di Sarah Mazzenzana
Dispongono di liquidità, spostano capitali ingenti e si muovono abilmente nell’alta finanza. Si tratta delle mafie russe, cartelli criminali provenienti dalle ex Repubbliche Sovietiche, specchio della disomogeneità etnica di un territorio la cui superficie si estende su 17 milioni di chilometri quadrati. Una vera e propria piovra multietnica dotata di una struttura organizzativa estremamente flessibile, nelle cui fila convergono attori diversi: funzionari corrotti, imprenditori e criminali professionisti.
Fenomeno criminale che si radica in madrepatria e prende forma muovendo i primi passi nell’economia ombra, a partire dall’era brezneviana, e che evolve in criminalità organizzata durante la delicata fase di transizione dai piani quinquennali all’economia di mercato.
Sfruttando le debolezze e le lacune legislative di uno Stato che dà avvio all’ambizioso e repentino programma di “ristrutturazione radicale”, i consorzi criminali si fanno strada nel nuovo mercato globale. Accumulano capitali durante le fasi di riforme economiche, inaugurate nei primi anni Novanta, e colludono la pubblica amministrazione arrivando alla cooptazione di esponenti dell’élite politica. É con la privatizzazione del settore statale che la criminalità mafiosa russa ha modo di assumere il controllo sulle grandi industrie, di impossessarsi di istituti di credito e società finanziarie. A risentirne sono anche i dirigenti delle stesse imprese statali, che si trovano costretti ad operare sotto la protezione di una Krysa, un “tetto”, per continuare ad agire nel nuovo mercato. Fiumi di rubli confluiscono nelle mani della nuova imprenditoria criminale, piccola e grande corruzione si incontrano dando vita ad una vera e propria oligarchia mafiosa. Una disponibilità economica che ha bisogno di trovare nuove destinazioni. È a questo punto che la Mafiya guarda ad ovest: una parte significativa dei capitali della neonata Federazione russa trova porti sicuri in numerosi Paesi dell’Unione Europea, vere e proprie piattaforme di riciclaggio di denaro sporco proveniente da attività perpetrate in madrepatria.
Le mafie russe fuori dai propri confini nazionali, dimostrano una straordinaria abilità nell’organizzarsi in network su scala transnazionale, non agiscono come singole organizzazioni, quanto piuttosto come alleanze di gruppi indipendenti, cellule della Solntsevskaya, l’Izmailovskaya e la Tambotskaya operano nei mercati europei inquinandone il settore finanziario, collaborando con altre organizzazioni criminali.
In base ai dati forniti dall’Interpol i gruppi criminali russi giocano un ruolo cruciale in Europa e risultano essere coinvolti in reati quali traffico di esseri umani, traffico di stupefacenti, contrabbando di prodotti petroliferi, estorsione e frodi fiscali. La loro è stata un’infiltrazione sistematica e silenziosa che proprio per il suo atteggiamento defilato è passata in sordina per diversi anni. Ecco che così si è creato un fenomeno criminale che negli ultimi trent’anni è riuscito a contaminare la sfera politica, economica e sociale nelle sue terre d’origine e ad occupare una posizione di spicco nelle piazze internazionali.