo incontro l’analisi del disfacimento morale dell’Italia si è intrecciata e scontrata con la volontà di perseguire un concetto di legalità che è rispetto della dignità dell’uomo. Ricavandone delle serie opzioni riguardo ciò che ciascuno potrebbe fare, diffondendo questa idea e non rimanendo indifferenti, non rassegnandosi all’illegalità diffusa nella cultura di oggi, alla sopraffazione che pervade ogni sfera, anche quella quotidiana.
E tutto ciò si deve fare interrogandosi spesso sui fatti che accadono, anche quelli che appaiono i più secondari, come il fatto che il boss Provenzano venne arrestato in una notte in cui l’Italia era senza un governo; perché solo analizzandoli con attenzione, conoscenza e coscienza si potrà giungere alla verità, una verità che potrà anche non essere quella giudiziaria, ma sarà verosimilmente quella storica.