di Nando dalla Chiesa

Saverio Francesco Romano, ministro dell’agricoltura, ci ha plasticamente spiegato perché quando si parla di mafia bisogna prima di tutto conoscerne la cultura e l’antropologia. Solo poi ci si può mettere a fare gli investigatori o mandare a memoria l’elenco delle collusioni per fare bella figura nei dibattiti. Ma poi, appunto. Perché se, in velo di ignoranza, qualcuno un giorno mi avesse detto che circola in Italia un tipo che sostiene che è meglio essere accusati di mafia che avere le corna, avrei commentato che il tipo in questione è un mafioso fatto e finito. E che non ho bisogno di sapere null’altro su di lui. Spirito padrone, maschilismo, disprezzo per le leggi e per la reputazione fondata sul rispetto delle leggi, tracotanza e braveria. Che altro? Ora però non siamo più in velo di ignoranza. Ora qualcuno con nome e cognome (Saverio Francesco Romano, appunto) quella frase l’ha effettivamente detta. E io non posso più dire quel che innocentemente ne penso. Però mi fa piacere che il parlamento abbia autorizzato, nei suoi confronti, l’uso delle intercettazioni telefoniche. Chissà che non gli siano scappati pure qualche ‘sbirro’ e qualche ‘cornuto’ (perché sbirro e cornuto nella cultura mafiosa vanno insieme). Vedete a che servono i ministri? A ricordarci che la cronaca non basta. E che prima di tutto bisogna studiare. Meno male che ci sono loro.

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