di Nando dalla Chiesa

Il mondo del diritto, il mondo dei diritti, saluta Valerio Onida. È giusto ricordare ai lettori di “Stampo antimafioso”, specie ai più giovani, questo giurista integerrimo e di profonda cultura. Onida ha dato ai suoi allievi dell’Università degli Studi di Milano, e ai molti altri avuti in tanti ambiti di impegno, la consapevolezza del rigore morale e al tempo stesso della mitezza con cui va amministrato il diritto. Severità di obblighi per i sacerdoti della legge, comprensione e opportunità di riscatto per i condannati, in particolare i più deboli. Chi si occupa di mafia lo ricorda per la sua rettitudine, perché con lui gli spazi di complicità che sempre si aprono nella zona grigia del diritto svanivano. Fu anche per questa sua inclinazione morale e professionale che partecipò a Milano alla fondazione del circolo “Società Civile” nel 1985. Con lui, voglio ricordarlo, la Corte Costituzionale di cui fu presidente introdusse un principio di rigore anche per l’immunità parlamentare, ovvero per le opinioni espresse da deputati e senatori, di cui a fine anni novanta si consumava un abuso sistematico. Si schierò cioè contro il “diritto di insulto” dei quali si avvalevano diversi parlamentari per intimidire e colpire nella reputazione i magistrati più impegnati contro la mafia. E stabilì il principio insuperabile che potessero essere coperte dall’immunità solo le opinioni tradotte in atti parlamentari, non quelle liberamente dispensate in comizi o comparsate televisive. Ma la sua grandezza è più che mai apparsa nell’umiltà della parte finale della sua vita. Ossia quando, lasciata una delle massime cariche della Repubblica, anziché candidarsi a nuovi onori, si dedicò gratuitamente alla causa dei detenuti, ai diritti dei carcerati e degli immigrati. Non uomo di potere, ma uomo di servizio fino in fondo. Così ci piace ricordarlo.

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