di Danilo Rota
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Qualche giorno fa, ricordando la straordinaria figura dell’ex prefetto di Trapani
Fulvio Sodano, ho raccontato la vicenda della
Calcestruzzi Ericina, azienda definitivamente confiscata nel 2000 al boss Vincenzo Virga, arrestato l’anno seguente. Il nuovo capomandamento mafioso di Trapani – Francesco “Ciccio” Pace – perseguì allora una strategia ben precisa: impedire che lo stabilimento avesse lavoro per portarlo al fallimento.
Avrebbe così indotto lo Stato a (s)venderlo e Cosa Nostra ne sarebbe tornata in possesso tramite l’utilizzo di prestanome.Per fortuna il progetto fallì, anche grazie alla determinazione e all’impegno del prefetto Sodano, che riuscì a trovare le commesse necessarie per far andare avanti l’impresa.
Se oggi la Calcestruzzi Ericina è rimasta nelle mani dello Stato ed è gestita da una cooperativa di lavoratori sostenuta dall’associazione Libera, è anche per merito di un prefetto che ha curato esclusivamente il bene delle Istituzioni e della collettività.
Il caso richiama inevitabilmente alla memoria proprio la storia della Calcestruzzi Ericina.
Visti i precedenti, il timore che la mafia (in particolare la famiglia dei Messina Denaro) abbia nuovamente l’intenzione di riappropriarsi di ciò che era suo e stia facendo di tutto per riuscirci, è forte e motivato.
Per impedire che ciò accada, la soluzione migliore sarebbe evitare la vendita (così da non correre il rischio – decisamente troppo alto – che lo Stato restituisca ai mafiosi ciò che aveva loro sottratto) e optare per il mantenimento della proprietà pubblica. Quindi la società potrebbe essere concessa in affitto oneroso a un’impresa (dopo aver accuratamente compiuto tutte le verifiche necessarie per appurare la sua completa estraneità all’universo mafioso) o gratuito a una costituenda cooperativa dei lavoratori – magari affiancata da Libera – non imparentati a mafiosi, nè legati alla precedente gestione mafiosa (come nel caso della Calcestruzzi Ericina,
soluzione definita come “unica prospettiva” dal giornalista Rino Giacalone).
Alcune persone si stanno battendo – come anni fa fece il prefetto Sodano – per la difesa del lavoro dell’azienda in un contesto di legalità.
Tra queste vi è soprattutto la Presidente della Commissione Antimafia del Parlamento europeo, Sonia Alfano, la quale da anni è impegnata sul tema della confisca dei beni mafiosi e sul loro riutilizzo a scopi sociali.
Ottenendo peraltro anche numerosi risultati, tanto concreti e meritori, quanto ignorati dall’informazione e dall’opinione pubblica italiane, sempre indifferenti quando si parla di criminalità mafiosa.
E’ stata infatti la relatrice di
una risoluzione sulla criminalità organizzata nell’Unione europea (approvata il 25 ottobre 2011 dal Parlamento europeo); ha fatto istituire la prima
Commissione Antimafia del Parlamento europeo (costituita il 18 aprile 2012), venendone eletta Presidente; si è battuta per l’approvazione da parte del Parlamento comunitario di un
Testo Unico Antimafia europeo (23 ottobre 2013); ha infine ottenuto l’approvazione – sempre da parte del Parlamento dell’Unione europea – di una
direttiva sul sequestro e la confisca dei beni proventi di reati di mafia e di altri delitti gravi (come la corruzione, il traffico di droga, di armi e di persone, la pedopornografia) e il loro riutilizzo sociale (25 febbraio 2014).
Insomma, ha fatto in modo che fosse estesa a livello continentale la normativa antimafia italiana, costata il sacrificio di molte vite umane e racchiusa soprattutto in due leggi-chiave:
1) la legge 13 settembre 1982, n. 646 (Rognoni-La Torre), che ha introdotto il reato di associazione mafiosa e l’obbligo di sequestro e confisca dei beni;
2) la legge 7 marzo 1996, n. 109 (di iniziativa popolare, grazie al raccoglimento di 1 milione di firme da parte dell’associazione Libera), che ha sancito il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie.
Speriamo che la nuova battaglia intrapresa dall’On. Sonia Alfano (e da altri) sulla salvaguardia del lavoro pulito e onesto del gruppo 6 Gdo Despar di Castelvetrano abbia lo stesso esito vincente di quelle sopra ricordate.
Lo stesso esito positivo che ha avuto la vicenda di una ditta di calcestruzzo salvata e fatta rinascere da un prefetto recentemente scomparso, di cui sentiremo molto la mancanza.