di David Gentili
Intermediari immobiliari, bar, pizzerie e ristoranti. Sono queste le attività a rischio riciclaggio, maggiormente segnalate dal Comune di Milano. Il 50% del totale. Monica Mori, Direttore della Direzione Specialistica Incassi e Riscossione e responsabile dell’ufficio di contrasto al riciclaggio, ha aggiornato l’attività dell’ufficio da lei diretto durante l’ultima seduta di commissione antimafia del Consiglio Comunale di Milano.
“Sono state formalizzate 24 comunicazioni di operazioni sospette all’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), dall’avvio del servizio (nel marzo 2014 NdR) al 31 dicembre 2020…. Sono in corso le attività di finalizzazione di altre segnalazioni pervenute in questi mesi”. Comunicazioni inoltrate ai sensi della 231/2007 la normativa antiriciclaggio recentemente riformata una volta recepita la V direttiva europea. Badate bene: operazioni sospette. Sarà la Dia e la Guardia di Finanza, oltre che la UIF stessa, a verificare la fondatezza incrociando le segnalazioni e comunicazioni tra loro. Magari anche qualche pubblico ministero farà qualche ricerca sui suoi indagati e chiederà a UIF se vi siano comunicazioni o segnalazioni a suo nome.
Il Comune di Milano è stato il primo ad applicare la norma in Italia. Rimane l’unica grande città. Il dato numerico, però, non deve trarre in inganno perché le comunicazioni inoltrate alla UIF non sono paragonabili alle segnalazioni degli altri obbligati: banche, intermediari finanziari professionisti. Una segnalazione corrisponde a una operazione. Possiamo invece sostenere che le comunicazioni del Comune di Milano sono a grappolo. Le 24 segnalazioni/comunicazioni fanno riferimento, infatti, a ben 336 operazioni sospette e “hanno comportato l’analisi di 5624 operazioni economiche riguardanti, direttamente e/o indirettamente, 1671 società di cui 234 segnalate e 3002 persone fisiche delle quali 217 segnalate.
Possiamo dire che le banche hanno piena conoscenza delle transazioni finanziarie e dei movimenti sul conto e ne possono conoscere i motivi, i comuni hanno in mano la vita delle persone: dichiarazioni Isee, licenze edilizie e commerciali, multe, dati ottenuti dal PRA, dal Catasto, contratti elettrici e di gas e comunque le utenze delle municipalizzate, dati dell’anagrafe, le informazioni fiscali sul cittadino, con l’accesso al Punto fisco e al Registro dei contratti.
Gli atti del registro sono utilissimi per comprendere l’importanza o integrare una segnalazione oppure darne un valore economico reale. L’accesso però, ha ricordato la dottoressa Mori è puntuale e online. Non si possono scaricare i dati nel proprio database. E questo rende meno agevole la consultazione. I funzionari, comunque, hanno verificato 5.624 atti del registro riguardanti direttamente o indirettamente 1.671 società e 3.002 persone fisiche.
L’accesso all’archivio dei rapporti finanziari, è stato invece concesso agli enti locali, recentemente, in sede di conversione decreto semplificazioni, divenuto legge nel settembre dell’anno scorso. La norma, poi, è stata inserita nella legge 160 della riforma della riscossione. Ancora oggi, però, l’accesso è negato. La norma è rimasta sulla carta. Tempo prezioso perso. Come tutto il prezioso tempo perso, negli anni, a tutela della privacy. Arma eccezionale, in mano a evasori e riciclatori, brandita anche da autorevoli e inconsapevoli giuristi, che danneggia, quotidianamente, il recupero di parte di quei 211 miliardi che rappresentano il “fatturato”, annuale, dell’economia sommersa e illegale italiana.
I dati però non bastano. Ci vuole anche chi sia capace a leggerli e gli inneschi per applicare i filtri. Preziosissimo in questo senso il lavoro della Polizia Locale, in particolare dell’unità investigativa, dell’unità ambiente, dei vigili di quartiere. Persone con esperienze che hanno collaborato con la Dda, profondi conoscitori dei quartieri e dei segnali che da essi giungono.
Sono 47 i responsabili in ogni direzione formati per avviare all’ufficio centrale, segnalazioni, sulla scorta degli indicatori redatti e suggeriti dalla stessa UIF, per la prima volta nel 2015 e rinnovati nel 2018. Gli indicatori non sono esaustivi: anche in considerazione del continuo mutamento delle modalità di svolgimento delle operazioni e dell’evoluzione costante dell’associazionismo criminale. Ogni soggetto obbligato può autonomamente definire propri indicatori sulla scorta della propria esperienza e sensibilità. Tant’è che quando il Comune di Milano nel 2014 decise di partire – proprio per individuare un caso zero sul quale avviare una sperimentazione – non erano stati ancora pubblicati gli indicatori per la Pubblica Amministrazione. L’UIF li pubblicherà a seguito di una serie di incontri organizzati con rappresentanti del Comune di Milano. Indicatori che accendono spie nel commercio, negli appalti, in urbanistica.
Le comunicazioni sono riservate. Non è possibile conoscerle. E’ un reato diffonderne il contenuto.
Conosco le richieste che ho fatto io. Non so se si siano poi trasformate in comunicazioni alla UIF. So che, per il momento, nessuna segnalazione del Comune di Milano è stata citata e probabilmente neanche utilizzata per le inchieste per riciclaggio da quando abbiamo iniziato ad applicare la 231. E questo non è un bel segnale. E’ passato il tempo in cui veniva dichiarata l’inutilità delle segnalazioni di operazioni sospette. L’attuale coordinatrice della direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha ricordato ancora volta nel corso della penultima seduta di commissione che sono “Fondamentali”. In alcuni casi un innesco. In altri riscontro”. Non è mancata la frecciata: “Dai commercialisti troppo poche. “C’è qualcuno che si gira dall’altra parte”.