Nord Italia, Lombardia, Milano: Sedriano. Poco più di diecimila abitanti, un paese di provincia come tanti, qui nell’hinterland, in cui il verde dei campi agricoli e le vecchie cascine diroccate lasciano silenziosamente il posto a cemento, tangenziali e palazzi quadrati. Molti pendolari e qualche famiglia di immigrati nord africani o dell’Est che, a dodici chilometri dalla capitale morale del paese, hanno trovato scuole per i propri figli e qualche permesso per aprire piccole botteghe di alimentari. A Said l’ambulante, che tenta di vendere rose senza spine al mercato del sabato, non è semplice spiegare il significato dei cartelli che portano al collo e reggono in mano un folto gruppo di cittadini. “Perché sono lì, cosa fanno, chi sono?”. Said è curioso. E’ dalle nove del mattino che sventolano bandiere colorate e distribuiscono volantini fotocopiati la sera prima, mossi dalla voglia di informare e dal disgusto verso chi ha tradito la loro fiducia di elettori mettendo il paese nelle mani di un faccendiere lombardo e di un affiliato alle cosche calabresi. “Via la ‘ndrangheta dalla nostra città”, “Sindaco Celeste dimettiti”, “Siamo stufi dell’Amministrazione Comunale corrotta”. Caro Said, spiegarti cos’è successo da quella mattina d’inizio ottobre non è semplice. Non è semplice spiegare, a te che vieni da mari lontani, questa brutta pagina di storia tutta italiana e distruggere la tua utopia di mondo civilizzato, di occidente, di paese con un sistema di leggi corretto e avanzato che qui, come tanti, credevi di trovare. Ad inizio ottobre il sindaco di Sedriano Alfredo Celeste, ex socialista e attuale vicecoordinatore provinciale del Pdl, è stato arrestato: carabinieri, manette, e probabilmente fra qualche mese inizierà il processo che vede coinvolti, oltre al primo cittadino, Silvio Marco Scalambra ed Eugenio Costantino, rispettivamente marito e padre di due consigliere comunali. Mi chiedi come mai il sindaco è stato arrestato, Said? Per corruzione: già, un’accusa pesante. Pensa che il sindaco è anche professore di religione in un istituto superiore statale. Secondo la magistratura Celeste è amico di Scalambra, il marito della consigliera Pdl Silvia Stella Fagnani in carcere perchè collettore di voti per le cosche. Non solo: dalle intercettazioni emerge chiaramente l’assidua frequentazione del primo cittadino con Eugenio Costantino, padre della giovanissima consigliera Pdl Teresa, in cella con l’accusa di essere un boss della ‘ndrangheta affiliato al clan Di Grillo-Mancuso. Negli ultimi giorni le forze dell’ordine hanno portato via dal Comune tutta la documentazione inerente al nuovo piano urbanistico, al centro commerciale e alle opere pubbliche realizzate nel corso di questi tre anni di mandato del centro destra. Pare infatti che Celeste, Scalambra e Costantino, oltre che mangiare assieme in feste di compleanno e pranzi di lavoro, si rimpilzassero la pancia con i soldi dei cittadini coinvolgendo nei propri affari volti noti del business del mattone locale e avvocatoni dalle parcelle salate. Veri e propri compagni di merende.
Vedi queste terre, Said? Il progetto urbanistico denominato ‘Piano d’Intervento Integrato Villa-Colombo’, oggi in mano alla magistratura, prevede che la destinazione d’uso dei campi passi da agricola ad edificabile, con gli appalti gestiti da imprese edili di dubbia legalità. L’assessore all’urbanistica Linda Ghidoli, non indagata ma presente in pagine fondamentali dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, interloquiva ingenuamente al telefono con Scalambra, informandolo sui dettagli del piano urbanistico, fissando appuntamenti e riunioni. Movimenti, nomi e cognomi che ai magistrati sono sembrati sospetti, dal momento che Scalambra è un medico chirurgo e non un immobiliarista. Il sindaco Celeste mirava al Parlamento, voleva diventare senatore. Per questo l’amicizia con Scalambra gli sembrò preziosa. “Io ho dei voti conseguenti a Costantino e ne posso procurare di altri”, confida telefonicamente il medico al sindaco. Un piatto succulento che attrae Celeste e lo porta a saldare uno stretto rapporto con Eugenio Costantino, a dar fiducia a quell’uomo che molti hanno visto in compagnia del sindaco più e più volte, da presentazioni di liste elettorali a cene in amicizia. Perchè uno come Eugenio è difficile dimenticarlo: capelli lunghi fino alle spalle, figura curata e uomo elegante. Niente coppola e lupara, ma abito fresco di sartoria e un’agenda ricca di appuntamenti con i vertici della politica lombarda e gli esponenti delle cosche calabresi che lavano negli appalti pubblici, in gestione di locali e case popolari i soldi sporchi ricavati da droga, racket e usura. In paese Costantino lo si conosce come imprenditore di metalli preziosi: è suo il ‘Compro Oro’ che si trova sulla via principale del paese, di fronte al Municipio e a pochi passi da Piazza del Seminatore, quella stessa piazza in cui da due mesi i cittadini indignati organizzano fiaccolate e presidi per chiedere le dimissioni del sindaco. Erano in trecento, mercoledì 14 novembre, ad assistere al Consiglio Comunale in cui i gruppi e partiti di opposizione – Centro Sinistra, Udc e Lega Nord – hanno chiesto invano di approvare la mozione di sfiducia all’attuale Amministrazione. Ma la Giunta Celeste, invece di prendere le distanze dal marciume che ha portato Sedriano sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e in diretta tv sui telegiornali regionali, continua imperterrita a difendere l’innocenza del proprio sindaco. Sedriano andrà avanti ad essere amministrata dagli stessi volti saliti agli onori delle cronache per aver permesso di associare il nome del paese a quello della ‘ndrangheta: così è stato deciso in quella sera di metà novembre, e così sarà finchè i consiglieri di maggioranza non si dimetteranno o il prefetto interverrà in prima persona per sciogliere il Consiglio. “Siamo trasparenti, la mafia a Sedriano non esiste, sono tutte menzogne della stampa e delle opposizioni”, fa sapere Celeste con una lettera scritta nel privato della sua dimora e letta pubblicamente dall’assessore al Commercio ed Expo 2015 Danilo Patanè. Ad accogliere l’ultimo delirio di onnipotenza del sindaco, sospeso dal prefetto e quindi impossibilitato a recarsi in consiglio comunale in quanto obbligato agli arresti domiciliari, fischi e pernacchie del folto pubblico presente. Delirio di onnipotenza che ha permesso ai suoi fedelissimi di accusare la stampa locale – un’accusa meschina e diffamatoria – d’aver commesso e istigato ignoti a compiere l’ultimo attentato di chiara matrice mafiosa. Nella sera di venerdì 16 novembre, a due giorni dal voto di sfiducia alla Giunta Celeste, lo studio del commercialista e consigliere Pdl Davide Delle Donne è stato incendiato. Ad oggi le forze dell’ordine sono riuscite a ricostruire solo la modalità dell’accaduto: dopo aver rotto la finestra dello studio di via Leonardo Da Vinci, a pochi passi dal centro del paese, due uomini avrebbero gettato all’interno della struttura un panno intriso di liquido infiammabile. Il resto è la semplice e tragica conseguenza: le fiamme hanno distrutto gran parte della documentazione cartacea del commercialista, fra cui anche il computer, prezioso strumento di catalogazione e memorizzazione di dati e dettagli importanti. Se le fiamme avessero preso il sopravvento sull’intera struttura, la tragedia sarebbe stata inevitabile: lo studio del consigliere, infatti, è ubicato all’interno di un plesso abitativo. Spaventati, tormentati, turbati: a chiunque si chieda un’impressione personale sull’accaduto si legge sgomento negli occhi. Ma non è la prima volta che a Sedriano si usa il fuoco per lanciare segnali, e il primo cittadino dovrebbe saperlo. Nel febbraio scorso quattro autovetture parcheggiate dietro al Comune in piazza del Seminatore sono state date alle fiamme. Probabilmente in quel caso le autorità competenti non riuscirono a cogliere (o forse fecero finta di non capire) il significato del gesto, tanto che qualcuno puntò il dito su un fantomatico piromane passionale che con l’accendino in mano esternava il suo amore per una donna appiccando il fuoco a una Fiat Punto, due furgoni Renault e Mercedes, e un’altra macchina di cui fu ritrovato soltanto lo scheletro. Forse, visti i recenti fatti di cronaca, conviene rivisitare quegli accadimenti. Quando la ‘ndrangheta colpisce, colpisce con precise motivazioni. E sono proprio le motivazioni che stanno dietro al terribile incendio dello studio del consigliere Pdl, a due giorni dal suo voto contrario alla mozione di sfiducia alla Giunta Celeste, che tanto preoccupano l’opinione pubblica. Nella criminalità organizzata di stampo mafioso non esistono mine vaganti: il sistema di affiliazione è ben definito e ogni decisione viene presa con fermezza e razionalità da tutti i componenti del clan. Una razionalità e una linearità tali che fanno apparire l’organizzazione ben più forte e potente degli organi messi a disposizione dello Stato per garantire la sicurezza dei cittadini. Nulla è lasciato al caso, soprattutto atti di estrema violenza che creano allarmismo fra la popolazione.
Un pesce appena pescato, Said, sa che da lì a poco dovrà morire. E impazzisce, si dimena convulsamente fino a perdere coscienza di sè. Un pesce con l’amo in bocca, trasportato sulla superficie della terra, fuori dall’acqua, ha la consapevolezza che nel giro di pochi pochissimi minuti le sue branchie cesseranno di immettere ossigeno nel corpo. E il decadimento dell’organismo sarà immediato. Forse non si renderà conto che la colpa di tutto ciò sta nell’attrazione capillare che l’ha portato ad abboccare all’esca, assaporando il verme, divenendo un tutt’uno con il cagnotto succulento ammaliatore. Forse. E’ probabile anche che sentendosi destinato all’ultimo respiro darà la colpa alla temperatura dell’acqua, all’andamento delle onde, ai bambini che giocano in riva al mare. Ma, di ammettere la propria responsabilità, questo no. Poniamo l’esempio che quel pesce intimorito sia il sindaco di Sedriano e l’esca ammaliatrice i succulenti affari del Costantino legato alla ‘ndrangheta e del faccendiere Scalambra. Mossi dall’esasperazione, sull’orlo del collasso politico, l’ossigeno manca. E’ comprensibile. Poniamo l’esempio di essere quel sindaco. Manca l’ossigeno nel momento in cui sei un primo cittadino e la magistratura ti coinvolge in un’indagine antimafia, vieni accusato di corruzione e finisci agli arresti domiciliari; manca l’ossigeno a sapere che la cittadinanza, dopo aver letto sull’ordinanza di custodia cautelare il tuo nome associato a quello di altri malavitosi locali, disgustata scende in piazza per chiedere le tue dimissioni; manca l’ossigeno nel vedere la tua storia pubblicata su ogni giornale e raccontata in televisione, mentre il Prefetto ti sospende dagli incarichi politici obbligandoti a cedere lo scettro di primo cittadino. Il senso di soffocamento è simile a quello del pesce morente, e il collasso politico diventa così uno spettro che tormenta notte e giorno, annebbia la mente e porta a fare gesti sconclusionati. Gesti sconclusionati come accusare di calunnia l’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, incolpando l’organo di rappresentanza ufficiale della stampa d’aver innalzato la temperatura mediatica su quell’acqua sporca in cui fra alghe e marciume la Giunta Celeste ha cercato di tener nascosti i propri malaffari. La querela è un mezzo legale e a disposizione di chiunque si senta offeso e voglia tutelare la propria immagine pubblica. Ma muovere una denuncia per diffamazione contro un’istituzione come l’Ordine è un fatto gravissimo. Significa voler nuovamente spostare l’attenzione dai gravi fatti di cronaca che hanno colpito il paese e il rappresentante dei cittadini. Significa tappare la bocca e voler portare in tribunale chi racconta i fatti con un occhio critico, imparziale e non asservito al potere. Significa utilizzare per l’ennesima volta il potere forte di chi è ai vertici di un’amministrazione comunale contro i cronisti. Il paese, Said, non è una gioiosa valle incantata. Le acque di Sedriano si stanno prosciugando, e il marcio della Giunta viene sempre più a galla. Ecco perchè quelle persone tutte colorate che vedi in mezzo alla piazza del mercato agitano cartelli e gridano al megafono slogan contro quest’Amministrazione Comunale: credono veramente di poter cambiare le cose. Inutile, per il sindaco Celeste e la sua cricca, dimenarsi sulla battigia.