Si è svolta martedì 28 febbraio nella Corte d’Assise di via Freguglia la prima udienza del processo che ingloba in sè l’operazione Infinito dell’estate 2010 e la più recente Bagliore, scattata esattamente un anno fa.
Diciassette gli imputati che nei prossimi mesi saranno giudicati dalla magistratura del Tribunale di Milano, identificati anche grazie alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Antonino Belnome, già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Il presidente del collegio Anna Introini ha ritenuto opportuno riunire i due procedimenti penali. Coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia diretta da Ilda Boccassini, le due operazioni hanno smascherato la presenza in Lombardia di una quindicina di cosche della ‘ndrangheta che, tra il 2008 e il 2010, hanno macchiato di sangue il Legnanese e la Brianza. I giudici della Corte d’Assise dovranno ora stabilire le colpe degli omicidi Carmelo Novella, Antonio Tedesco e Rocco Stagno. Tre delitti realizzati con estrema ferocia e per esplicita mano mafiosa: Novella freddato nel 2008 a San Vittore Olona in pieno giorno con tre colpi di pistola al volto; Tedesco mummificato nella calce a Bregnano, provincia di Como, nel 2009; e Stagno, il cui cadavere non è mai stato rinvenuto ma la cui morte, secondo le testimonianze, sarebbe avvenuta in un cascinale di Bernate Ticino il 29 marzo 2010, fra i campi e il Naviglio Grande dove i nonni portano a spasso i bambini col cane e la Lega Nord spopola alle elezioni.
Tutti questi tre omicidi sono accomunati da un unico filone: il predominio del potere criminale sul territorio lombardo in collegamento diretto con i ‘colleghi’ calabresi. Lo ha stabilito martedì mattina la Corte, respingendo l’eccezione mossa all’unanimità dagli avvocati della difesa, che avevano chiesto di separare il processo riguardante gli omicidi da quello di associazione a delinquere di stampo mafioso: per il PM e per i giudici la connessione di materia (e di territorio) è innegabile. La Procura ha infatti stabilito che in contesti del genere il reato di omicidio debba essere unito al 416 bis in quanto si inserisce nel medesimo disegno criminoso, rientrando perciò nello stesso fine di predominio malavitoso e colonizzazione del territorio. La difesa non ha avanzato nessuna richiesta di rito abbreviato.
Aula del Tribunale di Milano piena di familiari e amici degli imputati, ma nemmeno uno dei familiari delle vittime si è costituito parte civile al processo. Neppure il Comune di San Vittore Olona. Scelta totalmente opposta per Giussano e Seregno: le due Amministrazioni Comunali ritengono l’infiltrazione mafiosa nel proprio territorio un grave danno all’immagine e all’economia locale, una macchia indelebile al buon nome dei paesi e eliminabile sono attraverso mosse decise in favore alla legalità. Una presa di posizione chiara e determinata in vista della prossima e seconda udienza prevista per martedì 17 aprile.