di Valerio Berra
Conoscere quello che succede è fondamentale per poter intervenire sulla realtà. Nel caso di Expo 2015 sembra però che le informazioni siano potute passare solo per vie secondarie. Quella trasparenza ostentata nei documenti firmati all’inizio di questa storia si è infatti rivelata molto offuscata. Questa esposizione universale doveva essere in termini di informazione limpida come un lago alpino, ma si è rivelata torbida come una pozzanghera di città. La comunicazione che tre aziende operanti nei cantieri erano indagate per diversi reati, è arrivata infatti prima grazie al sito del Gruppo Radicale e poi è stata divulgata sul territorio dal centro sociale rhodense Sos Fornace. Una volta appresi questi dati, gli attivisti del centro hanno indetto una conferenza stampa, poi pubblicata sulle pagine on line del Fatto Quotidiano. Purtroppo anche per quasi tutti gli eventi successivi nella seconda strada di Expo vengono a mancare comunicazioni ufficiali, notizie chiare sullo stato dei cantieri ed elenchi dettagliati delle aziende e della loro storia.
Un nuovo fascicolo
Dal 25 maggio negli archivi della Procura di Milano c’è un fascicolo in più. I pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio, del pool specializzato in reati contro la pubblica amministrazione, hanno infatti iniziato un’inchiesta per indagare su un possibile reato di turbativa d’asta per quanto riguarda il primo cantiere di Expo. Questa indagine parte dalle dichiarazioni di un imprenditore bergamasco, Pierluca Locatelli, ed è solo un altro capitolo di quell’inchiesta sulla corruzione che nel novembre 2011 ha portato in carcere l’ex assessore regionale Franco Nicoli Cristiani. L’accusa della Procura si fonda sull’ipotesi che le aziende che hanno partecipato alla prima gara d’appalto siano riconducibili ad un «cartello». Si pensa cioè che abbiano creato un sistema che garantisca loro di spartirsi gli appalti pubblici, concordando offerte e strategie. Il progetto di fare di Expo 2015 il cantiere simbolo dell’onestà sembra essere sempre più compromesso.
Un’azienda in meno, un appalto in più
Fra le aziende che hanno in subappalto i lavori del primo cantiere dell’esposizione universale c’è anche, come avevamo detto, la Elios Srl. Il 6 luglio 2012 l’ufficio stampa di Expo Spa inoltra un comunicato in cui afferma che a questa azienda è stata revocata l’autorizzazione per lavorare nei suoi cantieri. Il motivo non è molto chiaro, pare infatti che la Prefettura di Milano abbia segnalato degli «elementi suscettibili di valutazione tali da pregiudicare il rapporto fiduciario con Expo Spa». Nel comunicato viene specificato che questi motivi non implicano l’infiltrazione mafiosa, fatto sta che l’azienda viene allontanata dai cantieri e i lavori, già sull’orlo del ritardo, vengono ulteriormente rallentati. Almeno fino alla decisione del TAR di reintegrare la Elios, come si vedrà poi. A questo punto parte però il secondo appalto per l’esposizione universale, quello della famosa «piastra». Questo è il cantiere più importante dei tre in programma, perché dovrebbe occuparsi di creare tutto ciò che permetterà al sito di funzionare, dall’urbanistica agli impianti idrici ed elettrici, fino alla sistemazione paesaggistica. È quindi una gara molto complessa, che viene indetta all’insegna dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Per definire quindi il vincitore finale non è stata tenuta in conto solo la parte economica, ma anche altri criteri, come la qualità tecnica e i tempi di realizzazione. Ad aggiudicarselo il 16 luglio 2012 è però il raggruppamento di imprese capitanato da E. Mantovani Spa, che ha offerto il ribasso più consistente, scendendo al 41,80%. Il valore complessivo di tutto l’appalto ammonta a 165,13 milioni di euro, esclusa anche qui l’Iva e i costi per la sicurezza non soggetti a ribasso, ossia 16, 20 milioni di euro. Oltre ad essere l’offerta più economica, questa viene valutata da Expo Spa anche come quella tecnicamente più valida. Da notare è però che se nel primo cantiere le proposte arrivate al vaglio finale erano tutte intorno a quella che poi si è aggiudicata l’appalto, questa volta lo stacco dalle altre aziende è molto più consistente,i secondo ribasso più sostanzioso era infatti del 36 %, mentre gli altri si attestavo sul 20-30%.
Silenzio a palazzo
La stessa classe politica che si era posta a garante della trasparenza sembra essere sulla medesima linea d’onda. Dichiara infatti il 17 luglio 2012 il consigliere regionale del PD Carlo Borghetti: «Formigoni illustra Expo 2015 in Consiglio Regionale, parla di tutto ma non fa nemmeno un riferimento alla legalità per gli appalti, né nella relazione iniziale né in replica, nonostante gli abbia fatto notare in aula come il primo appalto Expo sia oggetto di indagine per turbativa d’asta… Speriamo recuperi presto la grave lacuna». L’ultimo episodio che testimonia questa tendenza risale al 28 dicembre 2012, quando il responsabile della comunicazione di Expo spa, Fabrizio De Pasquale, consigliere comunale PdL di Milano interviene ad un convegno sugli sviluppi urbanistici della zona di Rho. L’incontro è stato organizzato da AIL (Associazione Imprenditori Lombardi) e da Comitato Risorgimento, l’associazione che riunisce gli industriali di Mazzo, frazione rhodense che sarà interessata direttamente dalle opere di Expo. Nel corso del suo intervento, De Pasquale parla di come si svilupperanno i cantieri, di come cambierà la viabilità, di quanta «trasparenza» ci sarà nell’informazione verso i cittadini. Ovviamente non vengono neanche citate le inchieste, i milioni in gioco, i rischi.