Come migliorare la gestione dei beni confiscati alle organizzazione mafiose? Questo il tema di fondo della relazione presentata dal senatore Franco Mirabelli alla Commissione Parlamentare Antimafia sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati alla criminalità organizzata. Il testo, approvato all’unanimità, pone l’accento sulla necessità di una revisione delle misure legislative oggi attive al fine di introdurre un modello di prevenzione e contrasto patrimoniale ancora più organizzato ed efficiente. Il riutilizzo dei beni sottratti al controllo dei gruppi criminali, recita la relazione, ha in sé un valore simbolico estremamente forte e rappresenta una concreta opportunità di creare lavoro e sviluppo, per questo risulta fondamentale sopperire alle carenze e alle difficoltà riscontrate nel corso degli anni poiché la lotta alla mafia non è solo una questione di ordine pubblico, ma anche politica, sociale e culturale.
Ripercorrendo il quadro normativo europeo e nazionale, la relazione della Commissione rileva le criticità emerse sul sistema di gestione dei beni confiscati e propone delle modifiche urgenti, sottolineando come sia essenziale al contempo rafforzare l’immagine di uno Stato che garantisca i livelli occupazionali. Tra le varie proposte di riforma emerge l’assoluta necessità di una completa riorganizzazione dell’Agenzia nazionale a cui affidare un ruolo prezioso. Per tale organo, istituito già dal 2010 con il compito di gestire l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati, la Commissione Antimafia propone importanti novità. Secondo la Commissione, l’Agenzia dovrebbe dotarsi della competenza esclusiva dopo la definitività della confisca, di una interlocuzione continua tra tutti i propri rappresentanti e di strumenti di comunicazione informatica che facilitino le collaborazioni tra gli amministratori giudiziari e le possibilità di “fare rete” per le diverse imprese sequestrate. L’Agenzia dovrebbe privilegiare, nella selezione del proprio personale, le figure professionali con competenze economiche e gestionali e in questa ottica essere sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, spostando così la sua sede principale da Reggio Calabria a Roma. Inoltre la Commissione propone l’introduzione dell’istituto del controllo giudiziario come nuova misura di prevenzione patrimoniale che determinerebbe una portata innovativa di straordinario valore perché potrebbe essere richiesto dallo stesso imprenditore che intenda cooperare con lo Stato per liberarsi dal giogo mafioso.
Stesse questioni sono state affrontate e discusse durante il seminario “La frontiera dell’antimafia. Come e con chi gestire le aziende confiscate” tenutosi mercoledì 16 presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Milano. L’incontro, a cui hanno preso parte alcuni dei rappresentanti delle associazioni impegnate sul tema dei beni confiscati, ha tentato di avanzare proposte innovative per la conduzione delle imprese sequestrate. Comune è stato l’intento di creare una rete tra tutte le aziende per facilitare la cooperazione e l’assoluta necessità di salvare l’economia legale. Antonio Calabrò, membro del comitato di Presidenza di Assolombarda, ha sottolineato l’importanza di proteggere l’azienda confiscata cercando di reinserirla nel circuito dell’economia sana, introducendo sin dall’inizio del sequestro un approccio del tutto innovativo. A ciò si è unita la voce di Marella Caramazza, direttrice della Fondazione Istud (prima Business School indipendente in Italia), che si è soffermata sull’indispensabile ruolo dell’Agenzia nazionale, la quale oltre a garantire la correttezza delle procedure, dovrebbe tradursi in una cabina di regia e un attivatore di risorse. Mentre Stefania Pellegrini, docente dell’Università di Bologna e direttrice del Master Pio La Torre per la Gestione e il Riutilizzo dei Beni Confiscati, ha tratteggiato un volto nuovo per l’amministratore giudiziario (l’albo degli amministratori giudiziari è stato istituito con un decreto legge nel 2010). L’amministratore, ha affermato la Pellegrini, dovrà rivelarsi quale figura competente e dinamica svolgendo un ruolo attivo e mostrando una piena conoscenza del territorio in cui è collocata l’azienda confiscata alle mafie. Altri interventi, come quello del professor Ernesto Ugo Savona del centro di ricerca Transcrime e di Michele Polo, docente dell’Università Bocconi, hanno, invece, spostato l’attenzione sul problema della riconoscibilità delle aziende soggette a infiltrazione, sulla mancanza di fondi a disposizione e di progetti soddisfacenti e sulla priorità di rafforzare le imprese che hanno tentato di opporsi alle intimidazioni mafiose.
La gestione dei beni confiscati simboleggia un tema delicato che richiede una particolare attenzione e un nuovo livello di riflessione. Le aziende, gli appartamenti e gli appezzamenti di terra sequestrati rappresentano una fondamentale risorsa per l’intera collettività. È necessario, pertanto, individuare professionisti non solo capaci e competenti, ma anche onesti e corretti che restituiscano alla società beni da poter riutilizzare e che siano una chiara dimostrazione del successo della legalità contro il mondo sommerso.