di Flavia Famà – Libera Internazionale
Stamattina insieme all’associazione Cauce Ciudadano siamo andati a conoscere la comunità indigena Mazahua che da anni si è trasferita nella Colonia Roma, uno dei quartieri migliori di Cittá del Messico, occupando uno spazio abbandonato che nessuno ha mai reclamato.
Nello spazio di una palazzina vivono almeno una ventina di famiglie per un totale di più di un centinaio di persone la cui metà bambini.
La vita qui è molto dura, gli adulti lavorano tutto il giorno e i bambini si svegliano la mattina e iniziano a lavorare fino all’ora di pranzo, poi si va a scuola e dopo le lezioni si ricomincia a lavorare fino all’1 di notte, in fondo sono già adulti e non hanno tempo per giocare.
Una bimba segue la mamma, è talmente piccola che cammina a stento ma nella sua manina destra porta già un secchiello con delle spugne.
Gli operatori di Cauce qui fanno lezioni per alfabetizzare e per insegnare lo spagnolo alla gente della comunità, ma creano anche momenti di svago e divertimento per i piccoli lavoratori.
Ho voglia di saperne e capire di più, così ho iniziato a fare qualche domanda a uno dei ragazzi indigeni, Daniel, che mi ha fatto entrare nello spazio occupato e spiegato come si svolgono le giornate.
Mi ha colpito il profumo di pulito, forse dovuto al fatto che alcune donne stavano facendo il bucato proprio all’entrata. Davanti ad ogni porta ci sono dei panni stesi che quasi impediscono di vedere all’interno. C’è l’acqua corrente e dei bagni in comune e tutto sembra ben organizzato.
Daniel mi ha portato in una stanza dove fanno le riunioni di “condominio” le lezioni con i volontari e tutte le attività di gruppo.Sul muro ci sono dei fogli grandi dove hanno scritto tutti i compiti di gestione in modo che siano suddivisi e distribuiti equamente.
Non appena siamo usciti dalla sala “riunioni”, uno spazio che sarà stato al massimo una ventina di metri quadri, Daniel mi ha mostrato la sua casa e solo allora mi sono accorta che tutti i soffitti e le pareti sono fatti di Ethernit.
Pochi minuti dopo ha iniziato a raccontarmi la sua storia e la sua esperienza con la droga:”ho iniziato a sniffare solventi a otto anni. “Daniel adesso ha 17 anni, vive in questo Presidio occupato di Città del Messico da quando ne aveva uno insieme ai suoi 9 fratelli e ai genitori che erano andati lì in cerca di lavoro. Suo padre lavora nelle costruzioni e sua madre vende “pan dulces” al mercato. Si sveglia presto Daniel e alle 8 esce di casa per andare a lavare i vetri.
La sua dipendenza dalla droga gli ha causato molti problemi nei rapporti con gli amici e la famiglia e lo ha portato, tra le altre cose, a lasciare la scuola, scelta di cui si è molto pentito. Con l’aiuto della sua famiglia, della comunità e di una forte determinazione da tre mesi ha smesso di drogarsi ed evita ogni occasione in cui circola droga anche se non è facile perché, come lui stesso mi ha detto, in tanti, anche all’interno della sua comunità, sniffano solventi, colla o benzina.
Daniel ha continuato il suo racconto spiegandomi quanto il ruolo di Cauce Ciudadano sia davvero importante per loro, non solo per le lezioni o per le attività ricreative con i più piccoli, ma perché prima di loro nessuno neanche si avvicinava alle loro case.
L’emarginazione, troppo spesso riservata a chi consideriamo diverso, rischia di alimentare il mondo della droga e di fornire nuove braccia alla mano criminale, occorrerebbe soffermarsi, guardare i loro volti e provare a conoscere le loro storie.