A Milano, tre giorni di legalità presso i beni confiscati alle associazioni di stampo mafioso.
di Carmela Racioppi
Venerdì 9 novembre, nell’aula consiliare di Palazzo Marino, si è tenuta la conferenza inaugurale del Festival dei beni confiscati. Sono intervenuti: Pierfrancesco Majorino (assessore alle Politiche Sociali), Basilio Rizzo (Presidente del Consiglio Comunale), Piero Grasso (Procuratore Nazionale Antimafia), Livia Pomodoro (Presidente del Tribunale di Milano), il professore Nando dalla Chiesa e Barbara Sorrentini di Radio Popolare. Tutti i relatori hanno espresso il loro entusiasmo per questo Festival che celebra la cultura della legalità e l’impegno di quanti credono nella lotta alla mafia.
L’obiettivo è quello di riaprire ai cittadini i luoghi confiscati, in cui al posto delle attività della mafia sorgono attività culturali e sociali. Essi diventano così, importanti “giacimenti di legalità”, come ha sostenuto l’assessore Majorino nel suo discorso iniziale.
È il primo vero Festival in una grande città come Milano, in cui fino a poco tempo fa si negava la presenza della mafia. Lo ricorda lo stesso slogan della rassegna creato da alcuni degli studenti del laboratorio di arti visive nato dalla sinergia tra la facoltà di Scienze Politiche della Statale NABA: «La Mafia non esiste, firmato la Mafia». La Lombardia, come ricorda il procuratore Piero Grasso, è una delle regioni più contaminate dalla presenza mafiosa; si trova al quinto posto per beni immobili confiscati e al terzo per le aziende. La mafia, votata al mito del denaro e del successo, riesce ad infiltrarsi nelle imprese legali assoggettando i proprietari e divulgando valori negativi. Proprio in un simile contesto un Festival di questo genere assume un’importanza cruciale e un valore etico elevato. Un percorso positivo e di speranza che conduce a una piena consapevolezza della presenza mafiosa e all’impegno civile. Non solo la magistratura, ma anche e soprattutto l’intera società deve impegnarsi nel contrasto al crimine organizzato. I cittadini, come veri protagonisti, devono riacquistare ciò che la mafia ha strappato loro con la violenza e con il fine del profitto, trasformando così un sistema mafioso in un sistema virtuoso. La stessa libertà, afferma Livia Pomodoro, è in pericolo quando ad agire è la criminalità organizzata; bisogna riacquistare una libertà bella e onesta. Tutti hanno il dovere di denunciare la violenza criminale e produrre valori antitetici alla mafia.
Il Festival riconsegna i beni alla cittadinanza milanese non come trofei di guerra ma come un segno tangibile di impegno sociale, civile e culturale. Proprio nelle attività dei cantieri, dei locali, dei ristoranti e delle pizzerie vi è la chiave di tutto. Questa è la presenza della mafia, dice dalla Chiesa, che deve essere contrastata. I beni confiscati sono immobili che segnano una presenza della mafia nell’intera città, dal centro all’estrema periferia. La rassegna costituisce un punto di inizio e di arrivo.