di Francesca Gatti – inviata a Trame.4, Lamezia Terme, Calabria
Senza diritti il lavoro è schiavitù – Premio Libero Grassi
20 giugno, h 22.00, Palazzo Nicotera
L’impegno civile questa volta incrocia la tragedia, sfiora la bellezza e sfuma nella speranza. Ad essere rappresentati sullo schermo televisivo in una docu – fiction dal titolo “I ragazzi di Pippo Fava”, ad opera dello sceneggiatore Gualtiero Pierce, sono gli eredi del giornalista. Ragazzi dai quindici ai venticinque anni – di cui faceva parte lo stesso figlio di Pippo, Claudio – che nella Sicilia ancora ferita di vittime presero le redini di una redazione e vi fondarono “I Siciliani”. L’avventura oscillava tra follia di un’esperienza e valori di una generazione stanca di piegarsi e pronta a denunciare, a fare del buon giornalismo in una terra dove le notizie non mancavano, a differenza invece delle penne disposte a scriverle. “Non bisogna dimenticare che cosa fosse la Sicilia di allora”, ricorda il giornalista Gigi Restivo, “che nel giro di tre anni perse tremila morti per mano mafiosa”.
L’idea è nata insieme ad uno dei ragazzi di Fava che ha scritto un libro: dalle sue pagine è sorto il film che “racconta la storia della mafia da un punto di vista diverso, quello di un gruppo di ventenni che ebbero la fortuna di avere come maestro Pippo Fava”, spiega lo sceneggiatore. “Per loro e non solo per loro, Fava ha rappresentato un faro, segnando il destino di tanti”, chiarisce Restivo, e il film “restituisce in maniera oggettiva e laica la loro storia”. Il racconto si snoda su tre livelli: in un primo, Fava viene rappresentato non da un attore ma solo attraverso se stesso e le sue dichiarazioni, alcune delle quali inedite; un secondo livello vede le testimonianze provenienti dai veri testimoni dell’epoca raccolte oggi; ed il livello finale è rappresentato dalla fiction.
Ma come si affrontano tematiche del genere nel mondo dello spettacolo senza incorrere in grossi pericoli, quali l’influenza del grande pubblico? Pierce sottolinea l’importanza di fiction come queste, rifacendosi anche al grande successo della nuova serie di Gomorra, che, anche maneggiando materiale incandescente, difficilmente porta all’identificazione e all’affezione nei confronti dei personaggi negativi: è una lotta tra il male e il male, e la sua è una “forza documentaria di autenticità per alcuni aspetti sorprendente”. “Chi racconta storie non si deve porre dei limiti, a condizione di sapere perché lo si sta facendo e le conseguenze a cui si potrebbe andare incontro”. Stiamo assistendo in questi anni ad una “sincera volontà editoriale di fare fiction, che siano in grado di restituirci dei modelli di vita”, dichiara Pierce, che conclude: “Queste storie affascinano e fanno battere i cuori, perché ci sono ancora cuori che vogliono battere”.