Correva l’anno 1996. Una bella serata estiva faceva da cornice ad un matrimonio siciliano in grande stile. Intorno a metà della cerimonia, subito dopo il taglio della torta nuziale, un giovane avvocato agrigentino di venticinque anni, da poco eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, si fece largo tra la folla che intonava “che onore, che onore”, raggiunse gli sposi portando con sé un pacco regalo, si complimentò con loro, visibilmente emozionati, per poi abbracciare e baciare il padre della sposa. Omettendo i nomi propri dei protagonisti, sembrerebbe il racconto classico di un matrimonio a cui partecipò un giovane politico. Ma non fu questo il caso. Il neoeletto deputato, grazie alle nove mila preferenze in provincia, è l’attuale Ministro degli Interni Angelino Alfano, all’epoca pupillo di Gianfranco Miccichè (colui che disse “Aeroporto Falcone Borsellino? Un errore”) e nuovo politico di spicco di Forza Italia in regione Sicilia. Il padre della sposa, invece, era Croce Napoli, capomafia di Palma di Montechiaro, deceduto nel 2001.
Il quotidiano La Repubblica, nel 2002, chiese spiegazioni di questo matrimonio ad Alfano, il quale occupava una poltrona alla Camera dei Deputati nella XIV legislatura. «Io non ho mai partecipato a matrimoni di mafiosi o dei loro figli, non conosco la sposa, Gabriella, né ho mai sentito parlare del signor Croce Napoli che lei mi dice essere stato capomafia di Palma di Montechiaro» rispose seccato il giovane avvocato, aggiungendo poi, con tono sicuro, «non ho nessuna memoria o ricordo di questo matrimonio, attenti a pubblicare notizie del genere». In seguito, a fronte della prova documentata della sua presenza alla cerimonia, affermò di essere stato effettivamente a quel matrimonio ma si difese dicendo che aveva ricevuto l’invito dallo sposo, non conoscendo in nessun modo la famiglia della sposa.
Una spiegazione nient’affatto convincente. Soprattutto alla luce delle immagini e del video che lo riprese mentre sorrideva, scherzava e festeggiava il lieto evento a tu per tu con il boss del paese. Sicuramente non fu il primo che venne colto in atteggiamenti compiacenti con ‘uomini d’onore’. Alfano è in buona compagnia. Il collaboratore di giustizia Balduccio Di Maggio raccontò ai magistrati di un presunto bacio tra l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti (morto il 6 maggio scorso) e il capomafia Totò Riina nel settembre 1987. “Sono assolutamente certo di aver riconosciuto Giulio Andreotti, perché l’ho visto diverse volte in televisione. Ho interpretato il bacio che si scambiarono Andreotti e Riina a come un gesto di rispetto”, confessò Di Maggio agli inquirenti di Palermo. Testimonianze (quelle di Balduccio Di Maggio) che vennero rigettate dalla Corte di Appello durante il processo di secondo grado che vedeva imputato il sette volte Capo del Consiglio Giulio Andreotti per associazione mafiosa. Il 15 ottobre 2004 la Suprema Corte di Cassazione confermò la prescrizione per associazione a delinquere fino al 1980 e assolse l’ex leader Dc, nominato Senatore a vita il 1 giugno 1991, per il reato di associazione mafiosa dal 1980 in poi.
E ancora la partecipazione dell’ex Ministro Calogero Mannino alle nozze del figlio del boss Leonardo Caruana, anche lui agrigentino. In quell’ occasione Mannino si difese sostenendo di avere partecipato a quel matrimonio su invito della sposa, di cui fu testimone, e non dello sposo (Caruana) che non conosceva. Episodio questo, al centro del processo contro il leader Dc, il quale ne uscì assolto una decina d’anni fa. Nessuno, infatti, vuole denunciare un’eventuale rilevanza penale di questi pericolosi incontri. Ma certo una rilevanza morale di azioni simili. Si gradirebbe solo sapere la verità o comunque ricevere delle risposte serie ad elementari quesiti che qualsiasi cittadino, dotato di senso critico, potrebbe porsi.
Finito l’excursus, torniamo ad Alfano. È possibile che un giovane avvocato agrigentino, appena nominato deputato della Regione Sicilia, non sappia chi sia, almeno di nome e di faccia, il boss del paese? E perché solo di fronte alla prova filmata Alfano ricordò di essere stato presente a quel matrimonio? In paesi e piccoli comuni, dove tutti sanno tutto di tutti e dove regna il silenzio e il “farsi gli affari propri”, risulta difficile credere che un giovane politico del luogo non sapesse chi fosse veramente Croce Napoli. Tuttavia, di questo incontro e di questo bacio non parla più nessuno da quell’ormai lontano 2002. Nemmeno adesso che Angelino Alfano è diventato Ministro degli Interni, ricoprendo inoltre la carica vice-Presidente del Consiglio. E non se ne parlò nemmeno nel 2008 quando venne nominato Ministro della Giustizia nel terzo governo Berlusconi.
Colpisce, infine, nel discorso di insediamento dell’attuale governo presieduto da Enrico Letta, la totale mancanza della parola mafia e dell’auspicata volontà alla lotta a quest’ultima. “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”, diceva Paolo Borsellino. Proprio in un periodo di crisi, in cui l’unica ‘azienda’ che può creare e comprare imprese (riciclando in tal senso denaro sporco derivante dai traffici illeciti) è la criminalità organizzata, non sarebbe forse il caso che la lotta alla mafia diventasse per la prima volta una priorità in questo paese? O forse il bacio pericoloso di Alfano vuole dire veramente qualcosa?