Quella che pubblichiamo di seguito è la posizione della famiglia Caccia in merito all’andamento del processo a carico del presunto esecutore dell’omicidio di Bruno Caccia, dopo la scorsa udienza. A riferirla è Paola Caccia, figlia del procuratore.
Tornando a casa da questa seconda udienza mi sono sentita profondamente delusa.
Sinceramente pensavo che, nonostante la sorprendente contrarietà manifestata dal pm durante l’udienza scorsa riguardo all’accoglimento delle nostre richieste di prova da parte della Corte, la Corte stessa avrebbe riconosciuto l’importanza e la rilevanza di almeno gran parte di esse.
Invece sono rimasta sconcertata nel sentire che NESSUNA delle nostre richieste di prova testimoniale era stata ammessa. Il nostro avvocato è preparatissimo, conosce a menadito il nostro caso per aver letto decine di migliaia di pagine di sentenze, atti relativi al nostro e ad altri procedimenti ad esso collegati: aveva motivato con il rigore che gli è proprio ogni richiesta.
Come è stata possibile questa totale chiusura? E come è possibile accontentarsi di limitare così tanto il campo di indagine in modo da prendere in considerazione solo ciò che riguarda strettamente l’imputato, indagato in quanto presunto esecutore materiale, senza interrogarsi sulla motivazione dell’omicidio, specie quando il capo d’ accusa parla di “concorso con D. Belfiore ed altri”?
E’ da 33 anni che aspettiamo la verità: è ancora troppo presto per esaminare tutti gli elementi che già sono – ed in buona parte erano da tempo – a disposizione dell’inquirente?