Nonostante il silenzio dei media, continua al bunker del carcere di San Vittore il processo Infinito
“…mi hanno abbandonato, non ho piú contatti. Per loro sono morto.” É questa la risposta che Michael Panajia dá al PM Alessandra Dolci in merito ai suoi attuali rapporti con i parenti.
Martedí 23 ottobre, udienza del processo Infinito, rito ordinario. Nell’aula bunker di piazza Filangieri, di fronte al carcere di San Vittore, continuano le deposizioni dei collaboratori di giustizia. Attraverso i televisori arrivano immagini di localitá segrete, remote. Individui seduti con le spalle rivolte alla telecamera in uffici asettici, non riconoscibili. Persone che hanno voluto rimettersi in gioco, accettando consapevolmente una condanna a morte da parte della loro ex organizzazioni. Le risate, i commenti e gli sguardi che giungono dalle bianche gabbie posizionate lungo i lati dell’aula bunker di Piazza Filangieri ne sono la testimonianza.
Panajia non é uno qualsiasi. Santista. Acquisisce le precedenti doti in carcere in seguito a due arresti. La “prima” e la “seconda” a Locri. La “terza”, lo sgarro, a Reggio Calabria. La santa gli viene data in Calabria, motivo per cui puó essere fatta valere in tutto il mondo: “…anche in Canada, non come quelle date in Lombardia”.
Secondo la sua testimonianza, un’ammissione di colpa, sarebbe lui il passeggero della Kawasaki Z 1000 nera di Antonino Belnome, padrino di Seregno Giussano che il 14 luglio 2008 raggiunse Carmelo Novella in un bar di San Vittore Olona. Al bancone ordinano entrambi un “cappuccio bianco”. Si avvicinano al tavolo chiamando la vittima per nome. Poi 5 colpi di pistola sparati da due differenti revolver: un calibro 38 Special ed una 357 Magnum. Entrambi, simbolicamente, a volto scoperto. Panajia spara dopo Belnome, quando Novella é giá esanime al suolo. Un’esecuzione della pena di morte esemplare, somministrata col benestare del Crimine. Poi la fuga verso il bar di compare Mico a Cormano.
L’arresto di Belnome nel 2010 nel corso dell’operazione Infinito portó alla promozione di Panajia a capo locale di Seregno-Giussano. É l’apice di una carriera ‘ndranghetista iniziata vent’anni prima come piccolo aiutante tuttofare di grandi boss calabresi. Cosí come per il suo ex padrino, anche per Panajia la scelta di collaborare sarebbe maturata in seguito all’arresto. Come Belnome motiva il suo pentimento con la famiglia. Non vuole che i suoi figli seguano la sua strada. Non li vuole affiliati. Non ‘ndranghetisti, almeno loro.
In seguito all’ascolto dei collaboratori di giustizia, il rito ordinario del processo Infinito si avvia alla conclusione. Il PM Dolci ha iniziato la requisitoria finale, rendendo quindi ipotizzabile la lettura della sentenza di primo grado entro la fine del 2012. La narrazione dei fatti risalenti ad oramai cinque anni fa risulta tuttavia quanto mai attuale. Infatti sempre con una pistola a tamburo ed in sella ad una moto o ad un maxiscooter sono avvenuti a Milano gli ultimi omicidi ed intimidazioni. Come l’omicidio Spelta-Paiano del 10 settembre 2012, uccisi secondo le ultime versioni per un regolamento di conti nell’ambito del narcotraffico. Oppure l’omicidio Nista, fratello di un collaboratore di giustizia, freddato a Vimodrone il 10 maggio 2012. Ed ancora lo scorso 15 ottobre il tentato omicidio ai danni di Massimo Esposito in via Decorati al Valor Civile. Difficilmente questi episodi non sono collegati al mondo della criminalitá organizzata. Di sicuro emerge come l’affidabilitá del revolver, tipologia d’arma che raramente si inceppa, non lascia bossoli ed in alcuni calibri usa palle “non camiciate” sulle quali non rimane ben impressa la rigatura, e l’agilitá delle due ruote nel traffico cittadino garantita da determinate tipologie di motocicli, siano insieme il marchio d’autore della criminalitá organizzata negli ultimi cinque anni a Milano e Provincia.