È trascorsa appena una settimana da quando il re della cocaina balcanica è stato arrestato. Darko Šarić, questo il suo nome, mercoledì 19 marzo, dopo un lungo periodo di latitanza, si è arreso spontaneamente alle autorità serbe che da lungo tempo inseguivano invano la sua identità. Era dal 2009, infatti, che il suo appellativo era ormai diventato famoso non solo in tutta la città di Belgrado ma anche nella Comunità internazionale. A segnare l’inizio del suo tramonto fu l’Operazione Balkanski ratnik(Guerrieri balcanici), scattata nell’ottobre dello stesso anno, durante la quale in uno yatch al largo dell’Uruguay vennero sequestrate più di due tonnellate di cocaina. Il compito di Šarić era quello di riuscire a contrabbandare grosse quantità di droga dal Sud America all’Europa. In seguito all’operazione ricevette però un mandato di cattura dall’Interpol che bloccò tutti i suoi affari costringendolo alla clandestinità.
Ma chi è Darko Šarić? Il pericoloso narcotrafficante, originario di Pljevlja, una cittadina sul versante settentrionale del Montenegro, ha realizzato in breve tempo un impero affaristico dalle dimensioni smisurate guadagnando un’incredibile reputazione criminale in tutta la penisola balcanica. Inizia la sua carriera con il traffico di eroina che vede da sempre i Balcani come la principale rotta per i flussi che provengono dall’Afghanistan. Animato da una straordinaria intraprendenza, il serbo-montenegrino comprende però subito che la vecchia via dei Balcani è più trafficata che mai, e decide così di dedicarsi al lucroso mercato della cocaina. Crea un gruppo criminale con affiliati che provengono da ogni angolo della ex Jugoslavia il cui lavoro consiste nello stringere rapporti con i narcos sudamericani e trasportare la cocaina su imbarcazioni di lusso per farla poi approdare nel cuore dell’Europa, passando per la Spagna, snodo centrale della rotta. Ma oltre alla droga, Šarić si occupa anche di riciclaggio di denaro sporco. Servendosi di prestanome investe ingenti somme di denaro in Serbia e in Montenegro. Diversi sono gli alberghi e i bar a Belgrado e gli appezzamenti di terra in Vojvodina, regione autonoma a nord della Serbia, in cui sono stati investiti i capitali sporchi del narcotraffico. L’attuale indagine lo accusa di aver riciclato in Serbia circa 22 milioni di euro. Ma ad aiutare Darko Šarić nella costruzione del suo impero criminale sono gli stretti rapporti con la politica e con i funzionari corrotti di polizia che nei Balcani si rivelano essere la regola per il successo mafioso di tutta la penisola.
Tra i vari legami politici spiccano quelli con alcuni membri del Ministero dell’Interno serbo, all’epoca in cui quest’ultimo era sotto la guida del premier uscente, Ivica Dačić (Il 16 marzo in Serbia si sono tenute nuove elezioni). Proprio grazie a questi rapporti il capo criminale balcanico avrebbe evitato l’arresto durante tutti gli anni di latitanza. Ecco perché in questi giorni la sua cattura viene trattata dai media serbi come un tema politico anziché come un fatto di criminalità organizzata.
Il suo arresto rappresenta però sicuramente un successo perché nei Balcani la mafia si ciba della vulnerabilità del sistema giudiziario, dell’assenza di efficaci leggi di contrasto, e della dilagante corruzione che dalle guerre degli anni ’90 continua a destabilizzare un’area che non nasconde solo criminali latitanti ma per fortuna anche splendidi luoghi da visitare e scoprire.