Tre voci, pensieri ed emozioni dopo la XVII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia.
La rabbia e l’energia. Le lacrime e le risate. La folla variegata e colorata e un incredibile senso di unità. Non so perché, ma non riesco a non trovare ossimori per descrivere la giornata genovese del 17 marzo; forse, perché vedere un movimento tanto sfaccettato eppure così unito, in marcia assieme per chiedere verità e giustizia è uno spettacolo emozionante. Anche per chi è più “veterano” dell’ambiente. La bella Genova ci ha accolto col coraggio e la grinta di una città di mare, e noi abbiamo saputo rispondere adeguatamente. Restano ora da tradurre in pratica le parole che Don Ciotti ha urlato dal palco, quella lotta tenace contro la “zona grigia”, la corruzione, la mala politica che permettono ai clan di proliferare e crescere. Una cosa è certa; la sprizzante e umana energia vista in piazza a Genova è un’arma potente, la più potente che abbiamo. Le cosche la temono. Per questo, dobbiamo continuare a farla crescere e lavorare per l’unità del movimento; è ora di concludere, per dirla con le parole del giudice Falcone, “l’esperienza umana” della mafia nel nostro Paese.
Genova è il primo giorno di primavera del 2012. Nonostante il cielo nuvoloso, i colori, i volti e i cuori delle persone accorse da tutta Italia hanno risvegliato un paese intero. Non è facile catalogare o etichettare i partecipanti alla XVII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia. Di sicuro, persone che non si arrendono. A partire dai familiari delle vittime per mano mafiosa, che hanno scelto di condividere il proprio dolore per gridare al mondo che nessuno deve più permettere queste morti innocenti. “Sono una merda i mafiosi!”, ha urlato Don Ciotti dal palco. Lo slogan di Peppino Impastato è ancora oggi il più efficace, ma l’attenzione va spostata sulla “zona grigia” di imprenditori, forze dell’ordine, politici, forze sociali che danno energie e appoggio dall’esterno alle organizzazioni mafiose. E ieri, dov’era la politica? E il mondo imprenditoriale? Non saper comprendere l’importanza vitale di questa guerra tra Stato e anti-Stato è una colpa troppo grave per essere ancora scusata. Quei nomi devono risuonare ogni giorno di più, l’impegno e le responsabilità di ciascuno sono l’unica strada perché la speranza possa aumentare piano piano. Quello che serve è il coraggio della normalità, la responsabilità nelle scelte piccole e grandi, l’augurio di Antonino Caponnetto: “Ragazzi godetevi la vita, innamoratevi, siate felici ma diventate partigiani di questa nuova resistenza, la resistenza dei valori, la resistenza degli ideali. Non abbiate mai paura di pensare, di denunciare, e di agire da uomini liberi e consapevoli. State attenti, siate vigili, siate sentinelle di voi stessi!”.
Si percepisce il suo arrivo da lontano, l’aria accompagna musica, canti e risate, mentre il grigio orizzonte si colora delle tinte del mondo. Dall’alto, pare un fiume in piena. Nel mezzo, migliaia di bandiere, striscioni svolazzanti di ogni rappresentanza, persone avvolte nella vita della “propria” vittima. La gente intorno guarda stupita, parla con i vicini colpita dalla forza di quelle presenze, di quel camminare di storie lungo due ore, venuto da ogni parte d’Italia. Venuto per leggere i nomi delle oltre 800 vittime delle mafie; oltre 45 minuti, intensi e sofferti, sembra di non giungere mai alla fine. Al termine, don Luigi Ciotti ricorda i passi di chi non c’è più, che è morto per la libertà e che ha vissuto la vita gridando giustizia. Ninetta Burgio, madre della vittima di mafia Pierantonio Sandri; Roberto Morrione, direttore di Libera Informazione scomparso qualche mese fa; Placido Rizzotto, sindacalista siciliano il cui corpo è stato ritrovato poco tempo fa dopo oltre 50 anni di silenzio, e Giuseppe Letizia, tredicenne ucciso perché unico testimone dell’omicidio del primo. I presenti, molti ragazzi, ascoltano in silenzio con gli occhi persi dentro il mare mentre il presidente di Libera urla, “quei nomi li sentiamo dentro – la voce stanca, straziata si rompe – a ciascuno di noi. Sono cosa nostra”. Un lungo e doloroso intervento, tocca ogni tema di attualità, perché “la lotta alla mafia la si fa anche con le politiche sociali”, “perché la speranza si chiama opportunità”. La XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie è una fotografia: le nuvole coprono Genova e il vento freddo la flagella, ma il porto accoglie le emozioni di quelle decine di migliaia di persone che hanno scelto da che parte stare. Uno Stato che soffre e sa piangere, senza vergognarsi. E al ritorno qualcuno spiega a una bambina di 9 anni cosa sia Libera e il suo impegno contro le mafie. Andrà a scuola con la spilla ricordo della giornata, magari le sue compagne le domanderanno il suo significato e lei racconterà delle parole sentite pochi giorni prima. Ascolta, lo sguardo curioso e attento, si fa crisalide di memoria e impegno.
Una testimonianza.
In questo bel video, che felicemente pubblichiamo, la giornata in memoria delle vittime di mafia raccontata da alcuni studenti e insegnanti dell’Istituto superiore J. M. Keynes di Gazzada Schianno, scuola assai virtuosa in un paese altrettanto virtuoso del varesotto. Gazzada dista pochi chilometri da Buguggiate, centro di 3000 abitanti dove, per molti anni, risiedettero e operarono il pentito di ‘ndrangheta Antonio Zagari e la cosca omonima di affiliazione. Quando si dice gli estremi.