Ore 11:00, Aula Bunker di via Ucelli di Nemi. E’ tutto pronto. Con circa un’ora e mezza di ritardo rispetto all’orario indicato, Milano si appresta ad ospitare la prima delle tre udienze del proceso sulla trattativa Stato-mafia. Qualche problema tecnico ha costretto la settantina di cittadini presenti a rimanere in attesa all’esterno dell’aula in un sottofondo di commenti ironici di chi diceva che a Palermo, con i suoi 7-8 gradi in più rispetto al capoluogo lombardo, l’attesa è sicuramente meno snervante. La temperatura milanese si aggira infatti attorno agli zero gradi ma a riscladare l’aria ci pensa il calore delle stesse persone in fila. Giovani e meno giovani accomunati da un grande senso civico e da un’immensa voglia di verità. C’è anche un presidio in favore di Nino Di Matteo, e uno striscione che recita “Milano sta con Di Matteo” per esprimere al pm palermitano, a cui è stato consigliato di non partecipare alla trasferta milanese a causa delle minacce del boss Salvatore Riina, la massima solidarietà. “Io a questi magistrati voglio davvero bene. Non li conosco personalmente, non sono miei familiari, ma provo per loro un affetto così grande che ogni volta che posso raggiungo Palermo, e in questo caso Milano, per stare il più possibile vicina a loro, per far vedere che noi siamo con loro”. Questo il commento di una donna che riassume il pensiero comune di chi questa mattina ha voluto portare il sostegno al pool di magistrati. Dopo circa un’ora di coda e controlli – “ci siamo trovati impreparati, non ci aspettavamo così tante persone” ha confessato un poliziotto – finalmente si entra. Viene chiamato in aula il protagonista di questa udienza, il pentito Giovanni Brusca, prontamente accompagnato dietro ad un paravento dalle guardie giudiziarie. L’interrogatorio può cominciare, il pm Teresi è il primo a sottoporre le sue domande all’ex braccio destro di Riina. Per prima cosa Teresi fa raccontare al pentito i suoi inizi con Cosa Nostra, a partire dal rito di affiliazione, una sorta di “patto di sangue” a cui ogni mafioso deve sottoporsi a giuramento. Brusca racconta poi i rapporti tra mafia e imprenditoria palermitana prima e tra mafia e politica poi. Salvo Lima e Vito Ciancimino i principali esponenti politici che facevano riferimento a Giulio Andreotti e che avevano rapporti con i clan intermediati da Angelo Siino. Proprio Lima è, secondo le parole del pentito, uno dei motivi che ha portato all’uccisione del magistrato Rocco Chinnici, il quale aveva iniziato ad indagare sui cugini Nino ed Ignazio Salvo, per questo si temeva potesse arrivare al politico della Democrazia Cristiana. Brusca risponde sempre con prontezza, ha un tono sicuro, deciso, che improvvisamente si ‘intenerisce’ fino a commuoversi. “Dottore, lei così mi mette in difficoltà”, dice addirittura Brusca a Teresi, quando il magistrato gli chiede di parlare del suo incontro con Rita Borsellino – “Persona che ringrazierò per sempre” – e dei motivi che l’hanno spinto a collaborare. Dopo una pausa di circa un’ora, l’udienza riprende con il pm Tartaglia che chiede al testimone di parlare del post strage di Capaci e in particolare dei rapporti che intrecciavano lui, Riina e i pezzi dello stato, i quali dopo l’uccisione di Falcone “Si sono fatti sotto”, secondo le parole del capo dei capi.
L’interogatorio proseguirà domani, 12 dicembre, con la seconda delle tre udienze milanesi in programma all’Aula Bunker di via Ucelli di Nemi.