Presidente del Circolo Società Civile negli anni novanta e attualmente direttrice dell’associazione SAO (Saveria Antiochia Omicron), che da anni si occupa a Milano di mafia e antimafia, diritti umani e civili, educazione alla cittadinanza e alla legalità, Jole Garuti è una donna instancabile, ormai un simbolo nel panorama dell’associazionismo antimafia milanese. Per questo, abbiamo voluto chiederle la sua opinione sull’istituzione di una Commissione comunale antimafia a Milano.
Pare che sia la volta buona perché il Comune di Milano si doti di una commissione antimafia. Quali poteri dovrebbe avere e quali strumenti sarebbero necessari perché sia efficace?
E’ importante che anche Milano si doti di una Commissione Comunale Antimafia, soprattutto dopo che anche i più refrattari hanno dovuto ammettere che le mafie sono presenti al Nord e addirittura, come ha detto il presidente Francesco Forgione nella relazione della scorsa Commissione Parlamentare Antimafia, hanno colonizzato la Lombardia. Deve essere una commissione efficiente e rigorosa, con due finalità principali. Anzitutto contrastare il possibile inquinamento delle attività della macchina comunale e quindi il potere che le organizzazioni criminali possono acquisire in città. Inoltre deve creare nei cittadini milanesi quella sensibilità antimafia che finora era impossibile: non ci si può infatti attrezzare per contrastare un fenomeno quando si dice che non esiste.
Quali poteri deve avere? Per rispondere correttamente dovrei sapere che tipo di commissione delibereranno i consiglieri comunali, se una commissione d’indagine o una commissione consultiva o di controllo. Una commissione consultiva non ha molti poteri, quindi spero che non sia tale. Una commissione d’indagine richiede la collaborazione delle forze dell’ordine e della magistratura, quindi non credo sia facile da organizzare. Una commissione di controllo, che in taluni casi può assumere un ruolo anche di indagine, credo invece sia fattibile ed efficace. Per quanto riguarda gli strumenti penso che la Commissione debba poter accedere a tutti i dati necessari, cioè alle delibere comunali approvate, ai progetti in corso di realizzazione e ai progetti in fieri. Ciò presuppone uno stretto contatto con gli assessorati e con gli altri apparati della pubblica amministrazione, ma anche relazioni con realtà esterne quali i sindacati, le associazioni di imprenditori e le associazioni antimafia esistenti in città. Sono realtà che hanno maturato conoscenze sicuramente utili.
Che competenze servono alla commissione? Si parla di diverse ipotesi: una commissione completamente politica, una commissione d’indagine fatta per lo più di tecnici, e poi c’è il nodo della presidenza.
E’ fondamentale che nella commissione sia presente una componente tecnica che abbia la capacità di comprendere a fondo gli atti amministrativi, sviscerare le norme esistenti e prevedere i rischi insiti in determinati progetti. Un’altra componente deve essere di persone che conoscono le organizzazioni di stampo mafioso per averle studiate e possono quindi intravedere i rischi di una loro infiltrazione nelle attività del comune. E’ inoltre estremamente importante che la Commissione comunale antimafia realizzi in concreto l’assunto del sindaco Pisapia di tenere continui contatti con i cittadini, ascoltarli e accogliere le loro istanze e segnalazioni. Non può essere una commissione formata soltanto da politici, ma i politici (consiglieri comunali) sono indispensabili perché la Commissione possa avere un ruolo decisionale efficace. Dobbiamo quindi auspicare una stretta e cordiale collaborazione fra tutte le componenti della Commissione e credo che chi accetterà di farne parte sarà felice di mettere le proprie energie e competenze a disposizione del sogno di liberare Milano dai tentacoli mafiosi. Auspico che la presidenza venga offerta ad una persona che abbia maturato esperienze significative in questo campo.
Se il presidente di commissione è un consigliere comunale?
Se il presidente della Commissione è un consigliere comunale, la funzione politica si identifica in certo qual modo con la funzione tecnica, in quanto i consiglieri comunali conoscono a fondo le delibere e i progetti realizzati e da realizzare. La componente composta da studiosi altamente qualificati e competenti dovrà fornire le indicazioni e le ipotesi di lavoro di cui tutta la commissione, non solo il presidente, dovrà tenere in massimo conto. Penso che il ruolo del presidente sia soprattutto quello di rendere armonioso il lavoro dei membri della commissione, favorendo in massimo grado la collaborazione, così da riuscire ad ottenere quanto più possibile dalle competenze di ciascuno. Il ruolo del presidente non deve essere considerato come uno status sociale ma come il ruolo chiave per il buon funzionamento della squadra. A tutti deve essere chiaro che ognuno è lì non per imporre la propria modalità di lavoro o per pubblicizzare se stesso. Ogni membro della commissione è lì per fare squadra e per rispondere alle problematiche cittadine.
Quali tecnici vedrebbe bene in commissione: rappresentanti di associazioni e di realtà sociali, o bisogna puntare più sulle competenze?
Dipende dal numero dei commissari. Penso che non debba essere una commissione troppo numerosa, perché altrimenti diventa una commissione consultiva. Se deve prendere decisioni e proporre al Consiglio Comunale progetti e delibere, deve essere una commissione piuttosto snella di cui devono far parte, come ho già detto, persone molto competenti. I membri della Commissione possono poi fare audizioni alle associazioni e alle altre realtà sociali interessate al problema.
L’aspetto più importante che dovrà essere affrontato dalla commissione?
C’è un lavoro culturale attento e preciso che il Comune, tramite la commissione antimafia, potrebbe fare. Occorre convincere i cittadini che la corruzione favorisce le mafie. Si deve cominciare dai giovani, penso alle scuole dove la conoscenza del fenomeno mafioso è in troppi casi vicina allo zero. La Commissione antimafia ci permette di credere ad un futuro della nostra città più sicuro, con cittadini consapevoli dei loro diritti e doveri e capaci di scegliere se accettare un’offerta allettante ma ambigua o dire no.