di Amedeo Paparoni
La storia della guerra ai cartelli della droga ci ha abituato a rocambolesche fughe di prigione, vili attentati e clamorosi arresti. Tuttavia un ex ministro di Sicurezza giudicato colpevole di reati connessi al narcotraffico non è una cosa comune.
Genaro García Luna è noto per il suo ruolo chiave nella strategia di sicurezza nazionale negli anni della presidenza di Felipe Calderón, tra il 2006 e il 2012, in cui per combattere i cartelli si è occupato di coordinare la presenza di migliaia di poliziotti federali nelle città messicane. In quegli anni, l’escalation di violenze legate al narcotraffico ha portato alla morte di decine di migliaia di persone a causa di conflitti tra le forze dell’ordine e i gruppi criminali o tra cartelli rivali. Al termine del suo mandato, García Luna si è trasferito negli Stati Uniti dove è stato arrestato nel 2019 e poi giudicato colpevole di reati connessi al traffico di droga. La funzionaria della DEA Anne Milgram ha dichiarato che García Luna ha ricevuto milioni di dollari in tangenti dal cartello di Sinaloa in cambio della protezione di attività di traffico di droga e per aver agevolato l’importazione di sostanze stupefacenti negli Stati Uniti.
Da ministro, García Luna aveva ricevuto aspre critiche. Nel 2010 la giornalista messicana Anabel Hernández ha definito falsa la guerra alle droghe promossa da Felipe Calderón e dal suo predecessore Vicente Fox, durante la cui amministrazione García Luna svolgeva il ruolo di capo della polizia federale. Secondo la Hernández, la strategia di questi governi ha favorito il cartello di Sinaloa, mentre García Luna tentava di trarne un vantaggio personale puntando a diventare comandante di tutte le forze di polizia del Paese. La giornalista riporta anche un’affermazione di García Luna secondo cui permettere a El Chapo di operare liberamente era l’unica soluzione possibile per «mettere in ginocchio» le altre organizzazioni criminali e consentire al governo di gestire un solo cartello anziché cinque.
Un funzionario internazionale con lunga esperienza in Messico, di cui non possiamo divulgare il nome, ha commentato così l’arresto di García Luna: “Senza García Luna, i Los Zetas si sarebbero presi il Messico. La sua strategia ha permesso di contrastare il cartello di Beltran Leyva. Oggi a condannarlo sono gli Stati Uniti, gli stessi Stati Uniti che lo hanno premiato e sostenuto per più di dieci anni al vertice del sistema di sicurezza del Messico e con cui ha condiviso la strategia di modernizzare la polizia federale, strada difficile ma doverosa. L’esercito ha oggi monopolizzato il settore della sicurezza a scapito della giustizia e dell’idea stessa di sicurezza democratica rispettosa della legge. Andrés Obrador (attuale Presidente del Messico, n.d.r) ha subito dichiarato che spera che García Luna comunicherà se ha obbedito agli ordini degli ex presidenti o se ha informato gli ex presidenti delle sue azioni. Si respira una brutta aria in Messico…”.
Anche se la pena detentiva di García Luna non è ancora stata stabilita, da un comunicato del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti è emerso che l’ex ministro rischia dai venti anni all’ergastolo.