Recensione del film “La Trattativa” di Sabina Guzzanti
Amareggiato. Questo è probabilmente il sentimento predominante dello spettatore che ha appena terminato di vedere “La Trattativa”. E forse qualcosa di più. Un sentimento che varia dall’indignato, all’infuriato, allo sconvolto. Sembrerebbe la trama di un perfetto film di spionaggio, se non si sapesse che sono fatti accaduti davvero, se non fossero presenti, nella docu-fiction di Sabina Guzzanti, interviste a personaggi autorevoli e decisamente attendibili.
Il film è ben condotto seguendo registri diversi: il dialogo diretto col pubblico in sala, le interviste, la ricostruzione delle storie come se fossero un documentario e la trovata, particolarmente brillante, di inscenare parte del film come se fosse uno spettacolo teatrale, compreso di “dietro le quinte”. L’idea è azzeccata e tiene lo spettatore incollato alla poltrona.
La storia raccontata prende in considerazione i primi anni Novanta (dal ’91 al ’94), periodo in cui avvenne quella che è appunto conosciuta come “la trattativa”, cioè il “do ut des” intavolato fra parte delle istituzioni dello Stato italiano e la mafia siciliana, per far cessare le stragi volute da Totò Riina; giungendo fino all’incirca all’avvento di Forza Italia sulla scena politica. Una strategia stragista che nella mente del boss di Cosa Nostra era funzionale tanto a punire i propri vecchi referenti politici, incapaci di adempiere pienamente agli impegni presi, quanto ad intimidire le nuove forze politico-istituzionali sorte dopo Tangentopoli. L’intreccio temporale toccato è però molto più ampio e spazia dai momenti dell’infanzia del boss Provenzano, quando conobbe quasi per caso Vito Ciancimino, all’avvento sulla scena imprenditoriale di Silvio Berlusconi, compreso dell’aiuto fornitogli da Marcello Dell’Utri, fino a praticamente i giorni nostri, in cui il processo in corso su questi fatti continua a dare nuovi spunti d’interesse.
Seguendo una ricostruzione basata talvolta sui processi, talvolta sulle dichiarazioni dei pentiti, inserendovi delle interviste dirette o simulate, stralci di verbali e altre accortezze, il film dà un quadro discreto di ciò che avvenne nel periodo di passaggio fra le cosiddette Prima e Seconda Repubblica e della situazione odierna; raccontando invece brillantemente episodi e vicende, che avvennero negli anni della Trattativa e non solo, molto spesso sconosciute ai più.
Certamente le esigenze cinematografiche non permettono di esporre un’analisi completa in tutte le sue sfumature e sfaccettature. E inoltre l’inserimento di alcune “note comiche” potrebbero dare fastidio a qualcuno, trattandosi di temi tanto delicati ed importanti; anche se non stonano e danno una pausa all’incalzante ritmo degli avvenimenti, delle vicende e dei dati che sono narrati (tanto che ci vorrebbe la possibilità di prendere alcuni appunti).
Insomma è un film che può servire molto per esporre i fatti a coloro che non hanno tempo e voglia di leggersi libri o pagine di documenti e che non conoscono la storia nei suoi dettagli. Restando consci del fatto che, purtroppo, ciò che avvenne e le logiche connessioni tra i fatti non possono sempre essere provate nei processi, creando un discrimine fra ciò che è verità giudiziaria e ciò che è verità storica.