Al via il primo corso di Alta Formazione per Amministratori giudiziari di Aziende e Beni Sequestrati e Confiscati.
Il 18 Ottobre, presso l’Università Cattolica di Milano, si è tenuta la tavola rotonda inaugurale della prima edizione del Corso di Alta Formazione per Amministratori Giudiziari di Aziende e Beni Sequestrati e Confiscati. Il convegno – dedicato a Marco Arnone, economista e docente di Economia e Finanza dei Mercati Emergenti presso l’Università del Piemonte Orientale oltre che Direttore del Centre for Macroeconomics and Finance Research – ha posto l’attenzione sull’infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico del Nord Italia e ha visto la partecipazione dei “maggiori protagonisti istituzionali, interessati al buon andamento della giustizia”, così come li ha definiti Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano, nei suoi saluti introduttivi. Alla tavola hanno infatti, partecipato Edmondo Bruti Liberati (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano), Giuseppe Caruso (Direttore dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata), Piero Grasso (Procuratore Nazionale Antimafia), Michele Grillo (ordinario di Economia Politica presso l’università Cattolica del Sacro Cuore), Lucia Lotti (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Gela) e Giuliana Merola (Presidente della Sezione Autonoma Misure di Prevenzione presso il Tribunale di Milano). Assenti, invece, il celebre magistrato Ilda Boccassini e il Prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi.
Durante l’incontro tutti i relatori si sono mostrati concordi sull’utilità del sequestro e della confisca dei beni come strumenti di deterrenza nella lotta alla criminalità organizzata. La ridistribuzione degli immobili a fini sociali e la monetizzazione di quanto viene sequestrato, non solo spezzano quel circuito perverso che porta le organizzazioni di stampo mafioso ad entrare nei mercati, ma soprattutto colpisce l’autorevolezza e la credibilità del mafioso. Lo stesso Gabrio Forti (Preside della Facoltà di Giurisprudenza), presentando il corso, all’apertura del convegno, ha indicato come missione principale degli amministratori giudiziari la legalità “profittevole”, ovvero la restituzione alla comunità e alle normali dinamiche di mercato dei beni provenienti dalle attività illecite mafiose. La complessità del ruolo dell’amministratore giudiziario è però segnalata da Giuseppe Caruso, il quale ricorda sia le insufficienti risorse finanziarie e personali a disposizione dell’Agenzia Nazionale, sia le difficoltà nel volgere produttivo ciò che con metodi mafiosi era in attivo: “Rimettere nella legalità aziende che servivano come lavanderie di riciclaggio sporco o imprese che non hanno mai pagato i contributi non è compito facile – spiega il Direttore – soprattutto quando la gestione viene resa ancora più complessa dalle banche che chiudono direttamente le linee di credito o che impediscono l’assegnazione degli immobili a cause delle ipoteche concesse dai loro stessi funzionari a uomini legati alla cosche”.
L’agevolazione dei crediti a personaggi torbidi non può, da sola, spiegare la superiorità economica della mafia; le organizzazioni criminali, infatti, attraverso l’uso della violenza, scoraggiano la concorrenza e creano oligopoli o monopoli settoriali, inquinando e alterando in questo modo l’intera economia legale. E’ lo stesso Piero Grasso che spiega cosa significa tutto ciò per un paese: “l’infiltrazione della criminalità organizzata nel tessuto economico ha dei costi economici in termini di spese addizionali alle tasse per cittadini e imprese, e costi sociali in termini di deterioramento dei valori etici e di fuga del capitale sociale”. A questo va poi aggiunto il capitale sociale vero e proprio dell’universo mafioso, ovvero l’insieme di tutte le relazioni esterne, come ricorda Edmondo Bruti Liberati: “Non sempre è il sodalizio mafioso che entra nella società civile. A volte pezzi della società cercano di utilizzare l’organizzazione mafiosa”.
In una società dove il potere del denaro è sempre più importante, la resistenza all’intimidazione ambientale diventa sempre più un’eccezione. Oggi, per di più, come dimostrano le ultime indagini, uomini appartenenti alle istituzioni si rivolgono ad affiliati o a membri vicini ai clan, per ottenere vantaggi personali. La corruzione, come ha spiegato Grasso, “è sempre più collegata con la criminalità organizzata soprattutto nei territori diversi da quelli di origine delle mafie. Colpire la criminalità economica significa riportare ad equità le divisioni del nostro Paese, che non sono più tra Nord e Sud, ma tra tartassati e furbetti”. E proprio in merito al problema della corruzione, il Procuratore plaude all’azione del governo: “dal punto di vista politico la legge anticorruzione è un risultato eccezionale anche se dal punto di vista tecnico mancano molte cose, come la reintroduzione del falso in bilancio o il voto di scambio”.
In una regione come la Lombardia (terza regione in Italia per numero di aziende confiscate di ogni settore e di ogni natura giuridica, dopo Sicilia e Campania), è dunque indispensabile intraprendere e intensificare l’attività di contrasto alla criminalità organizzata, ma è altrettanto necessario avviare un percorso di educazione e condivisione della legalità, non solo nelle scuole ma anche tra commercianti, imprenditori, professionisti e la classe dirigente tutta.
La firma del protocollo di intesa tra Università Cattolica e l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata può essere un primo passo di condivisione della legalità, auspicandosi che proprio dall’università si formi una migliore e qualificata classe dirigente futura.