di Tea Maistro
A Sorbolo Mezzani, in provincia di Parma, beni sottratti alla ‘Ndrangheta sono stati destinati all’accoglienza dei profughi ucraini. Si tratta di cinque appartamenti e cinque autorimesse confiscate nell’ambito del processo Aemilia. Il sindaco Nicola Cesari si è detto felice di ospitare i rifugiati ucraini per dare un aiuto concreto durante l’emergenza umanitaria causata dalla guerra di Putin contro l’Ucraina. Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, saranno circa 4 milioni gli sfollati e il Comune di Sorbolo Mezzani vuole cominciare a rendersi utile.
I beni in questione erano già stati messi a disposizione dei bisognosi a seguito della crisi generata dalla pandemia. Molte famiglie, infatti, non erano state in grado di pagare l’affitto e, per offrire aiuto, il sindaco aveva deciso di dar loro ospitalità negli appartamenti confiscati alla ‘Ndrangheta. Cesari si dice molto fiero della solidarietà dimostrata dalla comunità di Sorbolo Mezzani.
Sino al momento dell’introduzione della legge 109/1996 (Legge Libera confluita nel cosiddetto Codice Antimafia tramite il decreto legislativo 159/2011), si era stabilito che lo Stato avrebbe potuto vendere sul mercato i beni confiscati alle mafie. Attraverso la vendita però, tali beni erano risultati soggetti a due rischi: primo fra tutti la possibilità che, tramite terzi, il bene confiscato ritornasse a far parte del patrimonio delle mafie. Inoltre, accadeva che pochi attori non legati al crimine organizzato prendessero in considerazione la possibilità di concorrere per l’acquisto del bene, per timore di ripercussioni da parte della mafia. Così, nel 1996, si è optato per fare in modo che i beni confiscati diventassero parte del patrimonio dello Stato e fossero destinati ad un uso sociale. Alla base di questa legge c’è l’idea di restituire il maltolto alle società che sono state danneggiate dal crimine organizzato: la comunità deve riappropriarsi di ciò che la mafia le ha sottratto. Il bene confiscato, dunque, deve essere inteso come avamposto della legalità, un baluardo dell’antimafia.
Quale miglior modo, allora, per rendere concreto ed effettivo lo spirito che ha dato vita alla “Legge Libera” se non mettendo a disposizione dei bisogni delle comunità i beni sottratti? E quale miglior esempio di quello offerto dagli abitanti Sorbolo Mezzani, che utilizzano i beni confiscati per offrire aiuto a chi vive o approda nel loro territorio? Si tratta di un modo per non rendere vane le prescrizioni della legge, che sono necessarie ma non sufficienti, affinché si sviluppi davvero il senso di legalità a cui la legge auspica. Infatti, non è possibile demandare esclusivamente al legislatore la messa in pratica di quelle attività che, per essere realizzate, necessitano del contributo concreto di ogni uomo.
Sarebbe opportuno, perciò, porre l’accento sul fatto che l’episodio di Sorbolo Mezzani rappresenta un caso unico del panorama italiano attuale, nonostante i beni confiscati alle mafie siano molti. Sarebbe auspicabile, perciò, che l’Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati e Sequestrati alle mafie e, più in generale, chi gestisce tali beni, assuma un atteggiamento proattivo affinché questi ultimi siano veramente utili ai più bisognosi, in un periodo storico in cui se ne avverte la necessità in maniera molto forte. Si auspica che i simboli del potere criminale, dell’odio e della violenza diventino semi che permettano il germogliare della fratellanza fra popoli e della speranza: simboli della violenza che possano offrire riparo dalla violenza.